9 novembre 1944: 70 anni fa la Liberazione di Forlì
Le ore precedenti alla Liberazione di Forlì furono contrassegnate da tanti tragici episodi come la distruzione della Torre Civica, del Campanile del Duomo, del Ponte di Schiavonia, del Torrione dell’acquedotto, ma anche dal salvataggio del Campanile di San Mercuriale. Ma a caratterizzarle fu anche l’angoscia dei cittadini che dai rifugi aspettavano l’evolversi degli eventi e dall’attività dei partigiani e dell’esercito alleato.
Alle ore 1.45 del 9 novembre 1944 fu fatta saltare la Torre Civica, minata dai tedeschi in ritirata, che crollò rovinosamente, distruggendo il sottostante teatro. Alle 2.20 un nuovo boato annunciò la caduta della torretta posta al di sopra del Palazzo degli Uffici Statali. Pochi minuti dopo i tedeschi fecero brillare le cariche che provocarono il crollo del Campanile del Duomo. Pur lasciando indenne la zona dell’altare centrale, la caduta provocò la distruzione della Cappella di San Valeriano e delle opere d’arte in essa contenute, lasciando integro solo l’altare. Poi alle 3 fu la volta del Ponte di Schiavonia mentre all’alba i tedeschi fecero «saltare i campanili di S. Martino di Villafranca, Villafranca e Branzolino, con rovina delle chiese e delle canoniche», come riporta fedelmente Mambelli.
Anche sul ponte di Vecchiazzano i tedeschi collocarono le cariche esplosive, ma o non le fecero brillare o non si innescarono le micce. Fatto sta che il ponte non saltò. Una decina di anni fa, durante i lavori di restauro del ponte, furono effettuate le bonifiche belliche che comportarono tempi lunghi e una maggiorazione delle spese preventivate.
Galio Rossi ha lasciato una memoria delle ore che precedettero quel fatidico 9 novembre: «La sera prima della Liberazione si riunì il Comitato (C.L.N. forlivese, n.d.r.), dopo il contatto avvenuto con gli alleati, che erano a Meldola e sapevano della ritirata dei tedeschi. Gli alleati cominciarono a bombardare la parte nord di Forlì. Si decise di comunicare ai tre distaccamenti di attivarsi alle prime luci del giorno e di riunirsi in piazza Saffi, per poi ricevere ordini più dettagliati per l’occupazione della città. Luciano Lama si recò nei distaccamenti partigiani di via Giorgio Regnoli e di piazzetta Pagano, mentre io mi avviai per raggiungere il distaccamento di viale Vittorio Veneto.
Partii con Lucia, la mia staffetta; da via Fossato Vecchio, passando attraverso le macerie, pervenimmo, dopo circa un’ora, in viale Vittorio Veneto: la strada era illuminata solo dalle esplosioni delle granate. Riuscii a raggiungere il distaccamento di Giulio Garoia; mi feci aprire comunicando la parola d’ordine e, date tutte le disposizioni, ci accingemmo a ritornare. Fu impossibile: fummo costretti a dirigerci verso la barriera Mazzini, attraversando viale Vittorio Veneto distesi a terra per non essere visti, tale era la intensità delle granate. Due picchiarono sull’asfalto a pochi metri da noi, non esplodendo ma provocando, per l’attrito, un gran numero di scintille. Ci è andata bene! Attraverso corso Mazzini e via Achille Cantoni, ci fu possibile arrivare in via Fossato Vecchio.
Quella notte i distaccamenti, andando in perlustrazione, sparavano alle spalle ai tedeschi in ritirata, per creare disturbo e sgomento fra di loro. Giulio Garoia operò nella zona passaggio a livello, via Lunga, Eridania; Sergio Flamigni e Franz (nome di battaglia di Giuseppe Mamini, n.d.r.) in quella viale Salinatore e Schiavonia.
All’alba del 9 novembre 1944, i tre distaccamenti si riunirono in piazza Saffi, mentre gli alleati erano ancora alle porte di Forlì, in prossimità di viale Roma. Il Comitato di Liberazione nazionale decise di occupare i punti nevralgici della città: il Comando dei Carabinieri in corso Mazzini, la Questura, le Poste, la Stazione Ferroviaria e il Carcere di Forlì. Quest’ultimo venne utilizzato per rinchiudervi i fascisti immediatamente arrestati. Gli alleati ancora non comparivano. Alle ore dieci circa, ci siamo decisi di andare loro incontro, in viale Roma: praticamente, li siamo andati a prendere! Io raggiunsi con un gruppo di partigiani l’inizio di viale Roma. Abbiamo spiegato agli alleati che Forlì era libera e occupata dai partigiani: i soldati dovevano solo entrare. Così avvenne: noi davanti facevamo da guida e dietro ci seguiva un gruppo armato e con zaino pesante, per l’ingombrante radio portatile, necessaria per comunicare con il Comando alleato. Abbiamo condotto il gruppo attraverso corso della Repubblica, piazza Aurelio Saffi e corso Garibaldi fino all’altezza della curva della Chiesa della SS. Trinità. Lì ci fermammo e spiegammo che al di là dal ponte, fatto saltare la notte prima, c’erano i tedeschi pronti a sparare. Dietro di noi, si erano formati altri drappelli di militari alleati, che ci seguivano a distanza, dopo aver accolto il nostro invito ad inoltrarsi nella città».
(dal libro “I giorni che sconvolsero Forlì” di Marco Viroli e Gabriele Zelli, Il Ponte Vecchio, 2014)
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