Matteo Renzi, un Italiano a Parigi

Matteo è troppo attento alla forma: la giacca sbottonata, poi riabbottonata, la camicia con la manica arrotolata, le cravatte blu e rosse, i vestiti blu, ma un po' elettrico che si vede meglio in televisione, il passo dinoccolato e la cura per fare rientrare la pancetta che svilirebbe il ragazzo toscano in piena forma... segno della riscoperta vitalità italiana. Almeno nella sua apparenza.

Il quarantenne presidente del Consiglio Matteo Renzi ha un invidiabile attivismo. Lo dico senza ironia perché invidio, nella differenza di età che ci separa…esattamente 19 anni… venti anni di vantaggio suo. Eppure ieri a Parigi il presidente ha mostrato un rischio d’insicurezza che è poi un tratto, ancora lieve, ma che potrebbe ingigantirsi di mese, in mese nello svilupparsi delle molto complicate vicende di chi ha l’ambizione di guidare la politica di un intero Paese con risvolti europei e mondiali. Matteo, molto attento al colpo fotografico e di clic di ogni tipo di media che sia immediato, è in costante autocontrollo. Lo si è visto bene quando nella confusa formazione della prima fila del corteo dei Capi di Stato ad un certo punto con l’arrivo di Abu Mazen è stato leggermente spinto ancora più esterno all’asse del presidente francese Holland e della tedesca Merkel.

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Con noncuranza allora il Matteo ha fatto come il turista a Parigi e ha cominciato a guardare in alto un po’ a destra, un po’ a sinistra, osservando quei cittadini che, una volta tanto e accade ormai pochissimo, hanno cominciato a urlare dalle finestre il loro “Braviiii”, come al teatro dell’Opera. E Matteo nel momento in cui quel furbacchione di Hollande che ha in parte, mediaticamente, recuperato le figure meschine, non si è visto stringersi nella catena che molti dei principali Capi di Stato hanno creato per alcune decine di metri. E’ chiaro, può darsi, che la mia sia una subdola rappresentazione di uno stato d’animo, un improvviso iper-criticismo verso i modi d’essere del Presidente del consiglio, ma di una cosa sono sicuro per la formazione intellettuale che ho scelto e per il mestiere che ho intrapreso come scelta di vita quando avevo circa 30 anni, il giornalista, prevalentemente di cronaca, più e meno specializzata. Matteo è troppo attento alla forma: la giacca sbottonata, poi riabbottonata, la camicia con la manica arrotolata, le cravatte blu e rosse, i vestiti blu, ma un po’ elettrico che si vede meglio in televisione, il passo dinoccolato e la cura per fare rientrare la pancetta che svilirebbe il ragazzo toscano in piena forma… segno della riscoperta vitalità italiana. Almeno nella sua apparenza. La macchina mediatica, però, è terribile e la sovraesposizione di Renzi diventerà, anzi, è già un problema. Evidentemente nella facoltà di legge di Firenze l’ammonimento di Mc Luhan sulle insidie e la inevitabilità del media come contenuto del messaggio stesso non ha fatto breccia. Per guadagnare i veri punti di consenso, nel segno dell’autorevolezza, il presidente del Consiglio dovrebbe diminuire il compiacimento di sé e nello stesso tempo dovrebbe rafforzare le realizzazioni.
Nel popolo osannante, come ricordava lo storico Piero Melograni nel suo delizioso saggio sui Potenti, c’è anche chi al primo tonfo sarà pronto a vedere tutti i segni di arroganza, di autosufficienza che prima ignorava. Lo stile dei leader ne diventa la cifra. Si dice infatti….quello che riteniamo grande nell’idea di noi stessi alla fine può perderci. E’ un problema che è toccato ad altri. Ieri. E non c’è bisogno di sforzarsi molto per ricordare come si diventa patetici se si sta troppo sulle televisioni. Diciamo così che Matteo a Parigi, al di là del dramma e della grande partecipazione al lutto dei francesi e dei cittadini di tutto il mondo, se l’è presa come quell’italiano divertito e scanzonato che cammina verso l’Arco Trionfale…verso chissà quali più grandi e temerarie avventure. Solo che dietro al suo sogno, c’è gran parte di noi. Attenzione.

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