Un giorno di ordinaria archeologia

Tra asfalto, scavatore e tubi il lavoro dell’archelogo comincia nel momento in cui in città o in campagna compare un cartello LAVORI IN CORSO e una rete arancione. Con occhio attento ed esperto, acquisito con anni di sudato studio e comprovata esperienza, sorveglia ogni bennata dello scavatore per individuare ogni piccola traccia che possa parlarci del passato. Tuttavia non è facile districarsi tra le numerose attività di cantiere e superare anzitutto diffidenze e pregiudizi di capicantiere e operai votati al lavoro da fare bene e in fretta. Quando meno te lo aspetti durante una gioranta di caldo afoso o di freddo pungente il passato riaffiora attraverso un dettaglio o un particolare apparentemente insignificante ma capace di gettare luce nuova su un lembo di terra vecchia: una monetina, un frammento di ceramica o anche un pacchetto di signarette possono fare la differenza. A questo punto l’archeologo scende in trincea per verificare se quel dettaglio appena visto è un evento isolato o la punta di un iceberg: la trowel è il suo strumento d’indagine. Tutto il resto lo fa la competenza che gli permette di portare alla luce resti di murature così come fondi di capanna, antichi canali e lacerti di mosaico che documenta, fotografa e disegna così che quando tutto verrà richiuso ne resterà memoria e le tracce del passato diventano input per percorsi futuri.

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Chiara Cesarini

Sono Chiara Cesarini, archeologa per passione. La mia storia comincia 37 anni fa nel sabbiere dell'asilo, dove alla domanda della mamma "Chiara andiamo" rispondevo sempre "aspetta". Sporcarmi di terra, andare in profondità e scoprire l'ignoto sono stati e sono ancora i miei pilastri. La risposta di allora è diventata oggi la motiviazione per i miei studi prima e del mio impegno professionale oggi: archeologa da scarponi e tailler. Ultimati gli studi universitari e passata dalle "forche" romane delle specilizzazioni post laurea in archeologia, alla ricerca d'archivio e alle sue ragnatele ho prediletto l'attività in cantiere dove tra betoniere, asfalto fumante e ruspe faccio emergere i tesori sepolti del nostro passato ed elaboro strategie per valorizzarli. Dal momento che a me piacciono le sfide, ho rifiutato l'etichetta di bruta e malpagata manovalanza nonostante l'alta formazione e con alcuni amici e colleghi che condividono le mie aspirazioni e che vivono la mia stessa frustrazione, ho deciso di abbracciare lo spirito cooperativo in ambito archeologico con il quale e nel quale dimostrare che si può far convivere il bilancio economico e l'impegno culturale. Il titolo del blog? "Se fossi Indiana Jones!?" 

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