Tra asfalto, scavatore e tubi il lavoro dell’archelogo comincia nel momento in cui in città o in campagna compare un cartello LAVORI IN CORSO e una rete arancione. Con occhio attento ed esperto, acquisito con anni di sudato studio e comprovata esperienza, sorveglia ogni bennata dello scavatore per individuare ogni piccola traccia che possa parlarci del passato. Tuttavia non è facile districarsi tra le numerose attività di cantiere e superare anzitutto diffidenze e pregiudizi di capicantiere e operai votati al lavoro da fare bene e in fretta. Quando meno te lo aspetti durante una gioranta di caldo afoso o di freddo pungente il passato riaffiora attraverso un dettaglio o un particolare apparentemente insignificante ma capace di gettare luce nuova su un lembo di terra vecchia: una monetina, un frammento di ceramica o anche un pacchetto di signarette possono fare la differenza. A questo punto l’archeologo scende in trincea per verificare se quel dettaglio appena visto è un evento isolato o la punta di un iceberg: la trowel è il suo strumento d’indagine. Tutto il resto lo fa la competenza che gli permette di portare alla luce resti di murature così come fondi di capanna, antichi canali e lacerti di mosaico che documenta, fotografa e disegna così che quando tutto verrà richiuso ne resterà memoria e le tracce del passato diventano input per percorsi futuri.
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