L’economia circolare potrebbe rilanciare il Pil del 7% e il reddito delle famiglie dell’11%. L’aumento sarebbe addirittura del 27% entro il 2050. Chi lo dice? Uno studio del Mc Kinsey Center for Business and Environment in collaborazione con la Ellen Mc Arthur Foundation. Centri studi ben inseriti nel sistema, non certo collettivi anarchici, tanto è vero che la notizia è stata ripresa da vari media, per esempio Il Sole 24 Ore e Il Fatto Quotidiano.
Ma cos’è di preciso l’economia circolare? In due parole, è un sistema in cui le risorse non vengono sprecate e al termine del loro impiego, sono riciclate. Definizione analoga la dà la Commissione europea, che assieme ad altre istituzioni (come la Banca centrale europea) sfornano da tempo ricerche in materia e organizzano convegni sul tema.
Sia pure con enormi ritardi e con mille titubanze, anche chi ha responsabilità di governo sta realizzando che il modello attuale ‘lavora-produci-consuma-getta via’, non è sostenibile. Nello studio già citato si leggono dati preoccupanti, per esempio che nel 2012 in Europa sono state impiegate in media 16 tonnellate di materiali per abitante, che per il 60% sono poi finite in discariche e inceneritori.
L’economia circolare, in parole povere, è sempre esistita. Prima dell’era consumistica, le società – in Europa come fra gli indiani d’America – producevano pochissimi scarti. Ora economisti e studiosi si illuminano quando parlano delle opportunità che questo cambiamento potrebbe portare, in termini di innovazione e produttività.
Benissimo considerarla come un progresso e non un ritorno alle origini. Ma proprio per questo, sorgono delle domande. 1) Da moltissimi anni le nostre società sono organizzate su misura del consumismo: si ha un’idea della rivoluzione necessaria per invertire la rotta? 2) I tempi della politica, con le elezioni quasi ogni anno, consentiranno di mettere in atto i programmi di transizione fra il sistema agli sgoccioli e quello futuro, oppure ogni governante punterà a lasciare il cerino in mano al successivo? 3) Il cambiamento più importante è quello culturale: chi e con quali risorse investirà nel ‘marketing’ della società circolare, fino a renderla più attraente, per i cittadini, di quella dell’usa e getta?
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