Nella parola “rete” sono racchiusi più significati, ma nella sua accezione più diffusa, quella che definisce Internet, ovvero un “insieme di calcolatori collegati tra loro per condividere periferiche e risorse di memoria e calcolo”, ci sta a pennello anche un altro significato, quello di rete in quanto inganno, tranello.
Tutti noi navigatori dell’età moderna, sappiamo bene che, in via teorica, non sempre dietro a una fotografia si nasconde la medesima faccia. E non è sempre vera la parola che ci viene detta. Quella, il più delle volte, basta copiarla.
Tuttavia, vogliamo credere. Siamo forse ancora attaccati, ai rapporti umani? quelli del contatto fisico, che se dai la parola è quella: quelli che Pino è Pino, e non Susanna. Certo, abbiamo preso tutti (chi più chi meno), le nostre fregature anche molto prima di questa ingannevole era tecnologica. Ciononostante, siamo tentati di credere in ciò che vediamo. Spesso nemmeno ci poniamo il dubbio.
Non so cos’è che rende più vere alcune cose, rispetto ad altre, fra le tante che incontriamo sul web, ma certamente se una persona o una notizia in cui ci imbattiamo, hanno “testimoni” di cui ci fidiamo, ci apriamo senza difficoltà, senza esitazioni, senza domandarci “ma sarà vero quel che vedo?”.
Ma tutti, me compresa, tendiamo a presentarci, quantomeno, al meglio. Quando immaginate una donna sconosciuta che sta al computer a scrivere su facebook, non la pensate con calzettoni grossi un dito e un pile con una bella cernierona. Guarda caso esattamente i panni che sto vestendo anch’io in questo preciso istante. Cionondimeno, le foto che pubblico di solito le scelgo fra quelle in cui son venuta meglio, magari con un bell’abito di chiffon e un tacco 7 (non di più, per la mia ernia!), che è tutto dire.
Ma c’è chi si spinge ben oltre il pile spacciato per chiffon. C’è chi si spaccia per libero ma ha moglie e figli da star bene una vita. Altri, la peggior categoria che mi viene in mente, si spacciano per qualcuno che vuole bene a un ragazzino o a una ragazzina, e invece è un pedofilo.
Per le notizie è la stessa cosa. Non nascono da sole: qualcuno le scrive. E tutto dipende dalle sue intenzioni e dalla sua credibilità. Così ti puoi trovar di fronte a una notizia vera, come ad una truffa, o una più innocua (ma non sempre) “bufala” e in men che non si dica, presi i giusti canali, si diffonderà, si riverberà alla velocità della luce… Vera? Falsa? Chi controlla? chi verifica se è reale oppure no?
E così capita che su facebook hai un amico all’Ansa e un secondo dopo che l’ha battuta ti ritrovi a postare come un reporter in prima linea, della grande perdita di Jannacci e poche ore appresso, con lo stesso tempismo, ti capita anche quella del buon Califfo.
Capita anche che hai un’amica, che (non lavorerà all’Ansa ma) è persona fidata, sempre ben informata sui fatti, garbata e piacevole, che non eccede mai e che posta una notiziona: “Afrique du Sud: Mort de Nelson Mandela” perfettamente corredato di link, articolo e foto del grande premio nobel.
Tu lo sai che Nelson Mandela era in ospedale e che i giornali han fatto un gran tam-tam negli ultimi giorni. E’ vero (ora che ci pensi) avevi anche letto da qualche parte che stava meglio, ma a 94 anni, suvvia, questo tiraemmolla, non giova a nessun dna.
Ecco l’hai condiviso: è morto Mandela!
Tu che hai interrotto fior fiore di catene di Sant’Antonio, senza battere ciglio. Proprio tu che prima di postare un’immagine di una ragazzina che si è persa e che i genitori cercano disperatamente, vai a controllare sul sito di “chi l’ha visto”. Tu che se cercano il sangue per un trapianto di fegato a un neonato in fin di vita, prima controlli nome e cognome e numeri di telefono, sui siti antibufala…magari scoprire che il ragazzo ha 20 anni e gode oramai di ottima salute e ancora qualcuno chiama i suoi genitori a casa per la storia del fegato…
Proprio tu hai riportato (in francese) “è morto Mandela!”
Qualcuno ti mette faccine dispiaciute, qualcun’altro i puntini e basta… Poi qualcuno più sveglio di te stasera, ti controposta un bel http://www.qualcosa, che ha per titolo “Mandela, sta molto meglio, uscito dall’ospedale!”, tiè!
Capisci in un istante di aver beneficiato anche tu, di un bel pesce d’aprile e di esserne anche l’ennesima cassa di risonanza, esattamente come chi ti ha preceduto e chi ahilui ti succederà: sei caduta anche tu nella rete!
La considerazione postuma (anche per finalmente concludere), è che auguro ancora “lunga vita al re”, al quale dovrei chiedere scusa, ma sono certa che al primo leader del movimento anti-apartheid, dopo tutto ciò che ha visto e vissuto, la notizia gli sarà entrata da una parte per poi uscirne dall’altra, e secondo me non ha neppure fatto gli scongiuri.
Va bene, non avrò ucciso nessuno, ma io la prossima volta controllo.
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