Lo scorso fine settimana ho avuto occasione di visitare un luogo che mi ha lasciato senza fiato: l’Hereforshire, terra di confine tra Inghilterra e Galles, ‘literally took my breath away’!
È un paesaggio vitale, ovviamente rinvigorito dalle copiose piogge, dall’aria quasi innocente; colline dolci e accoglienti e abbondanti corsi d’acqua fanno parte di un’armonia più vasta, dove anche l’uomo può trovare la propria dimensione attraverso una calma contemplativa difficile da raggiungere altrove.
Sembrerebbero parole romantiche, addirittura kitsch o, per usare un termine nostalgicamente anglofono, cheesy. Da sogno ad occhi aperti, se non fosse che di onirico non c’è nulla: l’Herforshire non è né più né meno che una moderna arcadia. Inoltre, giugno è proprio il periodo dell’anno ideale per spendere qualche giorno in una natura fiabesca, lirica e bucolica come questa.
Il motivo del mio soggiorno è stato il festival di filosofia e musica ‘Howthelightgetsin’, che, insieme al festival di letteratura, vera e propria istituzione del territorio, ha reso famosa la piccola cittadina di Hay On Wye a livello internazionale.
Lettori voraci, studiosi, ricercatori e feticisti del libro trovano qui il loro paradiso: le strette vie del centro storico pullulano di ‘second hand shop’, negozietti dal gusto retro e impreziositi dal semplice e onesto lavoro di venditori che, non solo sulla carta geografica, sono lontani 300 e più kilometri da Londra.
L’evento, promosso dall’IAI, Institute of Art and Ideas, si è svolto in tutta informalità e rilassatezza. Senza pomposità, le conferenze, in cui spesso brillavano nomi importanti come quelli del critico letterario Terry Eagleton, il Direttore dell’Institute of Philosophy Barry C Smith, il critico d’arte Julian Stallabrass e non da ultimo il politico laburista ed ex sindaco di Londra Ken Livingstone, si sono tenute all’interno di tendoni. Spaziosi padiglioni in cotone impermeabile hanno ospitato non solo conferenze ‘filosofiche’, ma anche concerti di gruppi inglesi: si è spaziato dal country al folk, confermando l’intrigante ri-fioritura attuale di questi due generi.
Mi è stato facile percepire quel clima di intimità che spinge il pubblico a superare la propria timidezza e a intervenire nei dibattiti. L’elemento che ha reso questo festival un evento culturale di alta qualità si trova, senza ombra di dubbio, nell’unione comprensiva tra l’informalità di cui si è appena parlato e l’acume logico degli interventi, appunti e critiche a cui oratori e pubblico hanno contribuito insieme.
Attributo, questo della qualità informale, per niente scontato. Anzi, una rarità che risplende tra le banalità che numerose risucchiano l’attenzione giornaliera. È difficile trovare anche solo una persona che possa negare di essere circondata da abili venditori di fumo. Nella profusione di festival, televisioni e blog che appesantiscono la nostra quotidianità, è facile lasciarsi abbindolare da esperti nel travestire ridicoli botox linguistici in eccellenze sofiste. Mi vengono in mente le parole del mio redattore Emilio Gelosi, la cui opinione è molto chiara e del tutto condivisibile: solo i mediocri hanno bisogno di ‘fare distanza’ tra se stessi e gli altri, che siano colleghi o uditori, e spesso lo fanno circondandosi di suppellettili dalla vana formalità e dal contenuto presuntuoso. Al contrario, ‘i grandi’, quelli che non vedono gli attacchi esterni come mine alla propria credibilità, non hanno alcun problema a mescolarsi tra la folla.
Così è stato il festival di Hay on Wye; una piacevole occasione per riscoprire il senso del pensiero, il suo essere dispositivo di comprensione, un’arma collettiva e non proprietà privata di avidi individui.
C’è chi potrebbe criticare al festival un’eccessiva frammentazione, ma d’altronde sarebbe irrealistico pensare che simposi di un’ora ciascuno possano esaurire la profondità degli argomenti. Come in ogni festival dove si presentano più argomenti e punti di vista, anche qui il pubblico ha sbagliato se si aspettava un’esaustiva e omnicomprensiva trattazione delle tematiche affrontate. ‘Howthelightgetsin’ è stato un valido e ispiratore punto di partenza per analisi che dovranno essere poi sviluppate e personalizzate dal pubblico. Ma di nuovo, questa è l’essenza dell’evento in sé, quindi nessun correttivo all’entusiastica reazione da parte della totalità del pubblico. È un piacere, quasi un onore, essere stimolati da un tale ambiente generatore di idee e pensieri. Sarebbe bello poter sostituire l’eccezionalità di festival come questi con la quotidianità di tutti i giorni, per condividere un sapere altrimenti sterile, per sentirsi partecipi all’interno di una comunità e condividere senza difficoltà e preoccupazioni passioni e interessi.
Images courtesy of: Urbanfragment.wordpress.com, BBC News, Howthelightgetsin
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