Il mondo dell'arte rimane il più idoneo per riunire queste identità e personalità
Celeste sentì di avere finalmente incontrato qui, nella Grande Mela, il mondo che più le piaceva e dentro al quale avrebbe voluto vivere nel modo più intenso possibile.
Qui a New York tutto era scena, invenzione, creazione in un vortice continuo di vibrazioni e di emozioni.
Colori, multietnie, multisuoni, trasgressioni, ribellioni, creazioni e innovazioni.
Tutto qui era lecito e possibile, senza limiti e convenzioni. Ogni possibilità poteva facilmente diventare realtà. La Grande Mela era un contenitore immenso di tutto, senza fondo e con un’apertura infinita e illimitata.
Tutto era nuovo e in continuo rinnovamento, un flusso incessante e trascinante di cose mai viste. Fra i tanti incontri, Celeste incrociò anche Antony and the Johnsons, il cui leader era un grande artista, singolare e originale che apparteneva al mondo colorato delle drag queen.
Antony Hegarty e il suo gruppo musicale Antony and the Johnsons attratti dal mondo newyorkese degli anni ’80, trovarono qui nel mondo di New York, un mondo consono alla loro sensibilità artistica e alla loro ricerca espressiva, incentrata sul tema dell’identità.
Antony si ispirava a personaggi come Joe Aries quando cantava “A hards day’s night“ mentre per il look si ispirava a personaggi artistici come Billie Holiday.
Si esibiva come drag queen al Pyramid Club in guèpière, testa rasata e sigarette fra le dita. Antony, insieme agli altri componenti del gruppo, i Blacklips, scrivevano scenari, canzoni, arrangiamenti e entravano in scena a tarda notte come Fiona Blue, drag queen che rappresentava un archetipo androgino, ispirato da Klaus Nomi, Leigh Bowery e Diamanta Galas.
Successivamente Antony scelse e decise di dedicarsi interamente alla musica, divenendo un raffinatissimo musicista, capace di creare valide e proficue collaborazioni con altri noti artisti di fama mondiale.
Il termine inglese drag queen veniva utilizzato per definire attori o cantanti,in prevalenza gay o transgender che si esibivano indossando abiti femminili, così come accade ancora oggi.
Al contrario le donne che recitavano in abiti maschili erano invece dette drag king.
Nella lingua inglese il termine “drag”usato singolarmente in questa accezione, significa portare abiti caratteristici del sesso opposto ed é usato come verbo o come aggettivo e sta ad indicare una non specificità di appartenenza.
Nella lingua italiana invece il termine “drag queen“è spesso abbreviato semplicemente in drag, così per esempio si usa dire di qualcuno che è una drag celebre, termine questo che non sarebbe possibile nella lingua inglese, in quanto la parola drag usata come sostantivo acquista molti altri diversi significati.
“She’ s a notorius drag“ letteralmente tradotto significa:è notoriamente una scocciatrice.
Gli abiti femminili indossati dalle drag queen esagerano spesso alcune caratteristiche per ottenere effetti comici, drammatici o satirici o amplificati.
Questo termine però non si applica alle persone transessuali che hanno effettuato il cambio del proprio genere sessuale e non si applica neppure ai travestiti che si travestono per fini diversi da quelli dell’intrattenimento e dello spettacolo.
Un altro significato del verbo “to drag“ è trascinare, infatti una diversa linea di pensiero vuole che drag queen derivi dall’espressione “regina dello strascico“ per i vestiti lunghi che le drag portavano originariamente.
Oggi è molto più frequente vedere famose drag queen al centro della scena e dello spettacolo, mentre ai tempi di Celeste era più raro e più insolito e forse anche per questo l’esserlo assumeva un significato certamente più trasgressivo.
Comunque è sempre difficile definire le infinite sfumature racchiuse nell’animo umano e in particolare in quell’artistico.
Difficile dire e capire ad esempio un’animo femminile racchiuso in un corpo maschile o viceversa.
Il mondo dell’arte rimane il più idoneo per riunire queste identità e personalità che non sempre sono facilmente definibili anche se l’animo artistico è il medesimo per tutti gli artisti.
Articolo di Rosetta Savelli
Tratto dal romanzo Celeste (Da qui a Hollywood la strada è breve)
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