«Un territorio è ricco e democratico se effettivamente viene garantita a tutti libertà di espressione e possibilità di accesso all’informazione».
FORLÌ. E’ attualmente in corso in seno alla commissione parlamentare sulla cultura la riflessione sui contributi pubblici all’editoria cooperativa, diocesana e non profit dopo la proposta del Movimento 5 Stelle di abolire definitivamente il relativo fondo. Anche il sindaco di Forlì, Davide Drei, a poche ore dalla lettera inviata dal suo collega cesenate Paolo Lucchi contenente un appello rivolto ai parlamentari a difesa della libertà d’informazione, avanza le proprie riflessioni, in sintonia con la tutela del pluralismo di fronte ad un provvedimento che potrebbe cancellare dal panorama italiano centinaia di testate radicate soprattutto in provincia.
Partendo da questo assunto, a suo avviso qual è il valore degli strumenti di informazione per un territorio locale?
«Penso che la crescita dell’editoria e dell’informazione non possa essere regolata solo da meccanismi di mercato, in capo a soggetti forti in grado di controllarla. È innanzitutto una questione di democrazia e di libertà. Possiamo esprimere la vera dimensione della democrazia, basata sul pluralismo delle idee, solo se a presidiare la libertà dell’informazione saranno soggetti diversi e, di conseguenza, differenti modelli editoriali. Modelli che possono avere vocazioni e azionisti anche profondamente diversi tra loro. Le esperienze editoriali che hanno una proprietà diffusa, penso ad esempio a quella cooperativa o a quella legata a tematiche peculiari di rilevanza sociale o culturale, capillarmente radicate nei territori, non possono affidare la loro esistenza solo a regole dettate dal mercato. E sono proprio queste esperienze ad essere fortemente a rischio rispetto a un disimpegno del governo nel promuovere la stampa libera, espressione di quella sensibilità che ha a cuore i beni comuni. Un territorio è ricco e democratico se effettivamente viene garantita a tutti libertà di espressione e possibilità di accesso all’informazione».
In che misura pensa possano contribuire alla sua crescita civile e democratica?
«Un’informazione di questo tipo da un lato, oltre al necessario dovere di cronaca, stimola e incalza chi ha responsabilità pubbliche a svolgere fino in fondo la propria missione. Dall’altro, educa i cittadini ad essere partecipi della vita sociale, economica e civile della propria comunità, e non semplici consumatori di notizie».
Anche lei ha vissuto in un periodo in cui, almeno a livello locale, esisteva un solo quotidiano. L’esperienza di altre voci, sotto varie forme, dura ormai da oltre 25 anni. Questo arricchimento come ha cambiato, a suo avviso, l’approccio dei lettori, e dei vari fruitori degli stessi, ai quotidiani? Nella sua personale esperienza come si rapporta a questi strumenti di informazione?
«Un’offerta non solo pluralista, ma anche legata a diverse culture editoriali e dei singoli professionisti, è indubbiamente garanzia di trasparenza rispetto alla vita di una comunità e al suo diritto ad essere informata. In una compresenza di voci e di punti di vista, tutti sono chiamati a confrontarsi con la necessità di conoscere e far riconoscere anche opinioni diverse, che sono l’essenza del dibattito culturale e politico. Nella mia esperienza di sindaco, questo pluralismo aiuta a comprendere meglio il sentire della propria città, in un rapporto che deve essere autonomo, indipendente, ma anche corresponsabile in una funzione fondamentale: la costruzione di una opinione pubblica che è lo specchio della crescita civile della nostra comunità».
Infine, crede che, visti i social network e la comunicazione digitale e sul web sempre più diffusa, si possa fare meno della “vecchia” carta?
«Io credo che i social network e l’informazione sul web, che si rivolgono a un pubblico in progressiva crescita, abbiano dato e diano un apporto fondamentale al complesso sistema della comunicazione, anche e soprattutto grazie alla dimensione del “qui e ora” e ad una connotazione spaziale che travalica i confini geografici nella costruzione di reti sociali e di relazioni. Tuttavia, non possiamo considerarli strumenti alternativi all’informazione cartacea, alla sua capacità di approfondimento e al suo ruolo di coesione e di costruzione del pensiero della società. L’auspicio è che il dibattito in corso, anche se fa luce su un tema dai più disatteso, raccolga tutto il valore della piccola editoria – indipendente, cooperativa e vicina ai beni pubblici – di cui una democrazia basata sulla libera informazione non può fare a meno».
Questo post è stato letto 220 volte
Commenti Facebook