Impegno sociale, “ecologia” etica e lavori di stampo internazionale: un modello di vera eccellenza
Marcella Nonni da settembre 2014 è il direttore di Ravenna Teatro: il nuovo ruolo riunisce sia impegni amministrativi che artistici, perché Marco Martinelli, regista e drammaturgo della compagnia, è impegnato in progetti europei di prestigio che lo terranno lontano a lungo da Ravenna.
Ravenna teatro ha scelto il modello cooperativo: è funzionale per chi opera nei settori dello spettacolo e della cultura?
Quando abbiamo scelto di essere una cooperativa pensavamo che fosse il modello più tutelante e più solidale. Per capirci: i nostri sono stipendi “ecologici”, nel senso che ognuno percepisce circa 1.100 euro circa netti mensili, al di là della mansione Questo lo facciamo per permetterci di lavorare anche con le nuove generazioni, cioè di avere risorse perché i giovani entrino a fare parte della cooperativa.
Siete stati definiti, da più parti, un’eccellenza culturale del territorio. Come si può sfruttare questa eccellenza?
Servono, ovviamente, risorse, che però credo vadano distribuite in base alla qualità del lavoro. Per capirci, la cooperazione culturale, nei momenti di crisi come questo, diventa la cenerentola delle attività economiche. Invece è un settore vitale, che costruisce posti di lavoro e competenze che possono essere sfruttate per costruire progetti sui territori.
Un esempio di questi progetti?
A San Felice, nelle zone colpite dal terremoto, il nostro progetto della “non scuola” è stato fondamentale per gli studenti, che partendo da ciò che mancava, cioè la loro scuola ma anche un luogo dove trovarsi, giocando al teatro hanno vissuto un momento importante di formazione. È stato un lavoro culturale che ha toccato anche l’aspetto sociale: a noi interessa incrociare questi due aspetti.
Come è formata la cooperativa?
Abbiamo un organico di circa 35 persone, di cui 14 soci lavoratori, 14 dipendenti a tempo indeterminato e, a completamento, 20 scritturati fra attori e tecnici e 6-7 persone come personale di sala. Ora applichiamo il contratto nazionale dei teatri stabili anche se, essendo un teatro stabile di innovazione, non saremmo tenuti: vogliamo però tutelare i lavoratori. Ora stiamo operando per diventare teatro di rilevante interesse culturale.
Quella culturale è quindi un esempio di “buona cooperazione”, quindi?
Credo che il lavoro che stiamo facendo noi, ma anche Accademia perduta costituisca un’eccezionalità da spendere per la cooperazione. Il modello cooperativo, che ultimamente ha registrato alcuni episodi negativi, nel campo culturale è invece un esempio da difendere. E a ben vedere non ci sono moltissimi nomi di prestigio a livello nazionale, oltre a noi e Accademia Perduta: penso ai Teatri uniti di Napoli, al Teatro dell’Elfo di Milano, alla Compagnia Sandro Lombardi e Federico Tiezzi. E da noi anche il Teatro Drago e la Cooperativa E. Siamo aziende sane, con un’etica professionale e risultati visibili in campo nazionale e internazionale su cui mantenere alta l’attenzione».
Per concludere, ci sono progetti a cui state lavorando che si sostengono su questa eccellenza?
Marco Martinelli è impegnato in varie città europee per seguire regie e progetti speciali: lo spettacolo Rumore di acque è stato tradotto in rumeno, in tedesco, francese e inglese. L’allestimento in tedesco è stato ospitato a Brema e Marco ha curato la regia. Un altro impegno di prestigio è quello che riguarda Mons, la città belga che è capitale europea della cultura 2015: Marco è uno dei tre artisti europei che è stato coinvolto e sta curando il progetto ‘Le C(h)oeyr montois de Marco Martinelli, cioè Rumore di acque, con attori belgi, un coro di cittadini e le musiche dei fratelli Mancuso.
Paolo Pingani
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