Una domanda cruda, ma semplice: e se fosse già troppo tardi per invertire la tendenza nefasta del surriscaldamento globale? Mi è emersa dal profondo a Natale, complici la lunga ed insolita siccità autunnale, le misure di emergenza sul traffico nelle grandi città italiane e forse anche qualche brindisi di troppo. Sappiamo tutti che poche settimane fa a Parigi è stato trovato un accordo per contenere il rialzo della temperatura media entro i 2 gradi. Se non bastasse? Se anche gli scienziati avessero adottato una versione ottimistica dei loro modelli previsionali? Oppure se quegli stessi modelli fossero imperfetti a tal punto da non riuscire a prevedere l’andamento della complessità climatica?
In fondo, se non posso più fidarmi dei tedeschi sui test delle emissioni di un diesel perché dovrei prendere per buone previsioni ottimistiche che hanno come fondamentale caratteristica quello di non modificare sostanzialmente nulla del nostro attuale modello di sviluppo e sovrastimare il progresso scientifico? Con il petrolio in caduta libera mi aspetto che tutte le ricerche sulle energie rinnovabili subiscano un brusco rallentamento. Inoltre, con il perdurare di una situazione economica incerta, la leva del prezzo nelle scelte di acquisto continuerà ad essere determinante, a prescindere dalle modalità e tecniche di produzione più rispettose dell’ambiente.
Forse la vera motivazione di questa domanda scomoda che affiora è un’altra. Affonda nella consapevolezza che la mia generazione si trova a fare i conti con le ricadute indesiderate dell’effetto serra molto prima del previsto. Altro che “generazioni future” come si è scritto e detto dagli anni Ottanta in poi in libri e dibattiti. Si parla di noi e dei nostri figli. Se è davvero troppo tardi lo scopriremo presto.
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