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I cappelletti e la dieta mediterranea

Interessante serata organizzata da Slow food. Gli scrittori Elisabetta Moro e Marino Nicola hanno spiegato che la dieta mediterranea è innanzitutto una cultura del stare a tavola

Parli di dieta e pensi al cibo. Ma per quella Mediterranea non è così. La dieta mediterranea è diventata patrimonio riconosciuto anche dall’Unesco perché è una vera e propria forma cultura. È soprattutto convivialità. Piacere di stare a tavola e condivisione di un pasto. Quindi non solo pane, olio, vino, verdure e pesce fresco. Quelli sono fondamentali, ma arrivano dopo.
Lo hanno spiegato Elisabetta Moro e Marino Niola, docenti universitari e scrittori, nel corso di una serata organizzata da Slow Food e Confesercenti a Monte Castello nel ristorante Da Elena. È stato presentato il loro libro “La dieta mediterranea” mito e storia di uno stile di vita.


Hanno spiegato che il cibo è piacere e il piacere è salute. Hanno poi sottolineato che a scoprire la dieta mediterranea sono stati due studiosi americani, Ancel Keys e la moglie Margaret, arrivati a Napoli nel 1951. La coppia poi si è trasferita nel Cilento dove ha sposato la filosofia della dieta mediterranea. Entrambi sono stati molto longevi. Lui è morto a cento anni. Lei a 97. Sempre senza mai rinunciare ai  piaceri della tavola. Insomma, quando c’erano le occasioni giuste si esagerava anche.
La serata è stata estremamente interessante non solo per l’affabilità dei due scrittori (personaggi interessanti) che hanno spiegato con dovizia di particolari non solo tutti i segreti della dieta mediterranea, ma hanno permesso di scoprire personaggi impagabile. Come, ad esempio, Delia Marinelli, la musa cilentana dei due scienziati. La donna che per decenni si è occupata di loro. Oppure Angelo Vassallo, sindaco pescatore  ucciso  e dalla  criminalità  organizzata.
Ma la dieta mediterranea e il piacere di stare a tavola sono stati i protagonisti della serata. E quella convivialità, più volte richiamata, la si è vissuta anche nel corso della serata in questione. Merito anche della cucina. Del resto, se il cibo non è buono, ci puoi mettere tutta la buona volontà, ma l’interesse diminuisce in fretta. Nel caso specifico, l’offerta è stata di alto livello.


Il ristorante Da Elena è da sempre un punto di riferimento per i buongustai che amano i cibi della tradizione. Non a caso da anni è nella guida Osterie d’Italia. In occasione della cena organizzata da Slow food però la cucina si è superata. Tutto è stato di alto livello. Il coniglio, ad esempio, era una delizia per il palato. Così come quelle patate fatte come una volta. Erano stupende anche perché l’aglio si sentiva (come la ricetta prevede), ma non era invasivo. E trovare il giusto equilibrio non è facile. Ma superbi sono stati i cappelletti, rigorosamente con il ripieno che è un mix di formaggi e carne. Erano deliziosi. Da apprezzare anche il lavoro della sfoglina. Non solo erano rigorosamente fatti a mano, ma rispettavano la tradizione anche per le dimensioni. Erano così piccoli che in un cucchiaio ce ne stavano sei.
Interessante anche il vino della cantina Braschi (servito durante la serata). In particolare il Famoso, un trebbiano ricavato da un vitigno recuperato e che rischiava di sparire. Le uve sono prodotte a Monte Sasso, quindi ad un’altitudine di 350 metri. È fermentato in botti di acciaio. Ha il tipico sentore di fiori bianchi molto pronunciato e erbe aromatiche. È fragrante, fresco e con spiccata acidità e mineralità.

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