Non andrebbero superati certi limiti e il fine non dovrebbe giustificare i mezzi. Ma ormai si sono rotti gli argini
Era l’inizio del 2001, Marione Guidazzi (Pri), allora vicesindaco, fu convocato nello studio di Giuseppe Bettini, allora maggiormente di Forza Italia di Cesena. A Guidazzi fu proposto di candidarsi al Senato nella lista di Forza Italia. Si sarebbe votato nella primavera inoltrata.
Il piano era ben congegnato. La candidatura dell’importante esponente dell’Edera avrebbe messo a rischio la tenuta della giunta Conti che aveva una maggioranza risicata. Nello stesso tempo si votava a Cesenatico e sembrava che Sasselli potesse battere Damiano Zoffoli. Insomma, sarebbe stato dato un colpo pesante al cuore della Romagna rossa. Invece Sasselli perse e, soprattutto, Guidazzi disse no. Al suo posto (l’ultimo giorno utile) fu candidata Laura Bianconi che da allora è sempre stata rieletta.
Eppure, dopo circa due anni (tardo inverno 2013) Guidazzi e il Pri uscirono dalla maggioranza. Lo fecero perché avevano deciso che nelle amministrative del 2014 Il Pri avrebbe corso da solo e avevano bisogno di stare per un lasso di tempo abbastanza congruo all’opposizione in vista delle amministrative. In sostanza un’operazione di marketing.
Giusto? Sbagliato? Non lo so. Ognuno è libero di pensarla come vuole. A mio avviso il tutto si può racchiudere in una frase: è la politica, bellezza.
È inutile che ci giriamo attorno: la politica è questa. Smettiamo di pensare che i politici siano i paladini della coerenza o che i valori arrivano prima di tutto.
Ma, badate bene, il ragionamento che fanno non è sbagliato del tutto. Di solito si gioca per vincere e in politica, spesso, per farlo è necessario fare dei compromessi. Le soluzioni sono poche: o hai il 51 per cento dei voti o entri a far parte di una coalizione sapendo che puoi incidere solo in parte. Però meglio poco che niente. A mio avviso è una scelta giusta. Su questo io e Davide Fabbri, ad esempio, siamo sempre stati su posizioni opposte.
Però c’è modo e modo per farlo. Il problema vero è che sempre più il fine giustifica i mezzi. Mentre dovrebbe essere il contrario. E qui torno a quello che avevo scritto poco fa: è la politica, bellezza.
Una politica che sempre più spesso è quella dei due forni, che trita tutto e tutti. Dove non ci si fa problemi a dimenticare il passato più o meno recente. L’avversario fino a quel momento vituperato diventa improvvisamente sempre più bravo se in vista c’è un accordo, ma poi torna incapace se, per un motivo o per l’altro, non si stringe l’alleanza.
Niente, però, di diverso da quello che succede nella vita di tutti i giorni dove egoismo, opportunismo, doppio o triplogiochismo, arrivismo hanno quasi sempre il sopravvento, a tutti i livelli. Quella di Nimby (non nel mio giardino) credo sia la sindrome più diffusa non solo in Italia, ma nel mondo. E allora perché meravigliarsi del comportamento dei politici.
Chiaramente c’è un limite. Assodato che di cavalieri senza macchia non ne vedo e difficilmente ne vedrò, mi accontenterei di vedere della buona volontà. Possono passare in cavalleria giravolte e tatticismi. Partendo dal presupposto che alla base non ci deve essere un interesse personale, a tutto c’è un limite: rimanere in un ambito accettabile, non andare oltre certi confini. Non si può saltabeccare da una parte o dall’altra come se nulla fosse. Cosa che invece, ahimè, succede sempre di più.
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