È al 18,8 per cento. E per il futuro i segnali non sono buonissimi. Perché i politici hanno ancora ignorato il rapporto sull'economia?
È vero, ci sono segnali positivi. Ma, a mio avviso, non sono sufficienti per essere ottimisti. Il rapporto sull’economia presentato nei giorni scorsi dalla Camera di commercio ha un retrogusto che non mi piace. O, per lo meno, non mi soddisfa.
È vero. I dati macro (parlo del territorio della provincia di Forlì-Cesena) sono positivi. Emerge una crescita diffusa e consolidata della produzione industriale nei principali comparti del settore manifatturiero e nelle imprese maggiormente strutturate e primi segnali positivi dal settore costruzioni. L’export va meglio del previsto. Segnali di lieve ripresa anche dall’artigianato. Il valore della produzione lorda totale (PLV) agricola è in aumento, così come è in incremento il settore avicolo.
Però se guardiamo tra le righe vediamo che ci sono aspetti negativi. A partire dalla crescita. È ancora troppo bassa, un Pil che aumenta fra l’uno è il due per cento non è sufficiente per far segnare quell’inversione di tendenza necessaria per aggredire quello che anche da noi sta diventando un problema molto grave: la disoccupazione giovanile. Nella provincia di Forlì-Cesena è al 18,8 per cento. Il Riminese sta ancora peggio. È al 30,6.
Questo uno dei dati più significativi che emerge dalla lettura dei dati del Rapporto sull’economia 2017 presentato dalla Camera di commercio.
C’è un però un altro elemento sul quale vale la pena soffermarsi per fare una profonda riflessione. Le figure più ricercate sono: cuochi, camerieri e professionalità dei servizi turistici; commessi; personale non qualificato nella pulizia e nei servizi alle persone, conduttori di mezzi di trasporto. Oltretutto con il 66 per cento delle entrate previste a tempo determinato. Insomma un livello diciamo medio basso, mentre è fuori di dubbio che il futuro passa dalla competitività e per quella è fondamentale la capacità di fare qualità.
Per questo ritengo si debba far tesoro delle parole di Fabrizio Moretti, presidente della Camera di commercio della Romagna. Ha detto: “Per lo sviluppo dei prossimi 10-20 anni della Romagna occorre mettere in campo un ‘Piano strategico’ sul modello di quello del Comune di Rimini. Così da migliorare, attraverso l’innovazione, la competitività delle persone, delle imprese e del territorio, puntando a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”.
Del resto è l’unica strada che abbiamo se vogliamo continuare a galleggiare. Il futuro non è roseo. Per nulla. Significativo è un articolo apparso ieri su repubblica.it (sezione economia). Barbara Ardù scrive che demografia e automazione nel giro di dieci anni cambieranno l’economia Usa. Il risultato sarà un calo del Pil. Uno studio di Karen Harris, managing director di Bain&Company, mostra uno scenario inquietante. E suggerisce a imprese e investitori di farsi una domanda: “Chi saranno i miei clienti futuri?”
E noi crediamo di stare meglio? Io credo proprio di no. E i dati lo dimostrano. Ma è altrettanto grave che nessuno ne parli. Soprattutto i politici. Ma non solo. Certo, se il problema fosse un senso unico la mobilitazione sarebbe maggiore.
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