I giovani devono crescere gradualmente. Non è solo una questione di competenze
Incredibile: Vittorio Feltri sdogana Pier Ferdinando Casini. In uno dei suoi corsivi il noto giornalista sparge veleno allo stato puro contro Di Maio. E, quasi in conclusione, scrive: meglio Pier Ferdinando Casini di un qualsiasi grillino esaltato. Se non altro la Dc era presentabile, mentre gli avventurieri alla Di Maio sono imbarazzanti.
Premetto, Vittorio Feltri a me non piace. Così come non apprezzo lo stile (non ne faccio una questione di idee) di Marco Travaglio. Ad entrambi però va riconosciuto il merito di aver ottenuto grandi risultati.
Lo stile che preferisco, nel caso interessi a qualcuno, è quello di Mattia Feltri, oppure Beppe Severgnini o Stefano Folli. Insomma: meno gridato e più ragionato.
Nel giudizio sul merito, quello di Vittorio Feltri su Giggino Di Maio, invece sono abbastanza d’accordo.
Non condivido la frase: date a Luigino un posto sicuro come fattorino nella pubblica amministrazione, ma toglietecelo dalle palle politiche. Ma condivido di più un’altra affermazione: abbiamo bisogno non di volti nuovi bensì di vecchi saggi.
Con questo non voglio dire che si debbano tarpare le ali ai giovani. Ma la crescita deve essere graduale. Va fatta esperienza. Non è solo una questione di competenze che, comunque, bisogna avere. Vorrei fare un esempio: Apofruit. È un’azienda che funziona. Perché ci sono manager bravi. Ma non sono caduti dal cielo. Prima sono stati scelti e poi inseriti gradualmente. Accompagnati.
Andando senza rete invece si rischia di andare a sbattere. Il mio è un ragionamento fatto in generale, non è rivolto a Di Maio che, magari, potrebbe essere l’eccezione che conferma la regola.
È per questo che ritengo sbagliato affidare a Di Maio la presidenza del consiglio. Poi c’è l’aspetto politico. Condivido poco del programma dei 5Stelle. Potrei essere disposto a ragionare su tutto, ma non sul reddito di cittadinanza. Sia chiaro: gli ultimi vanno difesi, sempre, senza se e senza ma. La tutela del welfare è fondamentale. L’ho sempre ritenuta fondamentale. Deve essere un architrave dei bilanci pubblici. Ma il reddito di cittadinanza va nella direzione contraria alla mia filosofia keynesiana. E, badate bene, sarei contrario anche se il bilancio dello Stato fosse in buona salute. Secondo me se ci fossero soldi da spendere andrebbero utilizzati nelle opere pubbliche che, ripeto, non fa rima con cementificazione. Pensate: a Roma servirebbe un miliardo nel prossimo decennio per mettere in sicurezza la città.
Per quanto riguarda la messa in sicurezza (idrogeologica o sismica) tantissimi sarebbero i lavori da fare in Italia. Ma anche stradale. Sotto questo aspetto, ad esempio, io credo sia stato (da parte di Renzi e Del Rio) profondamente sbagliato bloccare il progetto per la costruzione dell’autostrada Orte/Mestre, la nuova E45. Fra l’altro sarebbe stata a carico dei privati. L’arteria è strategica, ma del tutto inadeguata e, per questo, pericolosa.
Inoltre si dovrebbe prevedere un investimento importante per finanziare la voce “lavorare meno, lavorare tutti”, intervento fondamentale per attutire gli effetti della robotizzazione della nostra industria. Un problema che, a lungo andare, rischia di essere devastante per le nuove generazioni se non ci sarà un salto di qualità dal punto di vista dell’istruzione. Ma che, nel breve periodo invece, potrebbe avere effetti pesanti su chi è impiegato soprattutto in lavori manuali.
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