Ha ragione Bernacci (Confartigianato): è la priorità nazionale e territoriale. Ma serve un'attenzione (diversa) anche per chi giovane non lo è più ed è a rischio
“Nel Paese, ma anche nostro territorio esiste un’emergenza giovani: non solo occupazionale, ma formativa, scolastica e culturale per Confartigianato deve essere messa al primo posto non solo dell’agenda politica ma anche del dibattito territoriale.
Noi vogliamo lanciare un sasso nello stagno in un terreno che presidiamo da più lustri”. E’ la riflessione di Stefano Bernacci, segretario Confartigianato Federimpresa Cesena, annunciando il Confartigianato day in programma giovedì 24 maggio. Nella sala convegni della sede associativa in via Alpi si terrà l’evento annuale più significativo di Confartigianato Federimpresa Cesena. Titolo dell’appuntamento sarà “I care, mi sta a cuore! Investire sui giovani per costruire futuro”.
È fuori di dubbio che per parlare di futuro si debba partire da coloro che sicuramente lo vivranno. Sì deve dare voce ai giovani, migliorare le loro condizioni di formazione, creare opportunità di inserimento nel mondo del lavoro, costruire un welfare di comunità inclusivo anche per le loro esigenze (ad esempio il problema della casa per le giovani coppie o il tema degli asili per coloro che lavorano) deve diventare la priorità per il sistema territoriale.
Ed ha ragione Bernacci quando dice che “non è solo responsabilità della politica, della scuola e delle imprese. È un tema di comunità ed è un fattore di competitività territoriale. Avere un ambiente favorevole allo sviluppo, un contesto in cui si vive bene, con servizi di qualità aiuta a mantenere in loco le migliori competenze professionali”.
Poi sfonda una porta aperta quando dice: “investire sull’accrescimento delle competenze rappresenta uno degli investimenti i migliori per aiutare le imprese a competere meglio sui mercati dove anche con il digitale e la robotica i fattori che faranno la differenza saranno l’intelligenza, le conoscenze, la creatività e la passione delle persone”.
Per farlo però serve creare competenze qualificate lasciando poi libere le persone di scegliere o trovare la collocazione che meglio si addice al proprio progetto di vita. Bisogna migliorare l’alternanza scuola lavoro, interrogarci su qualità e quantità dell’offerta formativa, sul rapporto scuola impresa.
Nello stesso tempo dobbiamo far crescere tecnologicamente la nostra economia per consentirle di assorbire tutte le nuove professionalità che verranno create.
Però dobbiamo anche essere consapevoli che ci saranno anche morti e feriti. È fuori di dubbio che con l’industria 4.0 perderemo posti di lavoro. Le catene di Amadori, Apofruit o Orogel (solo per citare le aziende più grandi) saranno sempre tecnologicamente più avanzate e necessiteranno di un numero di addetti sempre più basso. A rischio, quindi, sarà una parte di manodopera poco qualificata e di età medio alta. Dovremo preoccuparci anche di loro.
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