Emanciparsi da condizioni di vita precarie e insicure significa potersi educare, cioè essere condotti fuori dalle tenebre dell’ignoranza, apprendere i linguaggi e le parole per avere accesso al potere fare e al sapere. Significa potersi nutrire e avere una casa, quindi poter lavorare secondo le proprie possibilità. Significa potersi curare. Significa poter aiutare il prossimo.
La cooperazione nasce dai molti che si aggregano per emanciparsi da una situazione sociale escludente, non dai pochi che vogliono investire i loro capitali. Le grandi conquiste sociali e politiche sono passate da battaglie fatte con uomini che erano riusciti a trovare la forza di unirsi.
Unire persone che decidevano di lottare assieme attraverso organizzazioni democratiche, con un sentimento pervasivo di classe che le portava a sentirsi comunità in relazione alle loro condizioni economiche, di lavoro e sociali. Riunire persone che attraverso il confronto vissuto fisicamente, prima di tutto, decidevano di organizzarsi per il riscatto sociale e l’emancipazione economica. Ancora oggi non esistono alternative a questa idea per invertire la tendenza a polarizzare la società tra super ricchi e poveri disagiati, ma con metodi da adattare alla modernità. Gli strumenti non sono mai cambiati: associazioni, cooperative, sindacati, partiti. Organizzazioni insomma che per esistere hanno bisogno del requisito della democraticità, della trasparenza e del confronto tra persone fisiche sempre rinnovato.
Per meglio dire, organizzazioni che pongono la persona al centro dei propri obiettivi e dei propri meccanismi di funzionamento. Da qui per la cooperativa, tra i soggetti economici, la vocazione straordinaria a cambiare i rapporti di forza nei mercati fino alle comunità stesse ove opera. La sola convergenza di interessi, tuttavia, per quanto forte, non può mai essere il solo collante col quale aggregare i deboli. Le conquiste cui si anela non possono essere disgiunte dalla convinzione, anzi dal sogno, che esse stesse siano un contributo al miglioramento della società intera.
L’utopia, pur essendo un “luogo altrove”, una condizione che per definizione non si realizzerà mai, finisce per essere però di per se stessa trasformante l’azione dei soggetti e delle loro organizzazioni nel qui e ora.
Emanciparsi da condizioni di vita precarie e insicure significa potersi educare, cioè essere condotti fuori dalle tenebre dell’ignoranza, apprendere i linguaggi e le parole per avere accesso al potere fare e al sapere. Significa potersi nutrire e avere una casa, quindi poter lavorare secondo le proprie possibilità. Significa potersi curare. Significa poter aiutare il prossimo. Perché questo valore sia caduto tanto in discredito è difficile a dirsi, di sicuro la cultura dell’aggregazione, della socialità organizzata, è necessariamente la chiave per ricostruire il capitale sociale (ed economico) dissipatosi negli ultimi decenni tra le medie e ultime classi della società.
Stefano Patrizi
Resp. Agroalimentare Legacoop Romagna
Articolo dalla Romagna Cooperativa 7-8/2018
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