Il timoniere della Uil regionale propone di inserirlo nella contrattazione di secondo livello
È preoccupato ed ha motivo di esserlo. Che la situazione fosse da allarme rosso Giuliano Zignani, segretario regionale della Uil, lo sapeva da tempo. Ma, forse, si aspettava acqua, ma non la tempesta testimoniata dal dato 2019 sulla cassa integrazione: 20 milioni di ore con aumento del 38 per cento. Poco importa che la provincia di Forlì-Cesena sia in controtendenza.
Nel complesso il dato attesta una difficoltà che non può essere sottovalutata. Fotografa una perdurante difficoltà dell’economia. “Le crisi aziendali – sottolinea Zignani – sono ormai materia quotidiana. Ormai c’è un elenco di chiusure da pagina di necrologi”. E aggiunge che c’è anche un problema economico che poi, inevitabilmente, si riflette sull’economia reale che deve fare i conti con una ridotta capacità di spesa da parte di una fetta sempre più consistente della popolazione. Perché, come nota Zignani: “La perdita media di retribuzione per gli operai per i quali è scattata la cig è stata di 2.244 euro annui e per gli impiegati di 2.754. In pratica è come se fossero saltate un paio di buste paga”. E tutto questo, aggiunge il timoniere della Uil, intervistato dal Corriere Romagna “senza contare la realtà sommersa di chi non ha avuto protezioni e non rientra in queste statistiche, perché la cig in deroga si è esaurita”.
Però Zignani non vuol giocare in difesa. Lui è abituato ad attaccare. Sa che l’attendismo è inutile, soprattutto nei momenti difficoltà. Parte da un presupposto: quando le cose vanno bene si deve lavorare per consolidare la crescita, quando ci sono delle difficoltà serve un rilancio. Per farlo ritiene sia necessario passare da un nuovo patto per il lavoro, decisione che “non è più procrastinabile”. Quindi confida nella celerità del presidente Bonaccini nel rendere operativa la nuova giunta. Poi, partendo dal presupposto che il nuovo patto dovrà rappresentare una svolta per il mondo del lavoro, cala l’asso: “Si potrebbe partire raddrizzando le storture di quella sciagura che è il Jobs Act, che non solo è figlia di un’assoluta sordità verso le parti sociali, ma non aiuta le imprese e non genera occupazione”.
È consapevole che si tratta di una legge nazionale. Questo non significa che non si possa far niente a livello locale, anzi. “La Regione – dice Zignani – può fare la sua parte sancendo principi e definendo regole su cui far poggiare un mercato del lavoro sano. I principi non sono parole astratte, ma la carta d’identità di un sistema di valori su cui costruire l’Emilia Romagna dei prossimi anni”. Poi l’affondo: “Perché non inserire nel nuovo Patto per il lavoro un ritorno dell’articolo 18, magari nella contrattazione di secondo livello”.
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