Aurelio Saffi: sostenitore e triumviro della Repubblica Romana del 1849

Il 9 febbraio 2020 ricorrerà il 171° anniversario della della Repubblica Romana del 1849 che si costituì a Roma, sotto lo Stato Pontificio, durante il regno di Pio IX in un periodo drammatico di lotte politiche e sociali, in uno Stato guidato da mediocri personalità incapaci dei compiti di governo, spesso avidi e corrotti. Questo portò nel novembre 1848 all’uccisione del ministro Pellegrino Rossi che fece precipitare lo Stato Pontificio in una profondissima crisi, con sommovimenti popolari, tumulti ed il tentativo da parte del popolo di imporre al Papa Re un governo moderato con un programma liberale e nazionale. Per tutta risposta Pio IX fuggì a Gaeta, mettendosi sotto la protezione del Re di Napoli e il risultato fu che all’alba del 9 febbraio la giunta provvisoria di Governo proclamò “decaduto di fatto e di diritto” il potere temporale dei papi e sancì la nascita della Repubblica Romana. Alla Repubblica aderirono i territori dell’ex Stato Pontificio: Roma e il Lazio, l’Umbria, le Marche e le Legazioni della Romagna. A capo della Repubblica venne posto un comitato esecutivo composto da tre membri: Carlo Armellini, Giuseppe Mazzini ed Aurelio Saffi. 
Al patriota forlivese Saffi nel 2019 è stato dedicato un libro in occasione del 200° anniversario della nascita. Il volume, che porta il titolo “Aurelio Saffi. L’ultimo ‘vescovo’ di Mazzini”, è stato scritto da Enrico Bertoni, direttore della Fondazione Museo Interreligioso di Bertinoro nonché  studioso di storia delle religioni, ed è stato pubblicato da Capire Edizioni di Forlì. La pubblicazione che può essere acquistata nelle librerie, porta la prefazione di Gabriele Zelli, testo che si riporta di seguito.  
“Quando si parla di Aurelio Saffi il pensiero corre immediatamente all’esperienza della Repubblica Romana e al ruolo da lui svolto a livello locale e nazionale. Ripercorrendo quei fatti è opportuno ricordare che i circoli popolari delle province dello Stato Pontificio, venuti a conoscenza della fuga del papa, si attivarono subito. Ad Ancona vi furono incontri e intese con le truppe pontificie. A Perugia il circolo invitò il parlamento romano a convocare una costituente italiana, mentre Garibaldi era intento a reclutare volontari a Cesena e a Forlì. Anche a Bologna la situazione si mosse nonostante il circolo fosse egemonizzato dai moderati. A Roma, invece, la situazione evolse lentamente. 
Fu in questo quadro che il 13 dicembre 1848, su iniziativa del giovane aristocratico forlivese Aurelio Saffi, si riunirono nella sede del Circolo popolare di Forlì, rappresentanti di associazioni e circoli delle Marche, dell’Emilia e della Romagna, per spingere verso una svolta. Aurelio Saffi aveva ventinove anni. A Roma aveva stretto amicizia con un affermato e già anziano giurista liberale, Carlo Armellini. Avevano temperamento e convinzioni diverse. Repubblicano e vicino alle idee di Mazzini il primo, sostenitore di Pio IX durante i primi anni del pontificato il secondo. Tuttavia si ritroveranno in prima linea, fianco a fianco, al vertice della Repubblica Romana.
L’incontro, meglio dire l’assemblea, dei patrioti dei circoli presenti nelle zone delle cosiddette legazioni pontificie fu un fatto assolutamente nuovo e rilevante. L’obiettivo era quello di rompere l’immobilismo romano, evitando nel contempo uno scontro intestino; cercando, quindi, di dare uno sbocco politico istituzionale al terremoto provocato dalla fuga di Pio IX. Un commentatore di quel periodo ebbe modo di scrivere: “Se l’anima profetica del Mazzini […] non avesse gittata in mezzo all’Italia la gran parola della ‘Costituente’, a quest’ora sarebbe cominciato un conflitto sanguinoso fra quelli che vogliono tutto e quelli che tutto niegano”. 
All’assemblea di Forlì parteciparono i delegati del circolo nazionale di Bologna, del circolo popolare di Ravenna, del Circolo patriottico di Faenza, del circolo popolare di Rimini e della Legione Garibaldina, e poi i rappresentanti di: Bagnacavallo, Pesaro, Ferrara, Cesena, Lugo, Russi, Fano, Senigallia, Forlimpopoli, Bertinoro, Meldola e Civitella. A fare gli onori di casa, Aurelio Saffi e l’avvocato Giovita Lazzarini, che sarebbe diventato Ministro di Grazia e Giustizia nella Repubblica Romana. Nel corso dell’acceso dibattito furono messe in minoranza le proposte di insurrezione e di manifestazioni violente. Il documento votato al termine fu un abile compromesso politico: “Colla partenza del Pontefice da Roma la monarchia costituzionale si è interrotta di fatto […] In tal caso non rimane altra via di salute se non che il popolo ricorra all’esercizio dei suoi primitivi imprescrittibili diritti […] il Consiglio de’ Deputati, la sola rappresentanza che abbia un mandato riconosciuto dal popolo, proceda intanto alla nomina immediata di un governo provvisorio, il quale debba convocare, interrogando il suffragio universale, un’assemblea costituente italiana […] In tal guisa soltanto noi avremo un principio di ordine e di autorità, in tal guisa soltanto potremo raccogliere sotto uno stesso vessillo le divergenti opinioni”. 


Il documento fu portato a Roma e diffuso attraverso manifesti e volantini. Per chi stava governando in quella fase fu sempre più difficile continuare a farlo. Quando dopo giornate concitate e difficili fu proclamata la Repubblica Romana e nominato il primo riuscì a rientrarvi, e in Romagna. Quella Romagna che tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento costituì nell’Italia appena unificata un vero e proprio caso a sé: regione agricola arretrata sia sul piano sociale, sia su quello economico, persino arcaica nella violenza dei suoi settarismi, seppe generare nella storia d’Italia le prime forme moderne di partecipazione e di aggregazione popolare, e cioè una fitta rete di società di mutuo soccorso e di cooperative. Dalla Romagna, come hanno evidenziato gli storici, si diparte in tal modo il “morbo” della cultura associazionistica popolare che i conservatori al potere guardavano con preoccupazione. Il proliferare delle associazioni mutualistiche e cooperativistiche operanti in questi anni in Romagna (e in Emilia), non ha eguali in Italia. L’alto valore sociale lo si può comprendere se si pensa all’azione politica ed educativa svolta da queste istituzioni. L’adesione significava partecipazione, maturazione della consapevolezza di sé, dei rapporti sociali e dei meccanismi economici: cooperative e associazioni divenivano grandi scuole nelle quali si apprendeva il mondo, se ne discutevano i meccanismi e le possibilità di una loro trasformazione, si progettava il futuro. 
Nel 1861 l’economia romagnola si basava fondamentalmente sull’agricoltura. L’artigianato e il commercio erano spesso determinati dalle attività che si svolgevano in campagna. A Forlì nell’a-
gricoltura erano occupate 12.000 persone, oltre ai 2.500 braccianti o giornalieri che vivevano nelle frazioni; 14.500 persone in totale. La popolazione forlivese ammontava a 37.684 persone: 15.329 abitanti in città, 22.352 in campagna. 
Il primo ottobre 1865 a Castelbolognese si riunirono le 35 società romagnole del progresso. Esse avevano come referenti politici Aurelio Saffi e il cesenate Eugenio Valzania. L’incontro servì alle società per fondersi nella “Consociazione Repubblicana Romagnola”. Questo fu praticamente l’atto di nascita del Partito Repubblicano forlivese, che subito mostrò la sua forza: il 4 marzo 1866 riuscì infatti a eleggere deputato al Parlamento Aurelio Saffi, il quale sconfisse il monarchico Cesare Albicini (1828 – 1890). Per aderire alla Consociazione Romagnola i soci dovevano prestare giuramento, nel quale, fra l’altro, si chiedeva di odiare la monarchia, di non contrarre matrimonio religioso, di non battezzare i figli, di non frequentare e di non permettere alla moglie di frequentare le chiese. 
Dopo il 1880 i repubblicani forlivesi erano i veri protagonisti della vita cittadina, registi e attori nello stesso tempo: tutti i posti chiave della vita economica e amministrativa erano occupati da loro; dal Consiglio Comunale alla Direzione della Banca Popolare di Forlì, alla Direzione delle Opere Pie e di assistenza. Una situazione che fu adeguatamente fotografata dall’allora prefetto Tito De Amicis, fratello del più noto Edmondo, il quale poté affermare: “I Repubblicani vogliono fare i loro interessi all’ombra della monarchia, prevalere colle elezioni politiche e amministrative, nelle amministrazioni comunali e delle opere pie, negli istituti popolari di credito e dovunque si possa esercitare una proficua presenza. A Forlì, soprattutto il partito ha un’organizzazione solidissima e… Il Circolo Mazzini, al quale sono affiliate le associazioni minori, il Municipio, tutte le Opere Pie, la Banca Popolare, la Fratellanza Operaia, la Società Anonima Cooperativa per la costruzione di case per gli operai sono tutte istituzioni collegate e dirette con un solo concetto, che soddisfano moltissimi bisogni […] e tengono vive molte speranze; per diventare qualche cosa; per riuscire, per ottenere, bisogna rivolgersi a loro ed essere loro devoti. Così chi non è repubblicano per convinzione lo diventa per interesse e procura […]”.
Nonostante un consenso popolare amplissimo non passava mese senza una nuova iniziativa, non passava anno senza l’istituzione di un nuovo circolo, di una nuova società con scopi mutualistici; il tutto per consolidare il potere conquistato, fare propaganda e cercare nuove adesioni. Di rilievo fu anche l’avvio di nuove testate giornalistiche. Tale impegno ebbe uno straordinario risultato nel 1889, quando Forlì ebbe il primo sindaco repubblicano: Ercole Adriano Ceccarelli. 
Molti storici si sono interrogati su come fosse possibile a questo partito raggiungere un tale grado di diffusione e potenza nella città di Forlì e in Romagna, su come poté nascere e prosperare una pressoché perfetta organizzazione partitica in grado, nell’arco di pochi anni, di conquistare le leve del comando e di influenzare la vita giornaliera. In questo contesto l’influenza di Aurelio Saffi, figura trattata efficacemente da Enrico Bertoni nel volume citato, fu senza dubbio determinante per lo sviluppo che assunse il Partito Repubblicano forlivese. Saffi, mazziniano convinto, si batté per il buon governo locale e ne fu il fautore. In quasi tutti i suoi scritti sostiene che occorre “educare il popolo”, per poterlo poi organizzare nelle associazioni democratiche che lo rappresenteranno, sia a livello locale che a livello nazionale, tanto da sostenere che: “Il dovere della parte militante, segnatamente della Scuola Mazziniana, è quindi quello di operare educando, di costruire, malgrado l’istruzione monarchica, la vita tradizionalmente repubblicana del paese […]”. Era essenziale, per la riuscita di quest’opera educativa, fornire esempi tangibili di queste proclamate virtù, ed è per questo che a ogni buon repubblicano si chiedeva una condotta di vita irreprensibile (si può effettivamente riconoscere che ben raramente i repubblicani schedati dalle forze di pubblica sicurezza avevano la fedina penale sporcata da reati comuni: le loro eventuali pendenze con la giustizia erano sempre di tipo politico, come nel caso degli stessi capi, Aurelio Saffi, Alessandro Fortis, Antonio Fratti ecc.).
Saffi si occupò dell’amministrazione cittadina, convinto com’era che il primo passo verso il buon governo nazionale partisse proprio dalla corretta attività dei comuni. Le sedute del Consiglio Comunale di Forlì registrarono la sua costante e tutt’altro che anonima presenza e le sue assenze furono sempre giustificate, come quando, nel 1880-81 ebbe l’incarico di docente all’Università di Bologna e, per correttezza, presentò le sue dimissioni da Consigliere, ritenendo incompatibili i due impegni. Il Consiglio Comunale le rifiutò, considerando indispensabile la sua seppur saltuaria presenza. Saffi fece spesso sentire la sua voce, intervenendo su questioni di buona amministrazione e di legislazione comunale. La sua spinta ebbe un enorme peso sullo sviluppo assunto dal repubblicanesimo forlivese. La personalità e l’opera di Saffi, quale “padre” del Partito Repubblicano forlivese moderno, sono ripercorse da Enrico Bertoni nel volume che contribuirà a far riscoprire un personaggio storico di primaria importanza nel panorama locale e nazionale”. 

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Marco Viroli

Marco Viroli è nato a Forlì il 19 settembre 1961. Scrittore, poeta, giornalista pubblicista, copywriter, organizzatore di eventi, laureato in Economia e Commercio, nel suo curriculum vanta una pluriennale esperienza di direzione artistica e organizzazione di mostre d’arte, reading, concerti, spettacoli, incontri con l’autore, ecc., per conto di imprese ed enti pubblici. Dal 2006 al 2008 ha curato le rassegne “Autori sotto la torre” e “Autori sotto le stelle” e, a cavallo tra il 2009 e il 2010, si è occupato di pubbliche relazioni per la Fondazione “Dino Zoli” di arte contemporanea. Tra il 2010 e il 2014 ha collaborato con “Cervia la spiaggia ama il libro” (la più antica manifestazione di presentazioni librarie in Italia) e con “Forlì nel Cuore”, promotrice degli eventi che si svolgono nel centro della città romagnola. Dal 2004 è scrittore e editor per la casa editrice «Il Ponte Vecchio» di Cesena. Autore di numerose prefazioni, dal 2010 cura la rubrica settimanale “mentelocale” sul free press settimanale «Diogene», di cui, dal 2013, è anche direttore responsabile. Nel 2013 e nel 2014, ha seguito come ufficio stampa le campagne elettorali di Gabriele Zelli e Davide Drei, divenuti poi rispettivamente sindaci di Dovadola (FC) e Forlì. Nel 2019 ha supportato come ufficio stampa la campagna elettorale di Paola Casara, candidata della lista civica “Forlì cambia” al Consiglio comunale di Forlì, centrando anche in questo caso l’obiettivo. Dal 2014 al 2019 è stato addetto stampa di alcune squadre di volley femminile romagnole (Forlì e Ravenna) che hanno militato nei campionati di A1, A2 e B. Come copywriter freelance ha collaborato con alcune importanti aziende locali e nazionali. Dal 2013 al 2016 è stato consulente di PubliOne, agenzia di comunicazione integrata, e ha collaborato con altre agenzie di comunicazione del territorio. Dal 2016 al 2017 è stato consulente di MCA Events di Milano e dal 2017 al 2020 ha collaborato con la catena Librerie.Coop come consulente Ufficio Stampa ed Eventi. Dal 2016 al 2020 è stato fondatore e vicepresidente dell’associazione culturale Direzione21 che organizza la manifestazione “Dante. Tòta la Cumégia”, volta a valorizzare Forlì come città dantesca e che culmina ogni anno con la lettura pubblica integrale della Divina Commedia. Da settembre 2019 a dicembre 2020 è stato fondatore e presidente dell’associazione culturale “Amici dei Musei San Domenico e dei monumenti e musei civici di Forlì”. Da dicembre 2020 è direttore artistico della Fabbrica delle Candele, centro polifunzionale della creatività del Settore delle Politiche Giovanili del Comune di Forlì. PRINCIPALI PUBBLICAZIONI Nel 2003 ha pubblicato la prima raccolta di versi, Se incontrassi oggi l’amore. Per «Il Ponte Vecchio» ha dato alle stampe Il mio amore è un’isola (2004), Nessun motivo per essere felice (foto di N. Conti, 2007) e "Canzoni d'amore e di funambolismo (2021). Suoi versi sono apparsi su numerose antologie, tra cui quelle dedicate ai Poeti romagnoli di oggi e… («Il Ponte Vecchio», 2005, 2007, 2009, 2011, 2013), Sguardi dall’India (Almanacco, 2005) e Senza Fiato e Senza Fiato 2 (Fara, 2008 e 2010). I suoi libri di maggior successo sono i saggi storici pubblicati con «Il Ponte Vecchio»: Caterina Sforza. Leonessa di Romagna (2008), Signore di Romagna. Le altre leonesse (2010), I Bentivoglio. Signori di Bologna (2011), La Rocca di Ravaldino in Forlì (2012). Nel 2012 è iniziato il sodalizio con Gabriele Zelli con il quale ha pubblicato: Forlì. Guida alla città (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2012), Personaggi di Forlì. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2013), Terra del Sole. Guida alla città fortezza medicea (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2014), I giorni che sconvolsero Forlì («Il Ponte Vecchio», 2014), Personaggi di Forlì II. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2015), Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna («Il Ponte Vecchio», 2016), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna volume 2 («Il Ponte Vecchio», 2017); L’Oratorio di San Sebastiano. Gioiello del Rinascimento forlivese (Tip. Valbonesi, 2017), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna, vol. 3 («Il Ponte Vecchio», 2018). Nel 2014, insieme a Sergio Spada e Mario Proli, ha pubblicato per «Il Ponte Vecchio» il volume Storia di Forlì. Dalla Preistoria all’anno Duemila. Nel 2017, con Castellari C., Novara P., Orioli M., Turchini A., ha dato alle stampe La Romagna dei castelli e delle rocche («Il Ponte Vecchio»). Nel 2018 ha pubblicato, con Marco Vallicelli e Gabriele Zelli., Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol.1 (Ass. Cult. Antica Pieve), cui ha fatto seguito, con gli stessi coautori, Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol. 2-3-4 (Ass. Cult. Antica Pieve). Nel 2019, ha pubblicato con Flavia Bugani e Gabriele Zelli Forlì e il Risorgimento. Itinerari attraverso la città, foto di Giorgio Liverani,(Edit Sapim, 2019). Sempre nel 2019 ha pubblicato a doppia firma con Gabriele Zelli Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna volume 4 («Il Ponte Vecchio») e Forlì. Guida al cuore della città (foto di F. Casadei, Diogene Books). Con Gabriele Zelli ha inoltre dato alle stampe: La grande nevicata del 2012 (2013), Sulle tracce di Dante a Forlì (2020), in collaborazione con Foto Cine Club Forlì, Itinerario dantesco nella Valle dell’Acquacheta (2021), foto di Dervis Castellucci e Tiziana Catani, e I luoghi di Paolo e Francesca nel Forlivese (2021), foto di D. Castellucci e T. Batani. È inoltre autore delle monografie industriali: Caffo. 1915-2015. Un secolo di passione (Mondadori Electa, 2016) e Bronchi. La famiglia e un secolo di passione imprenditoriale (Ponte Vecchio, 2016). 

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