Per rientrare da un debito pubblico che rischia di essere insostenibile
L’emergenza legata al coronavirus è sanitaria, ma ben presto diventerà anche economica. Quest’ultimo è un aspetto non di secondo piano che emerge con sempre maggior forza. Il termine virulenza ancora sta in panchina, ma non si sa fino a quando. E quando si tocca l’aspetto economico si parla della ripresa lavorativa. Ma ci sono anche un acronimo e un sostantivo che sono utilizzati con una frequenza sempre maggiore.
Il primo è Mes, Meccanismo europeo di stabilità. Lo si cita ad ogni piè sospinto e il suo eventuale utilizzo sta dividendo la politica italiana. Si tratta di 39 miliardi (un prestito) che per le asfittiche casse italiane potrebbero essere oro colato. Ancora però non si è capito quali saranno le condizioni.
Il sostantivo è patrimoniale, termine che nessuno vuole sentire e pronunciare. Cercherò di adeguarmi, però temo che sia un amaro calice che dovrà essere bevuto. Forse non si tratterà di una patrimoniale vera e propria, ma comunque di una manovra lacrime e sangue. Cambiano i fattori, ma il prodotto è lo stesso. La convinzione è radicata da tempo e ieri si è rafforzata (fin quasi a diventare certezza) durante la quotidiana lettura dei giornali. Tra i tanti spunti di interesse c’era un’intervista a Riccardo Illy, imprenditore e politico. Ritiene che dopo la buriana il debito pubblico italiano supererà il 150 per cento del Pil, livello che (a ragione) ritiene improponibile.
Siccome è difficile pensare che il rientro possa avvenire grazie alla crescita del Pil va da sé che servirà una manovra pesante. Quella che nessun politico vorrebbe fare, ma che in certi casi non solo è necessaria, ma fondamentale per salvare il sistema Paese. Una manovra con due voci: tagli e maggiori entrate. Il timore è che la cifra finale dovrà superare in modo significativo i 50 miliardi di euro. Molto dipenderà anche da quale aiuto arriverà dall’Europa.
L’obiettivo dovrà essere quello di portare a casa il risultato evitando di comprimere l’economia. Perché, si sa, manovre così pesanti rischiano di frenare i consumi creando ulteriori problemi alla crescita. Quindi le valutazioni saranno fondamentali. In questo quadro fra gli analisti il termine patrimoniale non è più considerata tabù. E non può essere esclusa a priori neppure una manovra simile a quella che fece Amato che nel 1992 decise il prelievo del sei per mille dai risparmi degli italiani. Certo, sarebbe l’ultima ratio, ma al momento attuale non può essere escluso nulla.
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