Avevano generato troppe aspettative. Difficile essere di lotta e di governo
CESENA. La politica non si fa mai mancare niente. Le notizie sono all’ordine del giorno. L’ultima, in ordine di tempo, arriva da Alessandra Ghisleri, regina dei sondaggisti, che afferma che gli italiani sono stanchi dei toni aggressivi. La riporta questa mattina “Il Giornale”. ma è indubbio che a tenere banco continuano ad essere i travagli dei 5Stelle. Un esito del tutto prevedibile per un partito che aveva alzato troppo l’asticella delle aspettative e che quando si è trovato ad occupare i palazzi del potere non è riuscito a rispondere alle promesse perché una cosa è fare i proclami, un’altra è governare.
La differenza è tutta qui. Governare è difficile, molto più che andare in piazza e promettere la luna nel pozzo. Guidare un ente pubblico non è mai facile. Servono tutte una serie di caratteristiche, a partire da realismo e concretezza, che, spesso, sono l’esatto contrario di quello che dici e prometti. Quindi sei costretto a fare degli aggiustamenti alle tue posizioni, che non è trasformismo, ma realismo. Insomma, se vuoi governare devi fare di necessità virtù. Lo aveva capito, ad esempio, Davide Fabbri che non ha mai accettato, quando era possibile, di entrare di maggioranza.
Un’alternativa c’è: essere di lotta e di governo, ruolo che ha cercato di interpretare Salvini. Ma, a lungo andare, non è facile fare come il leader della Lega. Non lo è per un motivo semplice: governare cercando solo il consenso, ovvero soddisfacendo le richieste popolari, significa mettere a rischio i conti dell’ente pubblico che si guida. Per un arco di tempo limitato poi fare l’equilibrista, ma poi deve decidere da che parte stare.
Essere di lotta e di governo non significa andare continuamente sulle barricate, ma cercare di dare una risposta alle esigenze della base tenendo però sempre sotto controllo i conti pubblici ed evitando invece, il più possibile, di soddisfare le richieste delle lobby (non è una brutta parola) che, spesso, portano alla concessione di contributi improduttivi. Quel debito “cattivo” citato da Draghi.
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