Con il caricamento su YouTube delle riprese della commedia dialettale di Lauro Timoncini “La piteda (La pernacchia), effettuate nel dicembre 1992 presso il Teatro “Il Piccolo” di Forlì, torna in scena, anche se virtualmente, la Cumpagnì dla Zercia. Dopo il più che soddisfacente apprezzamento che hanno registrato gli inserimenti sullo stesso canale di altre tre
rappresentazioni: “La sumara ad Tugnara”, “Una vôlta in Rumâgna” e “Chilino federèl”, ecco un’altra occasione per apprezzare le attrici e gli attori di uno dei gruppi più longevi del panorama teatrale in vernacolo.
Nel caso specifico “La piteda” è interpretata da Cinzia Battistini, Umberta Utili, Loretta Fiumana, Roberta Zampiga, Giovanni Garoia, Ezio Battistini, Loris Tassani, Franco Montanari, Sergio Tozzi, Gian Paolo Silvestroni, Albano Ruscelli, Alberto Zecchini, diretti da Claudio Tura, con le scenografie di Gino Erbacci, le luci e i suoni di Giorgio Barlotti e la presenza di Floriano Focacci nel ruolo di rammentatore.
La base della collocazione temporale della commedia è costituita dalla realtà politico sociale della campagna romagnola del primo ’900. Caratteristica di quell’epoca, oltre alla fame, alla miseria e alla disoccupazione, era la lotta politica fra la le organizzazioni dei lavoratori dei campi, mezzadri, coloni, braccianti che dopo una prima fase unitaria si divisero per il possesso delle macchine trebbiatrici; da una parte erano schierati i repubblicani, molto forti dalle nostre parti, e dall’altra i socialisti. Sullo sfondo, ad alzare la tensione, una impopolare politica coloniale del governo dell’epoca che finiva per appesantire oltre misura i già gravi problemi sociali. Nell’evolversi della storia si intrecciano eventi, con la tinta del giallo, e scontri ideologici ma ciò che si manifesta con tutta la drammatica evidenza è un vibrante desiderio di giustizia sociale.
Oltre ai contenuti dell’opera e alla capacità espressiva dei protagonisti sulla scena”, sottolinea Giorgio Barlotti, presidente della Cumpagnì dla Zercia, “si può apprezzare la parlata romagnola che gli attori usano correttamente e correntemente, così caratteristica e particolare in tantissime espressioni. In Romagna si parla un dialetto che ha antiche origini neolatine con influenze della lingua celtica ed influssi delle parlate germaniche e dei Franchi, pur differenziandosi da una località all’altra, in diversi casi anche in modo molto rilevante. Quello che distingue il nostro vernacolo rispetto ad altri dell’Italia settentrionale è un insieme di fattori storici, geografici e culturali”.
Il linguista austriaco Friedrich Schurr, che lo ha studiato con attenzione, ha sostenuto che il fatto storico che conferì al dialetto romagnolo dei caratteri distintivi, rispetto a quelli della zona padana sotto il dominio longobardo, fu il lungo isolamento politico della Romagna durante il periodo dell’Esarcato a Ravenna tra il VI e l’VIII secolo.
Il dialetto romagnolo rimase per secoli una lingua orale fino al 1840, quando Antonio Morri (1793 – 1868) pubblicò il primo vocabolario Romagnolo – Italiano, anche se esiste una prima attestazione di un’opera scritta in romagnolo verso la fine del 1500: “E Pulon matt”; un poema eroi-comico sulla falsariga dell’Orlando Furioso, scritto nel dialetto di San Vittore di Cesena, ma è un caso isolato.
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