Il paese crolla, ma il presidente turco difende le sue scelte indipendentiste
CESENA. Chissà se Giorgia Meloni e Matteo Salvini guardano con interesse alla Turchia e fanno il tifo per la politica economica di Erdogan? Che il premier turco sia un nazionalista non è una novità, ma adesso ha fatto una scelta controcorrente: ha applicato una politica monetaria che punta su una forte svalutazione della moneta (la Lira) valutazione che Erdogan ritiene che possa dare risultati positivi nel medio termine. Per il momento però ha solo fatto volare l’inflazione (20 per cento) e negli scaffali dei supermercati iniziano a mancare i prodotti. Ma la banca centrale turca, su spinta del capo del governo, ha tagliato del 15 per cento il suo tasso di riferimento.
Erdogan quindi non cede. Nell’ultima settimana la lira turca ha perso il 12 per cento, l’82 dal 2012 e l’inflazione è al 20 per cento. Quando l’inflazione è alta di solito le banche centrali aumentano i tassi di interesse con l’obiettivo di raffreddare la domanda. Le teorie di Erdogan invece vanno contro ogni considerazione macroeconomica, nella convinzione che i tassi di interesse vadano sempre mantenuti bassi per stimolare la crescita e gli investimenti.
Il presidente turco basa la sua teoria sulla convinzione che questi comportamenti abbiano stimolato gli anni cosiddetti d’oro dell’economia del paese, quelli dal 2002 al 2012, quando però c’erano stati importanti investimenti pubblici e, di conseguenza, un aumento dei consumi. Secondo gli analisti furono questi due fattori a spingere il boom economico, mentre Erdogan è di diverso aspetto. E’ certo di vincere la sua guerra di indipendenza economica perché ritiene che la concorrenza scaturita dal tasso di cambio attuale della lira turca spiani la strada a investimenti, produzione e occupazione. Per ora ha generato solo malessere, proteste e pesanti effetti sull’economia reale, quell’ambito economico che riguarda la produzione e distribuzione di beni e servizi. Quindi: effetti sulla vita quotidiana delle persone. In alcuni supermercati sono iniziati i primi razionamenti di prodotti come tè, olio e zucchero. Questo perché la svalutazione della moneta incide sui prezzi di molti prodotti basati sull’importazione, prezzi che si gonfiano senza tornare indietro, se non si interviene. Tutti gli analisti sono concordi nel ritenere che se Erdogan non farà marcia indietro la Turchia sprofonderà in una crisi economica dagli effetti devastanti. Il presidente è di opinione contraria e dà l’impressione dell’uomo solo al comando. Di sicuro è uno stress test al quale in molti guardano con interesse. E tra questi, probabilmente, ci sono anche i sovranisti italiani.
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