Cesena rischia di perdere l'ultima banca locale trattando da una posizione di debolezza
CESENA. L’addio di Giancarlo Petrini dalla direzione del Credito Cooperativo Romagnolo non è una bella notizia. Il messaggio è stato dato due giorni fa dal Corriere Romagna e rilanciato oggi dal Carlino che parla anche di una ricca liquidazione (fra tfr e buonuscita). Comunque aderente alla storia professionale.
Petrini lascerebbe l’ufficio il 31 luglio, quindi ci sarebbe solo il tempo per il passaggio di consegne. La notizia non è buona perché ha tutta l’impressione di essere la premessa per un’incorporazione. Resterà da capire se la banca confluirà nella Ravennate-Imolese-Forlivese o nella riminese Riviera Banca. Non può però essere esclusa una divisione degli sportelli che farebbe diventare Cesena il confine fra i due gruppi del mondo bancario cooperativo romagnolo.
Quello che non si capisce è perché ci siano dei cesenati che fanno il tifo per questa soluzione. Se le cose andassero così Cesena perderebbe la sua ultima banca. Prima Brc, poi Carisp e adesso Ccr. Le situazioni sono enormemente diverse: le prime due sono saltate, per Ccr si tratterebbe di una fusione. Però cambiano i fattori, ma il prodotto è sempre lo stesso: non ci sarà più una banca cittadina.
I problemi rischiano di essere diversi. Uno è legato al mondo produttivo. E’ arcinoto che Cesena ha un’imprenditoria molto frammentata e, soprattutto, sottocapitalizzata. Quindi le condizioni peggiori per battere cassa presso gli istituti di credito che più aumentano le dimensioni più possono essere portati ad applicare normative più stringenti.
Nello stesso tempo però si può obiettare che era inevitabile la fusione della Ccr con le due mega Bcc che si spartiranno il mercato romagnolo delle ex Casse rurali. E’ vero, ma se il finale dovesse essere questo e quindi accelerato ci sarebbe un’enorme differenza. Un conto è trattare non alla pari, ma da una pozione di forza. Un altro è dover andare per forza verso una direzione che qualcun altro ha disegnato. Se la strada dovesse essere questa la speranza però è che si eviti che, ancora una volta, Cesena diventi una sorta di vittima sacrificale. E’ vero che gli effetti non sarebbero nemmeno lontanamente paragonabili a quelli precedenti quando a pagare pegno furono gli azionisti. Ma non fa piacere vedere che il territorio possa diventare di nuovo terra di conquista.
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