Nadeesha Uyangoda alla Biblioteca Classense

RAVENNA. Il 22 gennaio alle 17.30 alla Biblioteca Classense sarà ospite l’autrice Nadeesha Uyangoda, in dialogo con Matteo Cavezzali, parlando di “Corpi che contano” (66thand2nd) per Scritture di Frontiera del Festival delle Culture del Comune di Ravenna.

Nadeesha Uyangoda è nata a Colombo, in Sri Lanka, nel 1993, e vive in Italia da quando aveva sei anni. Scrive in inglese e in italiano per diverse testate online e cartacee: «Al Jazeera English», «The Telegraph», «Vice Italy», «Open Democracy», «Internazionale», «la Repubblica». Ha creato il podcast Sulla Razza assieme a Nathasha Fernando e a Maria Mancuso. Il suo primo libro L’unica persona nera nella stanza, edito da 66thand2nd nel 2021, ha vinto il premio Anima per la letteratura e il premio speciale della giuria intitolato ad Anna Maria Ortese del premio Rapallo.

In questo nuovo lavoro ragiona su come percepire il proprio corpo, prenderne coscienza, mapparne le cicatrici, provando a ricordarsi di quando da bambini si pedalava in bicicletta o si nuotava in piscina, confrontando la propria esperienza limitata con quella dei grandi atleti che hanno fatto delle loro abilità fisiche una professione, e servirsi di questa nuova consapevolezza per scardinare pregiudizi di razza, genere e classe. Partendo da una simile urgenza, Nadeesha Uyangoda indaga il tema complesso del rapporto tra corpo e pratica sportiva, alternando il racconto autobiografico alla narrazione di alcuni momenti storici chiave, in cui lo sport – strumento di dominio politico e di egemonia culturale, ma anche grimaldello per abbattere muri e smontare falsi miti – ha contribuito in modo determinante a costruire le nostre identità. Esistono davvero gli sport «da femmine» e quelli «da maschi»? Quanto è radicato il razzismo nelle piste di atletica o nei campi da calcio? È vero che certi gruppi etnici hanno una naturale predisposizione alla velocità, alla resistenza, alla sopportazione del dolore? Quanto incide la condizione economica nel determinare l’accesso allo sport? E perché lo ius soli sportivo ha saputo guadagnarsi una certa dignità nel dibattito pubblico, al contrario della sua applicazione generalizzata? Il corpo dell’atleta – allenato, modificato, disciplinato, valutato e mercificato: reso un oggetto – diventa così un prezioso canovaccio su cui vengono incisi i segni della cultura e della biologia, «il confine ultimo tra individuo e società».

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