Giacinto Cerone, grande mostra al Mic

FAENZA. A vent’anni dalla sua scomparsa, dal 18 gennaio al 27 aprile 2025, il MIC di Faenza dedica all’artista Giacinto Cerone – di cui possiede diverse opere nella propria collezione – una grande mostra a cura del critico d’arte Marco Tonelli che “riscopre” l’artista e raggruppa oltre quaranta sculture di vari materiali e periodi, più una serie di oltre trenta disegni (alcuni di grande formato).

Giacinto Cerone (1957-2004) è stato uno dei più originali e liberi scultori italiani, lontano da raggruppamenti, scuole, movimenti, stili o mode del momento. L’irruenza del suo linguaggio si misura a partire dai differenti materiali impiegati sia nella produzione scultorea (legno, ceramica, plastica, metallo, marmo, gesso, pietra) che in quella disegnativa, per lo più indipendente dalla realizzazione delle opere plastiche, oltre che nell’uso di tecniche legate alla velocità e alla gestualità.

Faenza è stata per Cerone una meta preferenziale fin dal 1993, quando cioè presso la bottega Gatti ha realizzato una serie di ceramiche smaltate utilizzando tecniche di lavoro forse poco ortodosse ma di forte espressività e sperimentando un grande varietà di colori e forme.

La mostra privilegia il modo stesso di operare di Cerone: per serie tematiche (come nelle rosse Malerbe, i Fiumi vietnamiti, i Gessi) o per singole opere dal carattere emblematico e per certi versi iconico e funerario (come Cenacolo e Ofelide). È in questa tensione che si gioca, nella diversità dei materiali, la struttura curatoriale della mostra “L’Angelo necessario”, quella sorta di “figura approssimativa”, “intravista, o vista un istante” descritta dal poeta statunitense Wallace Stevens e spesso delineata in modo inafferrabile nelle imperfette e liminali figure della statuaria interrotta di Cerone.

La mostra realizzata col coordinamento scientifico dell’Archivio Cerone e il sostegno di collezionisti privati vuole delineare la figura di uno scultore a tutto tondo e di una scultura totale (capace di distendersi orizzontalmente o addossarsi alle pareti), senza resti, di un artista attento anche al modo di installare le proprie esposizioni come fossero esse stesse opere in sé.

L’allestimento della mostra “L’Angelo necessario”, intende così riflettere il procedere di Cerone come fosse un gesto unico, senza soluzione di continuità tra materia e forma, vita e morte, pur nella diversità dei materiali e delle “sale” tematiche ricreate sfruttando la configurazione stessa dello spazio espositivo.

“Giacinto Cerone ha affrontato nella sua intera opera temi contrastanti – dichiara Marco Tonelli –  e profondi della nostra cultura: la vita e la morte, la ferita e la bellezza, l’abbandono e la reazione, simboleggiati da figure rotte, ricomposte, totemiche e funerarie, elegiache e impulsive, rigide e vitali. Potremmo leggere la sua produzione come un sismografo di inquietudini private e ansie collettive, spesso rimosse per quieto vivere o soffocate da apparati normativi. Il suo è stato un atto totale che, come scriveva Carmelo Bene riferendosi ai geni creativi, era anche “giocare altrove”, soprattutto per chi voglia ancora oggi comprenderlo e condividerne le sollecitazioni esistenziali”.

Gruppi di disegni raccolti lungo il percorso, gigantografie dell’artista al lavoro con legno, ceramica, gesso e un video che raccoglie materiali documentari su di lui e interviste inedite, oltre a numerose opere mai esposte, completano un ambiente di richiami, contrasti, interruzioni e saldature che rendono l’idea del procedere stesso dell’artista, anarchico e istintivo, arcaico e sperimentale, lucido e razionale pur nella sua sintesi plastica emozionale, inconscia e carica di poesia, come quella da lui letta (tra cui Friedrich Hölderlin, Sandro Penna e Dino Campana).

In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo edito da Corraini, con testi di Claudia Casali (direttrice del MIC), Marco Tonelli (curatore della mostra) e apparati di Elena Cavallo (moglie dell’artista e responsabile dell’Archivio Cerone).

BIO Giacinto Cerone

Nasce a Melfi (PZ) nel 1957. Nel 1979 termina gli studi presso l’Accademia di Belle Arti, Roma. Nel 1983 Giuseppe Appella lo porta a Castronuovo S. Andrea (PZ) per la sua prima personale. Gli anni ’80 sono caratterizzati da una ricerca continua sui materiali per la scultura con opere in legno e in gesso. Il legno, come materiale da rinnegare nella sua naturalezza, viene avvolto nel cemento, il gesso è il materiale originario per una scultura pura. Negli stessi anni, la curiosità verso il metallo lo porta a realizzare lavori in alluminio e in ghisa. 1987: realizza le prime due opere di ceramica in una piccola fornace di Vicolo del Moro, Roma. Agli inizi degli anni ’90, il desiderio di rivivere i luoghi di Arturo Martini e Lucio Fontana, lo porta ad Albisola, presso le Ceramiche San Giorgio. Mauro Zammataro e Corrado Bosi (Graffiti Now Atelier, Verona) con la collaborazione di Roberto Monti rendono possibile la realizzazione del primo gruppo di sculture in ceramica. 1993: parte per Faenza. Maurizio Corraini gli commissiona una produzione di sculture in ceramica, mettendolo in contatto con Davide Servadei. Da questo momento le opere in ceramica verranno eseguite sempre presso la Bottega Gatti. Dello stesso anno è la prima personale romana (Galleria Bonomo, Roma). 1994: nasce una prima serie di opere in moplen e gesso ispirate a “Ofelia”, tema ricorrente nella poetica dell’artista e che ritroveremo anche nelle prime litografie prodotte presso la Bottega Bulla, Roma, 1998. Realizza, per Valentina Bonomo, “Le rose” (esemplari unici), primi gioielli in ceramica. 1996: inizia ad usare i merletti sulla ceramica, sulla plastica e sulle opere in gesso. Le sculture sono “popolate” da icone provenienti da stampi di oggetti (giocattoli, verza, acanto, carciofo, in una evocazione del ready-made duchampiano), nonché dalle citazioni di versi dei poeti a lui più cari (Hölderlin, Penna, Rilke, ecc.) di cui tutta la sua scultura si è nutrita negli anni. Si definisce l’idea della scultura orizzontale: Omaggio a Pino Pascali, lastra in gesso compressa in una stanza; San Savino e le lastre in ceramica per Paginette faentine; «il grande carciofo dormiente», vero monumento all’orizzontalità, opera in gesso realizzata per Tor Bella in Opera, Roma 1999. Nello stesso periodo nascono quelle che lui chiamava «urne cinerarie» in ceramica per David Gill Gallery, Londra 2000. Espone i Calici Piangenti (Palazzo delle Esposizioni, Faenza 2001). In questa occasione conosce Emilio Mazzoli per il quale realizza le prime ed uniche opere in marmo. Sant’Agnese (Autori Cambi, Roma, 2002) e Donne per la storia, (Gasparelli Arte Contemporanea, Fano, 2002), sono l’occasione per sublimare la sua visione del Barocco e del “mito nella storia”. Febbraio 2004: Alberto Zanmatti lo invita a realizzare un intervento scultoreo presso la Facoltà di Architettura Valle Giulia, Roma. Una Sposa Infelice a Valle Giulia è l’ultima sua opera. Muore a Roma nel 2004. (Elena Cavallo Cerone).

Info: 0546697311, info@micfaenza.orgwww.micfaenza.org

Orari di apertura: dal martedì al venerdì ore 10-14, sabato e domenica ore 10-18, chiuso i lunedì non festivi.

Inaugurazione 18 gennaio ore 11:00.

Dalle ore 12:00 ingresso gratuito alla mostra per tutta la giornata del 18 gennaio.

Ogni domenica, alle ore 11:00, visita guidata inclusa nel prezzo del biglietto. Prenotazione obbligatoria.

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