12 Aprile 2025
FORLÌ CIMITERO MONUMENTALE FOTO DERVIS BR 004

Il triumviro della Repubblica Romana morì a San Varano il 10 aprile 1890

Domenica 6 aprile 2025 lo storico Enrico Bertoni, nonché autore del libro “Aurelio Saffi. L’ultimo ‘vescovo’ di Mazzini”, ha ricordato il triumviro della Repubblica Romana in occasione delle visite guidate al Cimitero Monumentale di Forlì organizzate dall’Associazione Mazziniana Italiana – Sezione “Giordano Bruno”, dall’Associazione Culturale “Fratelli Spazzoli”, dal Comitato Pro Forlì Storico-Artistica e dall’Associazione di Cultura Romagnola “E’ Racoz”. 
Le visite guidate condotte da Alvaro Lucchi e Gabriele Zelli, che hanno riscosso molto successo, saranno ripetute sabato 12 aprile 2025, con appuntamento e partenza alle ore 10.00 davanti allo storico camposanto di via Ravegnana. 
Enrico Bertoni ha iniziato il suo intervento citando uno scritto di Aurelio Saffi intitolato “Storia di Roma”, in particolare quando scrive: “I destini delle genti europee stanno rinchiusi nella formula delle democrazie nazionali federate a un intento di libertà e di incivilimento comune. […] Le diverse associazioni nazionali, create dalla natura e dalle domestiche tradizioni, consce dei loro speciali uffici, dei loro diritti e doveri; tendono irresistibilmente a costituirsi con libera e propria personalità; ma sentono di non potere fare senza una naturale alleanza di sforzi concordi e di naturali garanzie. 
Le classi inferiori, deste dal lungo sonno della servitù, domandano anch’esse la loro parte di vita morale e materiale al fraterno convito; ma il problema della loro emancipazione economica e della loro redenzione morale non potrà mai risolversi dentro i chiusi confini di ciascuna nazione, tra le cento barriere politiche e doganali indispensabili al dispotismo di qualche casa di Principi e di banchieri, ladroni d’Europa. Pure esso problema [cioè il problema dell’emancipazione economica delle classi più povere] riuscirebbe a vasti e fecondi risultati di più estesa produzione e consumazione, di sicuro lavoro, di più bassi prezzi e di più elevati salari, di risparmi, di moralità, di concordia, quando l’alleanza dei popoli convertisse, con le aperte comunicazioni commerciali da terra a terra d’Europa, questo campo di lotte e ci concorrenze divoratrici in un immenso e libero mercato dei prodotti più spontanei di ciascuna. E a questo simultaneo svolgimento della questione delle nazionalità mediante la democrazia, e della questione sociale mediante la federazione delle nazionalità, inchinano per forza di cose, come a condizione indispensabile di pace e di prosperità, gli interessi e gli istinti più generali de’ popoli europei”.
“Per ricordare la figura di Aurelio Saffi ho pensato che fosse appropriato partire da questo suo scritto”, ha continuato Enrico Bertoni, “dove il patriota ripercorre le vicende politiche dalla vigilia del 1848 alla conquista di Roma da parte delle truppe francesi inviate da Napoleone III per stroncare la Repubblica Romana. Ritengo che questo lungo assunto possa rispecchiare la personalità e il pensiero di Saffi, aiutandoci a riguardare alle vicende del nostro Risorgimento con occhi diversi. A volte, a causa di una storiografia e di una divulgazione non sempre generose, il processo di unificazione nazionale è stato visto come un fenomeno periferico rispetto alle vicende politiche europee dell’Ottocento. Se, invece, cerchiamo di vedere quel periodo con uno sguardo più ampio, ci si rende conto che l’esperienza della Repubblica Romana è stata un esperimento d’avanguardia per l’Europa di quell’epoca”. 
Nel dicembre del 1848, Aurelio Saffi e Giovita Lazzarini danno vita ad un’esperienza di democrazia diretta unica in Europa: convocano comizi popolari a suffragio universale maschile per decidere il nuovo assetto istituzionale di uno degli Stati più antichi del mondo, quello della Chiesa, attraverso un’Assemblea Costituente che fosse espressione della sovranità popolare. “Dovremo noi, per la fuga di Pio IX porre in disparte quanto dobbiamo come cittadini alla Patria, come uomini all’umanità?”; già in questa affermazione del 13 dicembre del 1848 Forlì e a seguire Roma e l’Italia si trovano sulla ribalta della politica internazionale, dando vita alla prima Repubblica democratica nata sulla base della legalità e della sovranità popolare. 
“Da quell’esperienza nasce la Costituzione della Repubblica Romana”, ha ricordato Bertoni, “che all’art. 1 afferma che la sovranità appartiene per diritto eterno al popolo, all’art. 3 afferma che la Repubblica colle leggi e colle istituzioni promuove il miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini, all’art. 4 afferma che la Repubblica guarda a tutti i popoli come fratelli.
Il popolo, dunque, guardato da Saffi e dal gruppo dirigente della Repubblica Romana come termine dal quale e verso il quale si riceve e si esercita l’attività di governo. Un popolo concepito nella sua totalità come insieme di persone che non sono disponibili a rinunciare alla soddisfazione morale, e un popolo non inteso come massa indistinta sul quale sperimentare nuove forme politiche. Un rapporto con il popolo fondato sul rispetto, accettando il rischio che la sua maggioranza possa non essere d’accordo con le tue idee e con i tuoi ideali; Saffi vivrà questo aspetto della sua attività politica rientrando in Romagna dopo il lungo esilio inglese”.
“Un esilio non facile, attraversato da critiche da parte dei liberali che si stanno avvicinando alle posizioni del Piemonte di Camillo Benso conte di Cavour”, sono sempre parole di Bertoni, “ma segnato anche dall’apprezzamento da parte dell’opinione pubblica britannica che guarda con attenzione alla questione italiana e per la quale sarà pronta a svolgere una parte significativa contribuendo al processo di unificazione. Quindi, quanto accadeva nella Penisola non era solo una questione riguardante le cancellerie delle grandi potenze, ma andava a coinvolgere ampi strati dell’opinione pubblica europea. E anche dopo l’unificazione Saffi, nella Villa di San Varano, non perde di vista l’orizzonte internazionale ed europeo: ancora negli anni Ottanta dell’Ottocento è invitato all’Università di Edimburgo, lui che aveva iniziato la sua carriera di docente universitario ad Oxford e all’epoca era docente di Diritto all’Università di Bologna”. Durante una lectio magistralis ad Edimburgo, Saffi afferma: “È triste pensare che le relazioni esterne delle contrade, anche delle più civili e colte d’Europa, siano rimaste ancora e in considerevole misura in balia del caso e dell’arbitrarietà. La condizione inorganica e informe di una parte d’Europa, per forzati smembramenti o per forzate unioni di popoli contro la legge delle loro affinità naturali e storiche, il disordine economico derivante dalle enormi spese improduttive degli eserciti stanziali, disturbano l’armonia dell’insieme; e la presente tendenza degli elementi più ignoranti della società, o dei più dominati da pregiudizi incivili, a decidere con la violenza le questioni che dovrebbero essere risolte con la ragione e con la mutua tolleranza, fa ostinato contrasto alle inclinazioni dei popoli e ai voti dei savi per la giustizia e la pace”.
“Infine Aurelio Saffi è stato Maestro per almeno due generazioni di patrioti”, ha concluso Enrico Bertoni, “e nel Cimitero Monumentale di Forlì sono presenti le tombe di uomini che hanno attraversato la vita di Saffi e dal quale sono rimasti indelebilmente segnati, giustamente le loro sono le urne dei forti, che ci chiedono di essere alla loro altezza, di tornare ad egregie cose e proferire quella professione di fede che dice: Non credo nella morte. Credo nella vita”.

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