
Visitare una fiera sull’agroalimentare di carattere internazionale a Tokyo è un’esperienza che tutti dovrebbero poter provare. Al netto delle fatiche del viaggio, delle iniziative programmate a sostegno delle cooperative presenti in quella fiera e delle relazioni con le istituzioni italiane che su quel paese operano, la fiera Foodex offre uno spaccato planetario di gamme di prodotti, marchi, modalità di presentazione che è difficilmente immaginabile dal nostro osservatorio nazionale.

La prima impressione è che qualunque riferimento all’Italia abbia una “virtù” implicita su qualunque prodotto, che sia dell’olio di colza di nome “Capri” o della pasta turca con marchio “Palermo o Verde”.
Però quando arrivi davanti al cioccolato in modalità “trufle” belga ed il marchio è “fiorella la trufa” nella versione al latte e “la truffa” fondente, non può che scattare un sorriso.
La seconda impressione è che, soprattutto nel padiglione più propriamente assegnato all’Asia, l’aspetto quantitativo del cibo prevalga su quello qualitativo, con preparazioni industriali molto pesanti, con modifiche del prodotto tese a produrre componenti da fast food più che pietanze da vivere secondo le tradizioni. Passeggiando tra le corsie ti accorgi anche che di come i sistemi paese si raccontano in quei luoghi.

Per esempio la presenza USA non prevede le singole imprese, ma i sistemi associativi di settore, dedicati alla produzione o esclusivamente all’esportazione, oppure a intere aree territorialmente omogenee, Nord-est, costa ovest.
Modalità che troviamo anche in alcuni esempi tra le corsie europee, ma solo perché finanziati con fondi della promozione dell’Unione, altrimenti prevale il produttore singolo, con il proprio spazio ed i propri prodotti in assaggio e degustazione. Già!
Le degustazioni, un altro capitolo interessante, del quale ho però cancellato tutti i file dopo aver assaggiato l’olio di avocado…
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