C’è un futuro per il giornalismo di qualità? Il presente è drammatico, il futuro è fosco, ma una svolta è ancora possibile. Perché non manca la richiesta d’informazione, mancano i lettori disposti a pagare per il prodotto che in questa fase forniscono i media. Il quadro, impietoso ma stuzzicante, è stato tracciato da Pier Luca Santoro al convegno “Tutela del pluralismo e futuro dell’informazione” promosso a Forlì da Legacoop Romagna e Mediacoop. Il nodo è quello della debolezza dell’editoria italiana, alle prese con un crollo verticale dei lettori e un affievolimento delle entrate pubblicitarie. I dati squadernati da Santoro, esperto di marketing e curatore del sito DataMedia Hub, dimostrano che la crisi precede però l’avvento del web, solitamente identificato come il grande avversario dell’informazione su carta. Secondo Santoro, l’immobilismo del sistema editoriale e della stessa professione giornalistica sono le cause prime della perdita di ‘appeal’ dell’informazione a pagamento. Ma la “fame” di notizie resta – anche sul web, svincolata dalle testate classiche e riposizionata invece attraverso gli aggregatori – e quindi quel che occorre è restituire innanzitutto un valore aggiunto alla professione giornalistica. Non più semplici portatori di notizie (che ormai hanno l’immediatezza delle rete) ma operatori capaci di elaborare contenuti provenienti da fonti diverse per fornire al lettore analisi, scenari, approfondimenti. Ben oltre la liturgia del copia e incolla. Ma per arrivare a questo risultato occorre anche un assetto diverso della rete distributiva e delle stesse aziende, in grado di sostenersi economicamente e progettare il futuro smettendola di vivere alla giornata con l’unica ossessione dei tagli. Un percorso difficile ma obbligato. E che dovrebbe coinvolgere non solo gli addetti ai lavori, ma tutti i cittadini interessati a difendere il pluralismo e la qualità dell’informazione.
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