Se poi un amministratore conosce la materia è meglio. Ma le competenze vanno messe a disposizione delle scelte politiche e non viceversa
Premetto: il mio amministratore pubblico preferito è Fabio Molari, sindaco di Montiano. Non perché abbiamo valori molto simili, ma per la sua filosofia. È una persona che si è messa a disposizione del suo territorio, che cerca di farlo nel modo migliore possibile e nell’esclusivo interesse della città. Ma, soprattutto, con tantissima onestà intellettuale, aspetto che io ritengo fondamentale non solo in politica, ma anche nelle scelte quotidiane della vita. Mi rendo conto che è una visione molto, troppo naif e che forse può andare bene per un comune piccolo come Montiano.
Questa sorta di incipit lo ritengo necessario perché, secondo me, è un bene fare chiarezza su quelli che sono i propri pensieri di fondo quando si tratta un tema più o meno delicato. Oggi voglio parlare del ruolo dell’amministratore pubblico. Sia esso sindaco, assessore o ministro.
Spesso ci si interroga se deve essere un tecnico o un politico. La mia convinzione attuale non è la stessa che avevo in un passato più o meno recente. Non è però che ci sono arrivato perché fulminato sulla via di Damasco, ma per una serie di ragionamenti.
Sono fortemente convinto che l’amministratore pubblico debba essere un politico. Se poi è anche un tecnico, quindi un profondo conoscitore della materia, è anche meglio. Prendiamo Carlo Battistini, assessore al Bilancio del Comune di Cesena. A prescindere dal fatto che non sono sempre del tutto concorde con la sua visione del bilancio (troppo conservativo, più adatto per il privato che non per il pubblico), lo ritengo un grandissimo tecnico. Ma è bravo (a prescindere dalle singole scelte) perché mette a disposizione le sue conoscenze della materia alle scelte politiche.
Ecco, tutto ruota attorno a questo aspetto. Chi amministra la cosa pubblica deve innanzitutto fare delle scelte politiche. Ci sono cose che non sono né di destra né di sinistra, diceva Denis Ugolini. È vero. Ma siccome un ente pubblico non può fare tutto quello che è necessario a quel punto servono delle scelte politiche per indicare le priorità. E quelle le può fare solo il politico. Di tecnici ce ne sono già comunque parecchi nella struttura. Il problema è non arrivare al punto che siano gli uffici a imporre le scelte. Loro devono, o dovrebbero, solo predisporre un ventaglio di ipotesi.
Dico questo anche perché, ma è solo un caso, esempi del genere se ne potrebbero fare tanti, ho letto che i 5Stelle per la vicenda Alitalia si sono affidati a due tecnici, grandi esperti del settore. Non va bene. O, perlomeno, non andrebbe bene se gli avessero affidato un mandato completo. Secondo me il partito deve indicare un perimetro dentro il quale i tecnici devono muoversi. È la politica che deve scegliere quale dovrebbe essere il futuro, nel caso specifico della compagnia aerea.
Un esempio viene dal nuovo assessore allo Sviluppo economico del Comune di Cesena. In conferenza stampa fu chiesto se fosse un tecnico o un politico. Bene fece il sindaco a precisare che era un politico. Poco importa se non ha tessere in tasca. Anche se il suo assessore si muove da tecnico, alla fine dovrà fare delle scelte che non potranno essere determinante solo dai numeri o da valutazioni tecniche. Ma dovranno essere la sintesi fra quelle e i programmi politici della giunta della quale è entrato a far parte e che, nel proprio dna, ha anche dei valori precisi.
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