Dovrebbe essere empatico, decisionista e accentratore ma non troppo. Ma tutto passa dall'onestà intellettuale
Il carattere è un aspetto fondamentale di una persona. A mio avviso, viene subito dopo l’onestà intellettuale. Ritengo che quest’ultima debba essere il tratto distintivo di una persona. Se c’è quella tutto il resto si può accettare. I difetti si smussano da soli. Anche perché una persona intellettualmente onesta è consapevole dei propri limiti e fa di tutto per cercare di correggerli.
Sì, perché, nessuno di noi è perfetto. Per fortuna, mi verrebbe da dire. Tutti ne siamo consapevoli, però, spesso, commettiamo un grave errore: non cerchiamo di correggere i difetti, o, comunque, non lo facciamo in modo sufficiente. È una forma di egoismo determinata dall’opportunismo o dalla sopravvalutazione di se stesso.
Naturalmente il carattere è un aspetto fondamentale anche per un amministratore pubblico. Quindi nell’identikit del mio sindaco ideale, oggi vorrei soffermarmi proprio sul carattere. Premetto, non potrei essere io. Non perché abbia intenzione di buttarmi in politica. Assolutamente no. Ma credo che debba essere un chiarimento necessario.
Innanzitutto un sindaco dovrebbe essere empatico. In questo il campione mondiale era Giordano Conti. L’empatia è molto meno importante per un parlamentare o un governante a livello nazionale o regionale. È invece fondamentale per un amministratore locale, in particolare per un sindaco. Rispetto alle altre tipologie di politici/amministratori ha un contatto diretto e quotidiano con le persone. Un’azienda non metterebbe mai un dipendente poco empatico a gestire un front office. E, pur con le dovute differenze, un amministratore locale è nella stessa situazione.
Un buon sindaco a mio avviso dovrebbe delegare, ma non troppo. Questo è un tema piuttosto delicato e nel quale la linea di confine è molto labile. Va da sé che, per prima cosa, deve scegliersi collaboratori bravi che però devono anche essere fidati. Ci possiamo raccontare tutto quello che vogliamo, ma nessuno, nella propria squadra, metterebbe una persona della quale innanzitutto non si fida (per conoscenza diretta o indiretta). Però, arrivati a quel punto, le capacità devono venire prima della fedeltà. E anche qui non è facile. Ma tutto può essere perdonato se la scelta è fatta in buona fede.
Il capo (nel caso specifico il sindaco) deve poi avere la capacità di delegare, ma non troppo. Non deve essere oppressivo, ma non può certamente lasciare briglia sciolta. Del resto, alla fine è lui che deve prendere le decisioni, ma non si può certo permettere di avere di fronte dei dossier che in qualche modo non ha indirizzato. Difficile? Sì, lo so.
C’è poi il decisionismo. Quella che io chiamo cattiveria agonistica e che a me è sempre mancata mentre, invece, in certi momenti sarebbe stata importante. Un sindaco deve decidere. Questo è fuori di dubbio. Prima deve fare di tutto per raggiungere una sintesi, ma poi deve prendere una decisione. Sapendo che farà degli scontenti. Un sindaco che resta sempre in mezzo al guado a mio avviso non fa un buon servizio alla città.
Però, e qui viene il difficile, deve cercare di saper unire il decisionismo (la cattiveria agonistica) all’empatia. Non è facile. Lo so. Anzi, mi rendo conto che è quasi impossibile. Alla fine gli scontenti ci saranno sempre. È per quello che tutto ruota attorno soprattutto all’onestà intellettuale.
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