La testimonianza del 1928 di don Lucio Vignoli e la festa di Sant'Antonio di martedì 13 giugno 2017.
In una testimonianza scritta, don Lucio Vignoli, indimenticato parroco dei Cappuccinini di Forlì per trentasei anni, dal 1969 fino all’anno della sua morte avvenuta nel 2005, racconta di un pellegrinaggio che si svolse nel 1928 al Santuario di Montepaolo di Dovadola, il più importante dell’Emilia-Romagna dedicato a Sant’Antonio di Padova. Il testo prende le mosse dai ricordi della fanciullezza di don Vignoli, quando «Montepaolo era, nelle nostre zone, una meta popolarmente affascinante, evidenzia don Lucio, perché santificata alla presenza, anche se breve, del grande taumaturgo che ha lasciato un’impronta indelebile della sua santità nell’animo del nostro popolo, tramandandone la devozione di generazione in generazione».
A distanza di circa 90 anni da quando salì per la prima volta a Montepaolo, lo scritto di don Vignoli assume una valenza storica di rilievo perché ci fa capire come sono cambiati i tempi e le situazioni, soprattutto oggi che presso il Santuario di Sant’Antonio non è più presente la comunità francescana dei Frati minori che avevano in custodia il luogo sacro. Qui da alcuni mesi opera il “Comitato Montepaolo per Sant’Antonio” che si è dato come obiettivo il mantenimento dell’apertura della chiesa e della grotta e l’accoglienza dei pellegrini che affluiscono ancora numerosi nel luogo in cui Sant’Antonio visse per una quindicina di mesi, fra il 1221 e il settembre 1222, quando a Forlì manifestò straordinarie doti di umanità, di sapienza e di cultura, nonché eccezionali capacità di predicatore.
San Francesco d’Assisi e sant’Antonio di Padova in un affresco di Simone Martini
A Montepaolo, scrive don Lucio: «Molti vi accorrevano dai nostri paesi, specialmente, secondo una tradizione romagnola, nelle domeniche settembrine, percorrendo, per lo più a piedi, strade e sentieri, spesso anche scoscesi. Dal mio paese, Meldola, ogni anno le operaie delle diverse filande partivano al sabato sera, a piedi, viaggiando di notte. Passavano da Vitignano o Rocca delle Caminate per giungere alla vallata del fiume Rabbi; poi risalivano a Marsignano o San Cristoforo per scendere a Castrocaro o Pieve Salutare, e affrontavano gli ultimi sentieri in salita, che portavano al Santuario, giungendovi alle quattro o alle cinque del mattino. Lungo il cammino recitavano a tratti, il Santo Rosario. Qualche volta si permettevano, per la stanchezza, una breve sosta per appisolarsi presso qualche fienile di case coloniche. Rientravano a casa la domenica sera per essere pronte, al lavoro, al lunedì mattina. Il mio parroco organizzava ogni anno il pellegrinaggio per i ragazzi, il mio primo pellegrinaggio fu nel settembre del 1928, avevo poco più di otto anni. Si partiva in pulman al mattino; giunti a Dovadola cominciava la marcia “a piedi”, perché la strada carreggiata non esisteva. Si saliva per i sentieri “a frotte” con la bisaccia dei viveri sulle spalle. In testa marciavano i più agili poi, via via, tutti gli altri, pregando, cantando, scherzando. Al Santuario, di relativamente recente costruzione e ancora senza campanile (la chiesa fu ricostruita nella posizione attuale e consacrata nel 1913, mentre il campanile fu eretto nel 1932, ndr), ci attendeva Padre Teofilo assieme agli altri confratelli. Veniva celebrata una Santa Messa solenne, seguita dalla Benedizione Eucaristica. Si riceveva la Santa Comunione. Una volta un mio amico non resistette al digiuno Eucaristico e svenne in Chiesa durante la funzione. Seguiva poi la visita alla grotta. Dopo i sacri riti si faceva un’escursione sulle colline adiacenti; pranzo “al sacco” all’aperto. Ricordo un particolare: una volta una ragazza di famiglia indigente era sprovvista di viveri. Si improvvisò una raccolta generosa e spontanea tra i ragazzi, per cui poté nutrirsi più abbondantemente di tutti gli altri».
Don Lucio termina così il ricordo di quel lontano pellegrinaggio: «Era interessante fare acquisti di souvenir nel negozietto attiguo alla Chiesa per portarli poi ai parenti e agli amici. Molte persone portavano sempre con sé in tasca mini-statuette di Sant’ Antonio in piccole custodie di metallo. Verso sera si tornava a piedi a Dovadola, dove il pullman ci attendeva. Durante il ritorno si progettava già tra ragazzi per il pellegrinaggio dell’anno successivo. L’animo era ricolmo di gioia».
Veniamo ora ai giorni nostri. A Montepaolo di Dovadola, martedì 13 giugno (anniversario della morte di Sant’Antonio, avvenuta a Padova nel 1231) grazie alla collaborazione fra la comunità della Provincia Italiana di Sant’Antonio di Padova dei Frati Minori e l’Associazione Gruppo di Preghiera di Montepaolo, il Santuario verrà tenuto aperto dalle 7.30 alle 19.00. Durante la giornata sarà possibile partecipare al pellegrinaggio a piedi che partirà alle ore 8.00 da Castrocaro Terme e arriverà a Montepaolo alle ore 10.00, in tempo per assistere alle benedizioni del pane e dei gigli, mentre alle ore 11.00 sarà celebrata la Santa Messa.
Nel pomeriggio sono in programma: alle ore 15.00 la processione lungo il Cammino della Speranza che partendo di fianco al Santuario conduce alla grotta e alle ore 16.00 la benedizione degli ammalati, dei bambini e dei pellegrini. La Messa delle ore 17.30 concluderà la giornata che vedrà anche l’apertura del negozietto dei ricordi e la presenza di uno stand gastronomico per la preparazione di piadina nell’orario di pranzo.
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