Enti locali e riforme, intervento dei Liberaldemocratici
Enti locali e Regione Romagna sono i due temi trattati dai Liberaldemocratici nel loro intervento.
Il terremoto recente ad Ischia ha innescato la solita ridda di commenti disparati sui social, tra questi l’orrore nel rilevare la presenza di ben 6 comuni sull’isola, su un totale di soli 60 mila abitanti. Che dire allora se ci spostiamo più a Nord, nella Romagna solatia, dove 5 dei comuni dell’Unione della Valle Savio totalizzano meno di un terzo degli ischitani? Non va meglio nelle altre parti, però gli “altri” è sempre merce buona per le discussioni al Bar Sport.
L’Unione Valle Savio, come le altre presenti nel territorio romagnolo e non solo, sono nate con l’obiettivo ultimo di favorire la fusione dei comuni, ma rimane proprio un obiettivo ultimo, che eventualmente toccherà ad una futura classe politica locale, quella del cerino acceso in mano. Intanto si creano le unioni, attirate dallo specchietto dei contributi regionali, quasi fossero i soldi a dover decretare i cambi territoriali. Va da sé che la città capoluogo, nel caso Cesena, col suo 80% e oltre di peso anagrafico, beneficerà in prima istanza dei contributi, li utilizzerà per riorganizzare al meglio i servizi di cui già dispone e che metterà sotto l’egida dell’Unione, la quale sarà composta in massima parte da personale proveniente dalla stessa città capoluogo: ben 60 sono i dipendenti di Cesena distaccati presso l’Unione, che forniscono in minima parte servizi agli altri comuni, per il restante il servizio è rivolto all’utenza cesenate. In questo modo il comune di Cesena può dichiarare pari risorse in meno, i suoi indici di virtuosità si innalzano, per apparire tra i migliori comuni italiani per rapporto tra dipendenti e cittadini. Apparire, appunto.
Cesena, città capoluogo, ha di fatto quindi un ruolo dominante, l’Unione diventa una mera estensione dei propri servizi, messi a disposizione anche dei comuni minori.
Va da sé che su queste basi è difficile ipotizzare percorsi di futura fusione dei comuni più piccoli, i quali si sentono esclusi nella gestione del territorio, maturando un repulsione istintiva verso ogni forma di abbraccio istituzionale maggiore, anche se allettati da ulteriori contributi. Eh già, sempre il soldo mercificatore pronto ad agevolare il passo.
Ora ci sarebbe da chiedersi perché continuare su questa strada di sperperi pubblici e di tempi gettati al vento, quando i piccoli comuni sono nei fatti già oggi in difficoltà nell’erogare quei servizi sempre maggiori affidati, ma anche nella normale redazione delle nuove regole di bilancio. Occorrerebbe modificare il gioco istituzionale, pagare una tantum lo studio di fattibilità delle fusioni, saltare la farsa delle unioni, quindi monitorare l’azione dei comuni nell’espletamento dei loro compiti istituzionali. Chi non riesce a farvi fronte ha l’obbligo di indicarlo, come già ora accade, al Prefetto, che assieme alla regione dovrà individuare celermente la soluzione di messa in sicurezza di quel territorio, senza necessità di referendum tra i cittadini, troppo abituati al Bar Sport. Le eventuali obiezioni di mancata prassi democratica risulterebbero superflue, perché ai cittadini non si toglierebbe nulla della loro storia, dei loro toponimi, gli si garantiscono migliori servizi, assieme al presidio territoriale dell’ente. In fin dei conti cos’è oggi una unione dei comuni, se non servizi centralizzati erogati da altri, col presidio locale di una figura che chiamiamo “sindaco”.
Ecco, nel gioco più grande che abbraccia l’intera Romagna si giunge alla domanda se ha senso fare un referendum sulla costituzione della sua regione. Presa quale argomento da Bar Sport ha un gran senso, vista dal lato istituzionale di dover dare governo al territorio è un passo avventato, che nulla porta in aiuto alla riduzione delle divisioni campanilistiche che pervadono la Romagna, dal 1200 ad oggi immutate. La provincia unica, novella panacea ritornata in circolo, è l’analoga dell’unione dei comuni più in grande, una grande bugia istituzionale per non modificare la vera gestione del territorio e prendere tempo. Ci penserà chi verrà dopo, magari col cerino acceso in mano.
Nel frattempo al Bar Sport le discussioni aumentano, la rissosità pure, nessuno, come da prassi, vuol cedere all’altro.
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