L'industria 4.0 può provocare molti problemi al nostro sistema economico poco informatizzato. Molti lavori sono a rischio. Gli interventi non sono più rinviabili
Non arrivano buone notizie per i cesenati e i romagnoli. L’industria 4.0 può assestare un colpo molto pesante alla nostra economia.
Ben 375 milioni di posti di lavoro sono destinati a sparire entro il 2030 a causa dei processi di automazione. E’ quanto emerge da una ricerca del McKinsey Global Institute pubblicata dalla Cnn. I lavori più a rischio sono quelli che includono sforzi fisici, come l’azionare macchinari – i robot lo fanno già in molte industrie – o i dipendenti dei fast food. Ma nel mirino ci sono anche dipendenti di basso livello di studi legali, contabili e persone che lavorano nei cosiddetti processi (logistici) di back-office.
Emerge anche che per sopravvivere questo tipo di lavoratori dovrà reinventarsi migliorando le loro capacità professionali, a livelli non sostituibili da un software o un robot. Tra i lavori – non di eccellenza – ma più sicuri nel lungo periodo quelli di giardiniere, idraulico, baby sitter o badanti.
Le notizie non sono buone in generale, ma non lo sono soprattutto per noi che siamo un territorio che ha un’economia con un basso livello di high tech. Lo dimostrano anche altri dati: ci sono poche Pmi innovative rispetto al resto del paese (0,06 area Romagna, 0,22 Emilia Romagna, 0,13 Italia), assenti gli incubatori certificati, minore propensione a registrare marchi e una minor diffusione di attività professionali nel sistema economico.
Inoltre, come se non bastasse, abbiamo un alto grado di partecipazione scolastica dei giovani (superiore a quella della media regionale), stesso discorso per la presenza di giovani laureati. Di contro, la partecipazione all’istruzione universitaria scientifica e tecnica è inferiore, così come è bassa la quota di occupati in attività economica.
Nello stesso tempo da parte degli imprenditori c’è una generale insoddisfazione verso il sistema di istruzione superiore, universitaria e post universitaria. Inoltre gli imprenditori rilevano una significativa scarsità di ingegneri e data scientist. Denunciata, inoltre, l’assenza di un anello di congiunzione tra mondo universitario e del lavoro, con percorsi di studio adeguati che possano creare un contatto tra le due realtà.
Anche alla luce di quello che potrà succedere con l’industria 4.0 è chiaro che non c’è più tempo da perdere. In ballo c’è il futuro del territorio. Quindi servono idee. Se non ci proviamo subito poi non ci resterà altro da fare che abbaiare alla luna.
Come sarebbe bello se fosse uno dei temi centrali della prossima campagna elettorale. Chiedo troppo?
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