Quest’anno il festival di poesia e teatro ‘Il Porto dei Poeti’ (25 maggio-15 giugno 2013) rende omaggio a Roberto Roversi; il 26 maggio ai Musei San Domenico di Forlì si terrà una lettura della sua ‘Italia sepolta sotto la neve’.
Il poeta bolognese fu anche autore di molti testi per Lucio Dalla, Francesco De Gregori e per il gruppo bolognese degli Stadio. Scrisse per la musica con lo stesso impetuoso impegno che mise nella poesia e lo fece sperimentando in nuovi territori il tratto essenziale poetico, che è quello dell’anticipazione; quelli di Roversi sono versi che potrebbero essere stati scritti ora, attuali e dallo spettacolare impatto visivo.
Per gli Stadio, in particolare scrisse ‘Maledettamericatiamo’, dove amore e odio per la terra d’oltreoceano duettano alternandosi in versi ora d’ammirazione, ora espressione di un agghiacciante realismo documentaristico.
Roversi ha descritto la realtà contraddittoria di una terra, che promuove la felicità individuale, ma non abolisce del tutto la pena di morte, favorisce la meritocrazia, ma anche il commercio delle armi da fuoco, decanta virtù libertarie, ma poi concede facile accesso al servizio sanitario solo a una ristretta elite.
Nella consapevolezza che qualunque analogia è fuori luogo, se non nell’ammissione di una sostanziale diversità dei due paesi, vorrei approfittare di questa canzone per mettere a confronto alcuni aspetti di America e Italia assieme a Walter Valeri, drammaturgo, poeta, scrittore, professore nonché fondatore della manifestazione ‘Il Porto dei Poeti’.
ED: Walter, tu sei nato Forlì ma vivi dal 1995 a Boston, dove insegni al Boston Conservatory. In quanto esperto conoscitore della doppia-faccia americana, ti andrebbe di interpretare alcuni versi di ‘Maledettaamericatiamo’?
‘’Sei un aquilone alzato
dallo sbadiglio del vento
ma la tua rabbia la sento
corre sulle autostrade”
WV: È una quartina molto bella, dove il secondo e il terzo verso contengono un ossimoro, una figura retorica tipica della poesia di Roversi. Ci sono due azioni e sentimenti contrastanti quali ‘lo sbadiglio’ e ‘la rabbia’. Incompatibili, apparentemente, ma che rimano, si baciano allegramente, grazie alle parole ‘vento’ e ‘sento’. Esprimono forza, libertà, meglio dire: ansia di libertà e limiti invalicabili, a volte intollerabili, com’è per l’aquilone. Montale ne aveva già parlato nella ‘Bufera e altro’, senza esaurire l’argomento. Per tornare alla tua domanda: molto è stato detto sull’America. Della sua terribile violenza, individualismo e incredibile generosità. Aspetti che la contraddistinguono; sin dai tempi dell’ ‘America Amara’ di Corrado Alvaro o ‘La sposa americana’ di Mario Soldati. Lo Stesso Tonino Guerra ha ambientato un romanzo a New York, parlando dell’alienazione e senso di sradicamento che la pervade. Giustamente ognuno ne ha dato un’interpretazione sua, soggettiva. Per quanto mi riguarda l’America è un mistero. Un esperimento straordinario, in via di perenne trasformazione e accelerazione. L’America è una stella variabile, tanto per citare Vittorio Sereni. Oppure: ‘L’America non esiste’ come ebbe modo di dire Henry Ford a Gorkji. Vale a dire: quella che esiste ora non esisterà più tra poco. Oggi è la volta dell’ I-phone.
ED: Vivi a Boston, trovi qualcosa di simile alla realtà forlivese? O, come si immaginerebbe, sono più le differenze?
WV: A parte le tagliatelle, la piadina, il Sangiovese e il nostro disarmonico campanile, molte cose sono simili. Voglio dire che si possono passare troppe ore sui libri o al computer sia al di qua che al di là dell’Atlantico. A Boston l’ambiente culturale è decisamente più vivace e sensibile. Ci sono più di quaranta Università, fra cui le due più prestigiose del mondo: la Harvard University e MIT, dove ho insegnato e ancora insegno. Ma anche a Forlì ci sono dei programmi universitari unici nel loro genere. E questo non va sottovalutato. Quello che le differenzia forse, anzi certamente, è un’attitudine di fondo, la paura del cambiamento. Forlì, secondo me, non ha ancora trovato il passo che si addice alle sue gambe.
ED: Cosa animerà questa edizione del Porto dei Poeti?
WV: Oltre all’omaggio a Roversi di cui abbiamo detto, prevediamo recite di Stefano Simoncelli, che ha appena vinto un premio importante, e Gianni Mascia, che reciterà un adattamento in sardo di un testo di Jacopone da Todi all’Università di Urbino, nella sezione ‘Poesia Come Incontro’. Poi saremo tutti ad Imola per ‘La giornata poetica collettiva, all’interno della IV edizione del festival teatrale “DDT –Diversi Dirompenti Teatri”. Quindi il 7,8,9 giugno a Cesenatico, in Casa Moretti e al Museo della Marineria con Rosita Copioli, Mario Santagostini e tanti altri poeti e poetesse per la kermesse ‘Primavera Corsara’. Fra i tanti fatti salienti di questa edizione vorrei sottolineare la nascita di una nostra piccola casa editrice romagnola/americana con la pubblicazione di un volumetto che avrà per titolo ‘Il sogno del poeta’, con preziosi interventi di Alfonso Gatto, Franco Fortini e Pier Paolo Pasolini. Poi Il Porto dei Poeti, dopo ‘Radiosa Isadora’ prodotto proprio a Forlì tre anni fa, in collaborazione con la SSLMIT, tornerà a produrre uno spettacolo in prima assoluta dal titolo ‘Lo Psicofante’ con Roberto Mercadini. Uno dei più colti, interessanti e giovani poeti satirici della nostra regione. Una sorta di Cecco Angiolieri del terzo millennio. Io chiuderò il festival a modo mio, a Venezia, in un piccolo cortile, ospite dell’Istituto Commedia dell’Arte Internazionale con la lettura di poesie inedite ‘Parodie del buio’.
Aggiunta del 16 Aprile 2013.
ED: Boston è sotto shock per le due esplosioni avvenute ieri durante la maratona; si parla di tre morti, di cui un bambino di otto anni, 176 ricoverati in ospedale e una popolazione in panico che sta rivivendo il terrore dei passati attacchi terroristici.
Walter, qual è il clima al momento? Qual è la tua interpretazione della situazione attuale?
WV: I morti potevano essere molti di più. Apprendiamo tutti, ancora increduli e col cuore in gola, che le bombe esplose erano due pentole a pressione caricate con chiodi e frammenti di metallo. Questo tipo di azione terroristica qui in America viene definita “soft target”. Si caratterizza con l’attuazione di una strage impossibile da prevenire. Che è la forma più ignobile, odiosa e devastante di terrorismo. Appena ho saputo ho pensato a Bologna, a Brescia, alla strage dell’Italicus, al terrorismo interno, quello di natura nazista o fascista. Colpire Boston nel giorno della Maratona e del Patriot Day significa colpire il cuore dell’America democratica. Chi ha messo quelle bombe sa esattamente cosa vuole. Vuole accecare la gente con un’onda emotiva irrazionale. Vuole paralizzare il Senato, vuole istaurare un oscurantismo che si fondi sui principi dell’integralismo religioso, dell’odio e disgregazione sociale. Per la strage della Stazione di Bologna dell’agosto del 1980 avevo scritto: utili, floridi cadaveri/ ne uscirono in sorte/ allineati per gli incisivi della Storia/ per i futuri sui cammini/ i suoi canini/ e come in orti i vivi/ nutriti a piene mani di quei tristi concimi/sotto la sferza dell’adomesticante nitrato. Temo sia la stessa cosa.
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