Ciao a tutti romagnoli e non, io questo weekend ho deciso di essere patriottica e da romagnola doc profumata di San Giovese ho passato la domenica sui colli della Nove Colli!
Sapete tutti cos’è la Nove Colli vero?
Bèh per chi fosse disinformato, la Nove Colli è la granfondo di ciclismo che si tiene ogni anno in Romagna dal lontano 1971, e che pedala con oltre 10.000 ciclisti dal mare su e giù per le campagne Romagnole fra paesaggi mozzafiato, distese di verde e paesini di vecchi e bambini.
La gara parte da Cesenatico e corre sempre più su fino alla Madonna di Pugliano per poi tornare a scendere lungo 210 sudatissimi km!
Ma quale modo migliore per assaporare la vera Nove Colli se non seguendo un partecipante? Bèh perché io, con i miei numerosi kg di morbidezza, il ciclismo lo guardo sempre dalla poltrona ovviamente!
Allora ecco che quest’anno decido di sudare assieme a Francesco, 33 anni, clicloamatore, che la Nove Colli l’ha sempre guardata, sognata, studiata.. ma mai affrontata!
Sabato sera, il giorno prima del “via”, Francesco mi racconta che va in bici da quando da piccino suo babbo gli regalò una Vicini gialla e fuxia e che ogni anno all’arrivo di Cesenatico pensava “la prossima volta partecipo”.
E così sono passati tanti anni e Francesco ha circumnavigato colline e salite romagnole incrociando ciclisti di ogni età e peso specifico fino quando, finalmente, ha deciso che in fondo la Nove Colli la poteva provare anche lui!
Quando gli chiedo quale sia stata la preparazione, mi racconta che da tanti mesi ogni volta che il tempo lo permetteva montava sulla bici ed iniziava a scalare la Romagna, anche in inverno, anche col freddo, anche se superbombato di giubbotti e berrette, arrivando a fare 160 km in circa 7 ore.
Bèh un tempo ed una quantità di km che per me, e per le mie salsicce malriposte, sarebbero un vero miracolo, ma che per Francesco, che è sempre troppo pessimista, non sono abbastanza perché la Nove Colli, quella vera, quella lunga, di km ne ricopre ben 210 e se di mezzo ci si mette il maltempo allora, cito le sue parole, “arrivo cotto sul Barbotto”.
E poi è Domenica e decido di iniziare a tifare proprio dal Barbotto, non il colle più alto ma sicuramente il più difficile dei Nove: 5 km di salita di cui l’ultimo è un vero e proprio muro con il 15% di pendenza!
Francesco mi dice che secondo i suoi calcoli, nella vita fa l’ingegnere, passerà dalla cima del Barbotto fra le 10.30 e le 11.30, così con un gruppo di amici lo aspettiamo scollinare ansiosi e preoccupati perché il cielo è strano, volano troppe nuvole, il vento tira i capelli e sparge qualche goccia di pioggia.
La cima del Barbotto è tutto un via vai di persone con le macchine fotografiche e di vecchietti sul ciglio verde della strada che gridano mentre guardano passare ciclisti di ogni condizione: snelli e felici, veloci e ingastriti, sfiancati e abbacchiati, lenti e contenti, e addirittura a piedi con la bici in una mano e le scarpe nell’altra.
E poi ecco che sulle 11 appare Francesco, ha la faccia arzilla, come diceva la mia nonna, sempre pure contento: è uscito il sole finalmente, gli mancano ancora circa 150 km ma almeno il colle più cattivo se lo è lasciato alle spalle.
E così per festeggiare, mentre lui riprende la sua corsa, io ed i miei amici ci facciamo una bella mangiata romagnola a Ca Gianessi mentre, fra uno strozzaprete ed un tortello, osserviamo i ciclisti passare.
Quando Francesco si ferma a salutarci ci dice che più della metà hanno optato per il percorso corto, con soli cinque colli, mentre lui e pochissimi altri hanno deciso di proseguire.
Ora è praticamente solo, non c’è quasi nessuno che lo tira, e le salite saranno molto più difficili da affrontare.
Così noi proseguiamo in macchina vero l’arrivo e sull’ultimo colle, il Gorolo, incontriamo ciclisti sparsi con i volti contriti, cellulari in mano, e gambe davvero pesanti.
Ma Francesco no, lui ci chiama alle 17 e ci dice “sono arrivato!”, lo raggiungiamo a Cesenatico e, sttringendo la sua medaglia, ci racconta che ha avuto i crampi per 40 km ma poi ha raggiunto un gruppetto di ciclisti stranieri, ha corso con loro, ed ha pure vinto la volata!
E allora complimenti e tanto di cappello!
Quanto si è calssificato?! Bah non è importante, l’importante per lui e per noi è che alla fine al traguardo ci sia arrivato solo con le sue gambe!
E’ così il ciclismo attraversa le cittadine ed unisce le persone, le tradizioni e l’amore per uno sport di vera fatica che mi appassiona più di ogni altra disciplina perché, come racconta Francesco, “…quando pedali, pedali da solo, e quando arrivi faticando in cima ad un greppo sperduto e dall’alto guardi la strada infinita che hai percorso… allora sì che ti senti felice!”.
Francesca Barzanti
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