Per sollevare il settore non basta un'aspirina
Ci sono diversi modi per affrontare i problemi. Buonsenso e razionalità, a mio avviso, sono quelli più adatti. Non è urlando più forte o cercando scorciatoie che si riesce a venire a capo di un problema. Per provare di risolverlo bisogna riflettere per cercare di darsi delle risposte. È quello che ha fatto Graziano Gozi sul tema della chiusura dei negozi. Il direttore della Confesercenti è intervenuto stimolato da uno scritto di Carlin Petrini. Il fondatore di Slow food bacchetta anche le associazioni di categoria. Ma, anziché impettirsi, Gozi ha raccolto la sfida e rilanciato. La nota.
Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, recentemente ha scritto un pezzo importante e di grande attualità dal titolo “Se l’Italia perde le botteghe, noi perdiamo l’Italia per come la conosciamo”. Ha rappresentato uno spaccato che ormai è sotto agli occhi di tutti: serrande dei negozi che chiudono e furgoni dei corrieri che aumentano, distribuendo pacchi in ogni palazzo.
Petrini non risparmia un richiamo critico alle Associazioni di categoria del settore e bisogna ammettere che anche noi dovremmo fare qualcosa in più per cercare di arginare quello che sta succedendo. Le considerazioni che seguono, volutamente forzate, vogliono essere un campanello d’allarme.
Ci rendiamo conto, fino in fondo, di dove stiamo andando? Di questo passo, i borghi collinari, poi le periferie delle città ed infine i centri storici saranno svuotati di negozi. Le città non sarebbero più le stesse. Si perderebbe il senso di comunità, di stare insieme e parlare fra persone e prevarrebbe il buio dei negozi sfitti, che favorisce ed aumenta il rischio di furti e criminalità.
Alcuni dati: in Italia chiudono 14 negozi al giorno; dal 2011 ne abbiamo persi 32.000. Le vendite online nel 2019 sono cresciute del 15% rispetto al 2018. Teniamo conto che in Italia le vendite su web non raggiungono il 10% dei volumi di spesa ma che tale quota di mercato crescerà esponenzialmente. In questo quadro, già preoccupante, Amazon ha appena annunciato l’avvio del pagamento a rate per gli acquisti effettuati in Italia.
Il commerciante -in particolare del comparto non alimentare-, impegnato ad aprire la sua attività tutti i giorni, non conosce ormai più ricambio generazionale e non è una professione ambita dai giovani. Se un tempo i ricavi erano soddisfacenti, oggi, spesso, il lavoro non è sufficientemente gratificante.
Per sollevare il settore non basta un’aspirina, servono iniezioni molto importanti. Ben vengano i bandi comunali o regionali per sostenere il commercio ma in questa situazione rischiano di essere una goccia nel mare. Per invertire il declino servirebbe, per esempio, l’azzeramento dei tributi locali e il dimezzamento dell’Irpef. Il tema è economico ma anche sociale e culturale.
Come Associazioni dobbiamo garantire maggiore sostegno alle imprese e rappresentare con più forza e incisività le difficoltà del settore. I cittadini-consumatori devono iniziare a riflettere sull’importanza della sopravvivenza di una rete commerciale, senza cedere alla facilità dell’acquisto anonimo con il “click”. E la Politica deve pensare al futuro, senza limitarsi a cercare solo il consenso immediato.
Pensare a quali Città vogliamo nei prossimi decenni. Se la affrontiamo in questo modo, tutti insieme, potremo provare a modificare quello che oggi sembra impossibile da frenare. Come dice Petrini, la modernità risiede nella capacità di usare la tecnologia per vivere meglio, non per abdicare al nostro essere cittadini e ridurci a consumatori senza volto né voce.
Questo post è stato letto 177 volte