Edo Bertaccini, “Fulmine”, giovane forlivese ucciso dalle SS a Carpi

La Casa del Popolo e il Circolo Arci di Bagnolo portano il nome di Edo Bertaccini, il giovane partigiano forlivese, nome di battaglia Fulmine, ucciso dalle SS tedesche a Carpi nel 1944. Molte altre realtà associative nate nel dopoguerra portano il nome di antifascisti e partigiani morti nel corso della Resistenza. Su queste realtà è stato avviato un importante approfondimento per individuare quale ruolo possano svolgere nella nostra società nel futuro. Il loro destino deve interessare tutti i cittadini perché avere luoghi e spazi dove poter svolgere attività aggregative di ogni genere è un problema collettivo. 

Il Circolo dei Cooperatori e le Case del Popolo 

Il Circolo dei Cooperatori nasce l’8 aprile 1993, una data emblematica perché coincidente con il 110° anniversario della costituzione dell’Associazione Generale degli operai e braccianti del Comune di Ravenna, la prima grande cooperativa italiana passata alla storia per l’eroica bonifica dell’Agro Romano (segretario e animatore ne fu Nullo Baldini, poi fondatore della Federazione delle Cooperative della Provincia di Ravenna, struttura tuttora fondamentale nel panorama cooperativo). Il Circolo è un’ssociazione culturale, con sede a Ravenna, ed è stato costituito in forma unitaria fin dalle origini con la condivisione di Legacoop, AGCI e Confcooperative per divulgare e promuovere i valori cooperativi, ed è attualmente presieduto da Giancarlo Cani.  Di recente si è fatto promotore di un’importante iniziativa che ha come scopo quello di conoscere la storia e il patrimonio delle case del popolo che rappresentano un tassello imprescindibile del tessuto sociale e politico della Romagna. Dal dopoguerra hanno svolto, a vario titolo, una funzione aggregativa rispetto alle singole comunità in cui erano presenti determinando una centralità e un dinamismo che meritano l’attenzione degli studiosi di storia e dei cittadini.
Nella presentazione della ricerca si legge che: “Le case del popolo erano innanzi tutto delle eccellenti organizzazioni societarie: realizzate da quelli che sarebbero stati i loro fruitori, poi autogestite, a volte intersecate da esperienze cooperative, infine modernizzate con gestioni imprenditoriali o commerciali. Con il passare del tempo e con il cambiare della società, le casa del popolo hanno dovuto ripensare il proprio ruolo e con esso il proprio assetto economico e il rapporto con i soci e con i frequentatori. Ad un periodo di indiscussa pregnanza della dimensione politica – socialista, repubblicana, comunista, senza trascurare quella cattolica e anarchica -, ne è seguito uno maggiormente innervato sugli aspetti ricreativi, che a sua volta, in tempi più recenti, ha lasciato spazio alla centralità della dimensione commerciale, salvo diverse realtà che hanno comunque continuato un’attività in campo culturale, sociale e storico. Se le case del popolo sono sopravvissute a trasformazioni così profonde, significa che chi le ha gestite ha compreso che occorreva cambiare per dare sempre nuove risposte ad una società in rapida trasformazione.
Le scelte economiche e le strategie imprenditoriali che hanno consentito tutto ciò non sono assolutamente un fatto banale o da svalutare in sede storiografica. Anzi, è un interessante spaccato di come  i rapporti sociali si siano declinati fra voglia di stare sul mercato e contrasto dei cambiamenti. L’obiettivo della ricerca storica – fatta a partire da fonti anche inedite – è indagare i tempi e i modi del mutamento sopra descritto, limitatamente alla Romagna, e cioè alle province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini. Si è inteso ridare voce a protagonisti vecchi e nuovi di una grande e silenziosa trasformazione, che in oltre un secolo di storia ha più volte ripensato i luoghi della sociabilità e dell’aggregazione”.
La ricerca, che è stata molto ampia e meglio dettagliata in corso d’opera, ha prodotto la realizzazione di una anagrafica delle case del popolo romagnole cercando di mappare il fenomeno, dalle origini a oggi, per capire tempi, modi, colori politici e caratteristiche essenziali di questo movimento. Queste informazioni rappresenteranno la base imprescindibile per tutte le valutazioni storiografiche successive. La realizzazione della scheda anagrafica ha previsto la raccolta, ove possibile, delle informazione di base relative a ogni casa del popolo. Il lavoro nei mesi scorsi è stato pubblicato in rete chiedendo a chiunque interessi l’argomento di fornire, se esistono, ulteriori dettagli per integrare e perfezionare quanto raccolto (www.circolocoop.ra.it).  
La ricerca dovrà anche servire per interrogarsi su come queste realtà potranno trovare un nuovo modo di essere un luogo aperto a tutti i cittadini desiderosi di giustizia sociale e di progresso. Nessuno aveva previsto che l’emergenza coronavirus, che stiamo vivendo e che perdurerà, avrebbe di fatto chiuso questi luoghi, al pari degli altri esercizi pubblici, sconvolgendo ogni prassi, abitudine e socialità. È ovvio che bisogna ripensare al futuro, sia in base alla lunga storia di cui sono state protagoniste sia in base a un concetto di socialità che sarà tutta da inventare. Ancora una volta, come detto nei testi precedenti dedicati all’avvicinarsi dell’anniversario del 25 aprile 2020, dobbiamo trarre l’esempio di chi nel corso del Secondo conflitto mondiale, uno dei periodi più tragici in assoluto del Novecento, non esitò con coraggio a scegliere di lottare a favore della libertà e della giustizia. 

Edo Bertaccini, “Fulmine”
In particolare i giovani come Edo Bertaccini, di Aldo, nato a Forlì il 22 gennaio 1924, residente a Forlì, in frazione Coriano, primo di tre figli di una famiglia di coltivatori diretti. Alla data dell’8 settembre 1943, quando fu pubblicamente dichiarato l’armistizio, Bertaccini stava assolvendo gli obblighi militari come aviere a Cesena. Fin dal primo momento decise di partecipare all’organizzazione delle formazioni partigiane di montagna. Riuscito ad evitare la cattura, salì in montagna nell’ottobre del 1943 e partecipò alla costruzione della formazione partigiana, assumendo lo pseudonimo di “Fulmine”. Raggiunse per unanime consenso il grado di comandante della 7° compagnia, aggregata alla Brigata “Romagna”. Il 4 aprile 1944, all’inizio di un vastissimo rastrellamento, la sua compagnia, attaccata da forze preponderanti, resistette quattro ore. Colpito, Edo Bertaccini cadde a terra, ma respinse l’aiuto dei suoi partigiani, incitandoli a continuare la resistenza. Rimasto isolato, tentò di raggiungere la pianura. Fu catturato il 4  aprile 1944 alla Fratta di Bertinoro, lato Meldola, e detenuto a Forlì, da dove poi venne trasferito il 5 giugno 1944 a Bologna per essere incarcerato a San Giovanni in Monte, con matricola 10939, a disposizione del Comando SS, ovvero dell’Aussenkommando Bologna della Sipo

L’eccidio del poligono di tiro di Cibeno di Carpi 
Il successivo 5 luglio 1944 Edo Bertaccini fu portato dalle stesse SS, insieme ad un gruppo di detenuti politici, nel campo di concentramento e di transito di Fossoli, numero di matricola 2503. Pochi giorni dopo, il 12 luglio, fu fucilato assieme ad altri 66 internati nell’eccidio del poligono di tiro di Cibeno (Carpi).

Il funerale di Edo Bertaccini a Forlì 
Forse non riuscì a far sapere alla famiglia di essere stato internato a Fossoli tant’è che i famigliari non furono presenti, dopo la cessazione della guerra, al momento delle esumazioni dei corpi degli uccisi. Fu identificato solo più tardi, tra luglio e agosto del 1945. I giornali dell’epoca, che avevano dedicato tanto spazio alla vicenda nel maggio dello stesso anno, in occasione dell’esumazione e delle solenni onoranze a Milano, pubblicarono anche, come elementi per l’identificazione, l’elenco di quanto rinvenuto sul suo corpo: un anello galalite con un ritrattino di donna giovane, una vera di metallo bianco, un camiciotto azzurro con allacciatura di spago, scarpe alte da montagna senza puntale e senza chiodi, pantaloni grigi, una borsa di tabacco in cellofan grigio azzurro, un fazzoletto, una cinghia di cuoio, giacca di colore indecifrabile; diverse banconote, nulla di evidente ai denti. 
La sorella Verdiana, che ho conosciuto molto bene, mi ha ricordato in più occasioni che la bara con la sua salma fu trasportata da Milano a Coriano caricata sul cassone del camion di un amico del padre: e, dati i tempi, la famiglia ritenne una fortuna aver avuto questa possibilità, in quella prima estate del dopoguerra. È sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero parrocchiale di via Correcchio, Forlì. 

Il Circolo Arci di Bagnolo intitolato a Edo Bertaccini 
Ad Edo Bertaccini è stata conferita dallo Stato italiano la Medaglia d’Argento al Valor Militare alla memoria. Nel 1962 la città di Forlì gli ha intitolato una via. Dal 1986 il suo nome è inserito nella targa di un cippo collocato in via Bertini, angolo via Solombrini, dov’è ricordato insieme ad altri tre partigiani di Coriano: Secondo Cervetti, Ferdinando dell’Amore e Rino Bertoni. Ma già dal 1953 il suo nome figurava in un luogo pubblico perché i volontari che avevano appena finito di costruire la casa del popolo di Bagnolo, sulla via Cervese, poco oltre il ponte sul fiume Ronco, in una località molto vicina a dove Edo era nato ed aveva vissuto per 19 anni non ebbero dubbi nel dedicargli la nuova e modesta struttura. Al pari delle altre che erano già state avviate, o in fase di realizzazione, quei soci si stavano impegnando per costruire un luogo che doveva essere antitetico alle attività dei dopolavoro del periodo del fascismo. Una casa dove poter dibattere, confrontare le diverse idee e opinioni, organizzare e partecipare liberamente a iniziative di aggregazione, un posto dove costruire il riscatto collettivo dopo 20 anni di dittatura.  
Nel 2013 in occasione del 60° anniversario fui chiamato a ricordare gli avvenimenti di cui Bertaccini era stato protagonista e nel contempo si parlò di quale futuro poteva avere quella casa del popolo e il relativo circolo Arci. Per un certo periodo la gestione è stata assicurata da un impegno continuo e lodevolissimo di un gruppo di soci che ha saputo ridare slancio al luogo di ritrovo con un programma di lavoro che seppe miscelare i caratteri tipici della socialità romagnola con la prevalenza di appuntamenti gastronomici, con costanti tornei di burraco, o di altri giochi di carte, e con diverse e partecipate iniziative di carattere storico, culturale e musicale, quasi tutte organizzate da chi scrive. Poi l’attivismo dei volontari, chiamati a fare molti sacrifici, soprattutto in termini di tempo e di lavoro, ha subito un rallentamento fino ad andare quasi a scemare. Ma per queste realtà è indubbiamente una delle strade da perseguire. Certo che occorrerà anche una maggior consapevolezza in tutti nel considerare che lasciare morire tali circoli è un errore madornale anche perché prima o poi capiterà, come sta avvenendo con l’emergenza coronavirus, di rimpiangere quel contatto umano, quello stare insieme anche fatto di cose modeste ma genuine. Soprattutto occorrerà prendere in considerazione la possibilità di dare spazio alle iniziative aggregative dei giovani che non partono più da un presupposto di affiliazione politica ma legata a specificità di interessi: i viaggi, la fotografia, il ballo, la musica, il teatro, lo sport, che sono sempre e comunque sinonimo di libertà. 
Edo Bertaccini ha sacrificato la sua vita per la nostra. Ricordare tutto ciò in prossimità dell’appuntamento del 25 aprile che per la diffusione del Covid 19 non consentirà manifestazioni pubbliche non è un fatto di secondaria importanza.

Gabriele Zelli

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Marco Viroli

Marco Viroli è nato a Forlì il 19 settembre 1961. Scrittore, poeta, giornalista pubblicista, copywriter, organizzatore di eventi, laureato in Economia e Commercio, nel suo curriculum vanta una pluriennale esperienza di direzione artistica e organizzazione di mostre d’arte, reading, concerti, spettacoli, incontri con l’autore, ecc., per conto di imprese ed enti pubblici. Dal 2006 al 2008 ha curato le rassegne “Autori sotto la torre” e “Autori sotto le stelle” e, a cavallo tra il 2009 e il 2010, si è occupato di pubbliche relazioni per la Fondazione “Dino Zoli” di arte contemporanea. Tra il 2010 e il 2014 ha collaborato con “Cervia la spiaggia ama il libro” (la più antica manifestazione di presentazioni librarie in Italia) e con “Forlì nel Cuore”, promotrice degli eventi che si svolgono nel centro della città romagnola. Dal 2004 è scrittore e editor per la casa editrice «Il Ponte Vecchio» di Cesena. Autore di numerose prefazioni, dal 2010 cura la rubrica settimanale “mentelocale” sul free press settimanale «Diogene», di cui, dal 2013, è anche direttore responsabile. Nel 2013 e nel 2014, ha seguito come ufficio stampa le campagne elettorali di Gabriele Zelli e Davide Drei, divenuti poi rispettivamente sindaci di Dovadola (FC) e Forlì. Nel 2019 ha supportato come ufficio stampa la campagna elettorale di Paola Casara, candidata della lista civica “Forlì cambia” al Consiglio comunale di Forlì, centrando anche in questo caso l’obiettivo. Dal 2014 al 2019 è stato addetto stampa di alcune squadre di volley femminile romagnole (Forlì e Ravenna) che hanno militato nei campionati di A1, A2 e B. Come copywriter freelance ha collaborato con alcune importanti aziende locali e nazionali. Dal 2013 al 2016 è stato consulente di PubliOne, agenzia di comunicazione integrata, e ha collaborato con altre agenzie di comunicazione del territorio. Dal 2016 al 2017 è stato consulente di MCA Events di Milano e dal 2017 al 2020 ha collaborato con la catena Librerie.Coop come consulente Ufficio Stampa ed Eventi. Dal 2016 al 2020 è stato fondatore e vicepresidente dell’associazione culturale Direzione21 che organizza la manifestazione “Dante. Tòta la Cumégia”, volta a valorizzare Forlì come città dantesca e che culmina ogni anno con la lettura pubblica integrale della Divina Commedia. Da settembre 2019 a dicembre 2020 è stato fondatore e presidente dell’associazione culturale “Amici dei Musei San Domenico e dei monumenti e musei civici di Forlì”. Da dicembre 2020 è direttore artistico della Fabbrica delle Candele, centro polifunzionale della creatività del Settore delle Politiche Giovanili del Comune di Forlì. PRINCIPALI PUBBLICAZIONI Nel 2003 ha pubblicato la prima raccolta di versi, Se incontrassi oggi l’amore. Per «Il Ponte Vecchio» ha dato alle stampe Il mio amore è un’isola (2004), Nessun motivo per essere felice (foto di N. Conti, 2007) e "Canzoni d'amore e di funambolismo (2021). Suoi versi sono apparsi su numerose antologie, tra cui quelle dedicate ai Poeti romagnoli di oggi e… («Il Ponte Vecchio», 2005, 2007, 2009, 2011, 2013), Sguardi dall’India (Almanacco, 2005) e Senza Fiato e Senza Fiato 2 (Fara, 2008 e 2010). I suoi libri di maggior successo sono i saggi storici pubblicati con «Il Ponte Vecchio»: Caterina Sforza. Leonessa di Romagna (2008), Signore di Romagna. Le altre leonesse (2010), I Bentivoglio. Signori di Bologna (2011), La Rocca di Ravaldino in Forlì (2012). Nel 2012 è iniziato il sodalizio con Gabriele Zelli con il quale ha pubblicato: Forlì. Guida alla città (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2012), Personaggi di Forlì. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2013), Terra del Sole. Guida alla città fortezza medicea (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2014), I giorni che sconvolsero Forlì («Il Ponte Vecchio», 2014), Personaggi di Forlì II. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2015), Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna («Il Ponte Vecchio», 2016), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna volume 2 («Il Ponte Vecchio», 2017); L’Oratorio di San Sebastiano. Gioiello del Rinascimento forlivese (Tip. Valbonesi, 2017), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna, vol. 3 («Il Ponte Vecchio», 2018). Nel 2014, insieme a Sergio Spada e Mario Proli, ha pubblicato per «Il Ponte Vecchio» il volume Storia di Forlì. Dalla Preistoria all’anno Duemila. Nel 2017, con Castellari C., Novara P., Orioli M., Turchini A., ha dato alle stampe La Romagna dei castelli e delle rocche («Il Ponte Vecchio»). Nel 2018 ha pubblicato, con Marco Vallicelli e Gabriele Zelli., Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol.1 (Ass. Cult. Antica Pieve), cui ha fatto seguito, con gli stessi coautori, Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol. 2-3-4 (Ass. Cult. Antica Pieve). Nel 2019, ha pubblicato con Flavia Bugani e Gabriele Zelli Forlì e il Risorgimento. Itinerari attraverso la città, foto di Giorgio Liverani,(Edit Sapim, 2019). Sempre nel 2019 ha pubblicato a doppia firma con Gabriele Zelli Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna volume 4 («Il Ponte Vecchio») e Forlì. Guida al cuore della città (foto di F. Casadei, Diogene Books). Con Gabriele Zelli ha inoltre dato alle stampe: La grande nevicata del 2012 (2013), Sulle tracce di Dante a Forlì (2020), in collaborazione con Foto Cine Club Forlì, Itinerario dantesco nella Valle dell’Acquacheta (2021), foto di Dervis Castellucci e Tiziana Catani, e I luoghi di Paolo e Francesca nel Forlivese (2021), foto di D. Castellucci e T. Batani. È inoltre autore delle monografie industriali: Caffo. 1915-2015. Un secolo di passione (Mondadori Electa, 2016) e Bronchi. La famiglia e un secolo di passione imprenditoriale (Ponte Vecchio, 2016).