Con l’assemblea di fusione, tenutasi tramite piattaforma digitale certificata, lo scorso 23 novembre, è stata sancita ufficialmente la fusione tra Confcooperative Forlì-Cesena e Confcooperative Ravenna-Rimini, che ha dato vita a Confcooperative Romagna.
L’evento, il cui titolo “Costruttori di bene comune – Per crescere insieme” è alquanto significativo, al fine di disegnare il ruolo unitario che la cooperazione “bianca” romagnola intende intraprendere per lo sviluppo del territorio, ha visto la presenza (in remoto) di Vincenzo Colla (assessore allo sviluppo economico e lavoro della Regione Emilia-Romagna), di don Mario Diana, (incaricato CEI presso Confcooperative), dei sindaci Michele De Pascale (Ravenna), Andrea Gnassi (Rimini), Enzo Lattuca (Cesena), Gian Luca Zattini (Forlì) e di Maurizio Gardini (presidente nazionale di Confcooperative).
Confcooperative Romagna presenta numeri di rilievo che la pongono quale referente autorevole per la programmazione delle politiche di sviluppo del territorio romagnolo, forte di 640 cooperative associate, 165.000 soci, 39.000 occupati (di cui 20.000 donne), 250 milioni di capitale sociale, 1,7 miliardi di patrimonio netto, 7 miliardi di valore della produzione, oltre ai due centri servizi, Linker Ravenna Rimini e Ceseco, che erogano alle cooperative associate 3 milioni di valore annuo in servizi, in ambito fiscale-tributario, gestione risorse umane, controllo di gestione e accesso al credito.
“Il processo di fusione – ha affermato il neo presidente di Confcooperative Romagna, Mauro Neri – non è stato un percorso facile, ma la capacità di sintesi dei nostri gruppi dirigenti e la volontà di raggiungere un obiettivo alto ci hanno sempre guidato. Poi è arrivata la pandemia e si è verificata un’accellerazione, in quanto questa situazione inaspettata ci reso ancora più consapevoli che solo forti alleanze possono avviare reali trasformazioni, promuovendo un modello più evoluto. Lo stesso Papa Francesco ci ha detto: che ‘la cosa peggiore di questa crisi sarebbe il fatto di sprecarla: nessuno si salva da solo’. Uno stimolo in più per mettere da parte inutili campanilismi e cogliere le grandi opportunità di cambiamento e rinnovamento che ogni crisi comporta”.
Il compito che spetta a Confcooperative Romagna non è certo semplice: quando la pandemia sarà finita, è possibile che diverse imprese non ci siano più e, di conseguenza, servirà un impegno deciso per la riconversione della forza lavoro e, più a largo respiro, un’attività di rilancio condivisa, che vedrà l’organizzazione in prima fila pronta a relazionarsi con le Istituzioni pubbliche, il cui ruolo è indispensabile per implementare progetti di sostegno alle imprese. Altro aspetto “caldo” per Confcooperative Romagna è certamente l’attenzione ai territori. Neri, uomo di montagna, su questo punto è stato chiaro: “Abbiamo il dovere di eliminare le diseguaglianze tra territori e su questo aspetto dobbiamo essere vigili sugli effetti della pandemia che rischiano di allargarle, più che colmarle”.
Non manca una chiara attenzione alle fasce fragili della popolazione che, per la nuova organizzazione, sono da tutelare e per i giovani, a cui si rischia di lasciare un Paese peggiore di quello ereditato dall’attuale classe dirigente: “I giovani cooperatori – sono sempre parole di Mauro Neri – devono essere coinvolti subito nelle dinamiche associative”.
Confcooperative Romagna si pone anche come organismo che favorisca, alla luce della riforma Del Rio (legge 13/2015), il governo della Romagna nell’ottica delle aree vaste o, come spesso viene definita, di “città metropolitana diffusa”, al fine di uno sviluppo più armonioso per l’intero territorio. Se qualcosa in quest’ottica è già stato fatto (AUSL Romagna, Protezione Civile, Consorzio Bonifica, Romagna Acque…) la cooperazione intende spingere l’accelleratore in questa direzione, eliminando le divisioni ancora presenti in vari contesti, che rendono tutto più complesso. Gli ambiti su cui intervenire riguardano l’acqua e l’energia, risorse fondamentali non solo per l’agroalimentare e il turismo, ma in generale per tutti i settori, compreso le aree appenniniche. A seguire l’urgenza della creazione di una viabilità che snellisca lo snodo congestionato bolognese e favorisca l’area adriatica, fra cui la riqualificazione della E45 fino all’innesto con l’A13 a Ferrara, senza dimenticare il proseguimento dell’alta velocità a sud di Bologna verso Rimini.
Con le dimensioni raggiunte Confcooperative Romagna può, inoltre, pensare, specie per rispondere ai bisogni di grandi cooperative associate, a progetti di sviluppo per agevolare la penetrazione nei mercati esteri, in collaborazione con l’ufficio per le politiche di internalizzazione di Confcooperative Nazionale e in sinergia con l’ufficio di Bruxelles al fine di intercettare possibili opportunità su linee di sviluppo europeo a livello comunitario.
Confcooperative Romagna ha il compito anche di guardare al proprio interno, prevedendo modelli innovativi nella relazione con le associate.
“In quest’ottica – ribadisce Neri – i due centri servizi dovranno sviluppare politiche di gestione e sviluppo coordinate, al fine di specializzare i singoli servizi ed offrirne altri in grado di soddisfare i nuovi bisogni della cooperative. L’aspetto cruciale che mi sta molto a cuore sarà l’impegno costante per essere vicini ai territori: per fare questo è necessario un grande impegno da parte di tutto il gruppo dirigente, per assicurare un presidio territoriale costante e di qualità verso tutti: su questo aspetto, in particolare, si gioca il successo e la credibilità di Confcooperative Romagna”.
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