Verrà presentato durante la serata di giovedì 26 agosto 2021, nell’area esterna dell’ex Istituto Agrario di Villafranca nell’ambito di un’iniziativa promossa dall’Associazione Il Palazzone, il nuovo libro di Elio Ruffilli che raccoglie la nuova produzione di zirudelle e poesie in dialetto romagnolo dal titolo “Al biscaréd d’ Magalot”.
Bisogna riconoscere all’autore, soprannominato Magalòt, una sorprendente vena poetica e creativa che sta esprimendo soprattutto da quando ha terminato l’attività lavorativa presso un’importante azienda locale fra le prime in Italia nella produzione di capannoni prefabbricati. Dopo aver dato alle stampe nel 2019 “Al dismarì d’ Magalòt, usânz, fèt, persuneg a caval dè milèni” ecco la nuova raccolta di “sciuchèz, mument, snamént in Rumâgna”, come recita il sottotitolo del volume. I lettori pro non si devono far ingannare dai termini come “dismarì”, che tradotto in italiano vuole dire stupidaggini, inezie, cose da nulla, e “biscaréd”, che significa azione, comportamento o discorso da sciocco, oppure qualcosa facile da farsi. “I componimenti di Ruffilli”, scrive Gabriele Zelli nella prefazione, “sono tutt’altro che banali e futili, anzi assumono rilevanza nel momento in cui danno risalto alla vita di tutti i giorni; come la famiglia, le frequentazioni, le amicizie, i personaggi e i fatti della località dove abita.
Ruffilli non tralascia ovviamente le passioni di una vita: la caccia, la pesca, la bicicletta, il gioco delle carte, soprattutto del ‘marafone’, il ballo, il ritrovarsi con gli amici in occasioni conviviali. Ruffilli traccia una sorta di racconto che va oltre la situazione momentanea perché quanto scrive assume l’aspetto della testimonianza, di qualcosa destinato a restare nel tempo, come avverrà per ciò che ha preso in considerazione. Assume valore, inoltre, il fatto che i testi siano redatti in dialetto romagnolo, la lingua che fino al dopoguerra era la sola parlata nelle nostre campagne, anche in quelle di San Martino in Villafranca e Villafranca dove l’autore ha solide radici familiari”. “Si potrebbe paragonare Elio Ruffilli ai cantastorie di un tempo, aggiunge Gabriele Zelli, “che giravano di piazza in piazza per raccontare gli episodi più importanti della storia passata e del momento e nel contempo sviscerare gli affetti, le amicizie, le gioie, le avversità, i successi, le sconfitte che ognuno vive. D’altronde è quasi sempre la piccola storia che permette di comprendere anche gli avvenimenti capaci di segnare intere generazioni o epoche. Il tutto scritto sempre con ironia, con sagacia, spesso con fare beffardo e sarcastico perché anche le vicende più serie possono essere affrontate con la leggerezza di una battuta, che se fatta in dialetto romagnolo assume spesso una valenza dissacratoria seppure sempre rispettosa e mai volgare”.
Nei componimenti di Ruffilli trovano spazio anche argomenti come le tradizioni della campagna, i lavori di un tempo, le vicissitudini del dopoguerra con un acclarato realismo avendo ben conosciuto tutto ciò che scrive. Così come l’uso del dialetto che denota una padronanza del volgare che deriva dal fatto che fin da bambino ne ha acquisito anche le parole meno usate nel parlare quotidiano.
Il libro è impreziosito dalla riproduzione di alcune opere di valenti pittori come Silvano Pini e Marco Biondi, oltre che dello stesso “Magalòt”.
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