Pronta la bozza dell’appello

La proposta di Gian Paolo Castagnoli

CESENA. Questa è la bozza dell’appello sulla tragedia che si sta consumando al confine tra Polonia e Bielorussia che ieri Gian Paolo Castagnoli, giornalista cesenate, aveva anticipato che avrebbe preparato. E’ un appello aperto e quindi ben vengano proposte di correzione o integrazioni prima di lanciarlo. Dopodiché si dice grato se qualcuno si facesse avanti per farlo circolare online attraverso piattaforme come change.org o simili. Fategli sapere, così come rinnova l’invito, in primis al mondo dell’associazionismo, a organizzare qualche ritrovo o manifestazione in piazza per rendere visibili anche “fisicamente” le preoccupazioni. Intanto c’è chi si sta attivando per verificare canali affidabili attraverso cui dare una mano per aiuti umanitari. 

Non possiamo rimanere indifferenti e restare in silenzio di fronte alla tragica situazione vissuta dai profughi al confine tra Polonia e Bielorussia, che sta andando avanti da mesi. Lo avevano già segnalato a fine estate organizzazioni come Amnesty International, ma nelle ultime settimane le cose stanno precipitando e bisogna intervenire subito.

Parole intense e attendibili, che facciamo nostre, sono state scritte dagli abitanti dell’area della foresta di Bialowieza, che stanno vedendo con i loro occhi le condizioni disumane in cui stanno vivendo ormai migliaia di persone. Condizioni disumane che hanno portato anche alla morte di un bimbo di un anno.

In un appello che è stato fatto circolare anche dalla rivista “MicroMega” hanno raccontato in modo dettagliato quello che sta accadendo. Ne riportiamo qui alcuni stralci: “Stanno avendo luogo eventi e fenomeni che in Polonia non si verificavano da oltre settant’anni, e che avevamo già archiviato come appartenenti al passato. Fenomeni che non comprendiamo, ai quali non possiamo adattarci e davanti ai quali non possiamo restare indifferenti. Non lontano dalle nostre case, tra i canneti lungo il fiume, un padre di tre figli sta cercando di proteggerli dalle gelate notturne. Uno dei bambini, un maschietto di tre anni, è malato, ha problemi di stomaco, presumibilmente per aver bevuto acqua sporca; non ha pannolini né vestiti di ricambio. Tutti e quattro trascorrono la notte in vestiti sporchi e bagnati. Sdraiata nella foresta, c’è una donna con il diabete, da settimane senza cure mediche. Non riesce ad alzarsi. Il marito cerca di curarla con medicine ottenute per vie traverse, e trascorrono le giornate nascosti nel fitto dei cespugli ai margini del paese. Tra gli alberi sulla riva del fiume un ragazzo di quattordici anni siede per terra, sul bagnato. Ha i piedi terribilmente gonfi, le scarpe e i pantaloni completamente fradici, non riesce a camminare. Sua madre è sdraiata di fianco a lui, priva di sensi. Le persone che per puro caso li hanno trovati li portano, da sole, fuori dall’acquitrino, ma dalle forze armate nessuno si muoverà per soccorrerli. Diverse famiglie con bambini cercano rifugio presso il ponte sul fiume, quando passa una macchina si nascondono dove le ortiche sono più fitte. Parecchie di queste persone non hanno scarpe, e da giorni girano nella foresta scalze, con le temperature che di notte vanno sotto lo zero. Nel bosco, un’anziana si aggira da sola, dà chiari segni di demenza senile, non capisce bene in che situazione si trova e con sé ha solo una borsetta. Nell’ospedale provinciale una madre sta uscendo di senno perché il suo bambino di cinque anni è rimasto indietro, nella foresta, da qualche parte. Non sa dov’è, non sa se è con qualcuno. Di notte, gruppi di persone terrorizzate vengono alle case in cerca di aiuto, implorando di non chiamare la polizia”.

Al di là delle valutazioni geopolitiche e delle responsabilità del disastro in atto, quella gente, scossa dalle scene a cui sta assistendo, ha fatto notare una cosa semplice, che in questo momento deve venire prima di tutto: “L’ingresso in Polonia, anche quando avviene con attraversamenti illegali, per quelle persone rappresenta la salvezza. Allo stesso tempo, le forze armate polacche usano una crudele procedura di respingimento, che consiste nel cercare, catturare e riportare i rifugiati sul lato bielorusso, dove le loro vite vengono nuovamente messe a repentaglio. Questo è un atto disumano: dal momento che il regime bielorusso è crudele con i rifugiati, perché allora le forze dell’ordine polacche, per usare una metafora che ogni polacco dovrebbe intendere, scortano questi profughi fin sotto ai cancelli del lager? La strategia adottata per risolvere il problema sul confine ha una serie di conseguenze drammatiche e dà origine a una crisi umanitaria senza precedenti da decine di anni. Le persone respinte al confine cercano di rientrare nel territorio polacco, perché non hanno alcun modo di tornare nel proprio paese passando dalla Bielorussia. Noi incontriamo rifugiati che hanno vissuto questa procedura anche una dozzina e più volte, ma a ogni tentativo sono condizioni sempre peggiori: sono esausti, malati, ogni volta più disperati. La disperazione dei profughi attira nella regione trafficanti pronti, per denaro, a tentare di trasportarli a ovest, il che intensifica il grado di criminalità dell’intero processo. L’attuale procedura di respingimento rende inoltre impossibile prestare a chi ne ha bisogno, incluso bambini piccoli e spesso neonati, quell’assistenza medica essenziale che è uno standard assoluto nel mondo civilizzato: i rifugiati preferiscono restare senza assistenza perché sanno che insieme all’ambulanza arriverà anche la polizia di confine la quale, che li riporterà al confine bielorusso”.

I cittadini diretti testimoni degli eventi che stanno accadendo a due passi dalle loro case hanno lanciato un grido d’aiuto, che facciamo nostro e rilanciamo con forza alle istituzioni e a ogni essere umano che non può tollerare l’abominio che hanno descritto: “Vogliamo affermare a voce alta che la situazione odierna è totalmente inaccettabile. Le forze armate e dell’ordine, stabilite e mantenute per salvaguardare e garantire la sicurezza, sono inefficaci a causa della strategia di respingimento adottata, e diventano addirittura una minaccia per persone che invece hanno bisogno di aiuto. Anziché poter chiedere loro aiuto, i malati, gli smarriti, gli affamati e i congelati, bambini piccoli inclusi, si devono nascondere da loro. Lo spirito umanitario di noi abitanti della zona di emergenza è messo alla prova con durezza perché, a causa dell’impossibilità di accedere ai servizi preposti all’assistenza e alla sicurezza, dobbiamo agire di nostra iniziativa. Con l’inverno imminente, prevediamo che la situazione diventerà drammatica. Invochiamo l’attuazione di meccanismi per la risoluzione della crisi che pongano fine alle sofferenze umane e contestualmente chiediamo l’abbandono di quelli che stanno invece rendendo la crisi ancora più profonda. Riteniamo che i meccanismi attualmente in funzione non siano gli unici possibili. Chiediamo l’ammissione alla zona di emergenza dei servizi di volontariato medico e delle organizzazioni preposte all’assistenza umanitaria, dal momento che il servizio medico locale, che ha due sole ambulanze per l’intera provincia, non è in grado di soddisfare tutte le necessità urgenti non solo dei rifugiati, ma anche della popolazione locale. Tale assistenza è assolutamente cruciale qui nella zona di stato di emergenza. Invochiamo l’apertura di un corridoio umanitario nella zona di stato di emergenza, che possa salvare vite e impedire una ulteriore escalation della crisi”.

Invitiamo ognuno ad ascoltare questo appello e chiediamo alle istituzioni, a cominciare dai Governi della Polonia e della Bielorussia e dall’Unione Europea, di attivarsi per trovare al più presto una soluzione basata su un’accoglienza stabile e dignitosa. Nel frattempo, è urgente e doveroso mettere almeno a disposizione immediatamente aiuti umanitari, a partire dall’assistenza alimentare e sanitaria, per alleviare quelle sofferenze. Auspichiamo che anche nelle nostre comunità locali ci sia la massima attenzione per non fare passare sotto silenzio questa e altre tragedie del genere e ci si adoperi in tutti i modi per sollecitare azioni rispettose della vita e della dignità umana.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.