L’EVENTO DI SETTEMBRE
di Marco Viroli e Gabriele Zelli
Domenica 14 settembre 2014
Sulle tracce della memoria – Sessantesimo della costituzione della CNA di Forlì – Ricordando i mestieri e le professioni esercitate un tempo nella zona del Parco Urbano “Franco Agosto”: cavatore di sabbia, fornaciaio, selciatore, spaccapietre (macarén), ortolano, colono, mezzadro, bracciante, muratore, produttore di birra, carradore, barrocciaio, canapino, filandaia, lavandaia, mugnaio, gualchieràio.
Visita guidata condotta da Marco Viroli e Gabriele Zelli
Ritrovo e partenza alle ore 17.30 dalla zona della fontana del Parco Urbano “Franco Agosto”
Percorso
Prima tappa – La Torre Civica vista dal Parco
Quando la città di Forlì veniva costruita con i mattoni e la zona, ora occupata dal parco, ospitava una cava e la fornace Maceri Malta.
Seconda tappa – Guado sul fiume Montone
Un tempo dal fiume i cavatori prelevavano sabbia, ghiaia e ciottoli, che venivano trasportati dai barrocciai per selciare le strade e le piazze della città, per costruire case e palazzi. Alcuni pezzi delle vie principali di Forlì furono pavimentati addirittura nel 1502.
Nell’Ottocento, la realizzazione del selciato del portico di corso Mazzini, da via Achille Cantoni a via Borghetto Mozzo, dal 1873 al 1883 diede vita a una gara fra i migliori selciatori locali, che si cimentarono per dimostrare la loro perizia. Per questo quel portico è chiamato “dei dieci anni”.
Terza tappa – Oltre il guado verso San Varano e i Romiti
Dov’è ancora fiorente l’attività degli ortolani. Intere generazioni si sono cimentate nell’esercizio di questa attività. Fino a pochi anni fa, i loro prodotti venivano venduti direttamente, tutte le mattine, in piazza delle Erbe.
Nella stessa zona, fino a una ventina di anni fa, si poteva ancora vedere il macero dove veniva messa a bagno la canapa; si trattava di una produzione molto importante nel nostro territorio che dava vita a diverse lavorazioni, impegnando contadini, filandaie e canapini.
Quarta tappa – Al centro del Parco Urbano
Per ricordare l’importanza del Canale di Ravaldino, la “spina dorsale di Forlì”. Lungo il suo percorso si insediarono tutte le attività che necessitavano di forza motrice (mulini, gualchiere, ecc.) mentre le lavandaie usavano i lavatoi per “fare il bucato”.
La visita guidata non si terrà in caso di pioggia.
Le notizie storiche saranno tratte dal volume “Forlì. Guida alla città” di Marco Viroli e Gabriele Zelli, Diogene Books, 2012.
Per informazioni 349 37 37 026
Sabato 20 settembre 2014
Il Canale di Ravaldino – La spina dorsale della città di Forlì
Quando lungo il canale si insediavano mulini, gualchiere, lavatoi e con l’acqua del canale si alimentava il fossato della Rocca di Ravaldino
Visita guidata condotta da Marco Viroli e Gabriele Zelli
Ritrovo e partenza alle ore 18.00 da piazza Saffi (sotto al palazzo del Comune)
Percorso
Prima tappa: via Melchiorre Missirini
Dove Gian Battista Morgagni adolescente cadde nelle acque del canale e fu provvidenzialmente salvato da un forlivese rimasto anonimo.
Seconda tappa- piazza Aurelio Saffi
Camminando sopra al Ponte del Pane, al Ponte Buio e al Ponte dei Cavalieri.
Terza tappa – via Giuseppe Pedriali
Dalla via del Sole descritta da Antonio Beltramelli alla via Pedriali di oggi.
Quarta tappa – piazza delle Erbe
Quando il canale lambiva la chiesa di San Francesco Grande.
Quinta tappa – via Canale di Ravaldino
Dove tra le case si può osservare un breve tratto del canale che fluisce ancora allo scoperto.
Per informazioni: 349 37 37 026
Martedì 30 settembre 2014
Sulle tracce della memoria – Forlì e la Grande Guerra
Cosa resta del ricordo dei Forlivesi che hanno combattuto al fronte
Visita guidata condotta da Marco Viroli e Gabriele Zelli
Ritrovo e partenza alle ore 20.30 da Piazza Saffi (di fronte al Comune)
Percorso
Prima tappa – Corso Diaz – Ex Chiesa di Sant’Antonio Vecchio in Ravaldino ora Sacrario dei Caduti forlivesi di tutte le guerre
La piccola chiesetta romanica venne edificata nei primi anni del XII secolo e divenne parrocchia. Quando il parroco dovette abbandonarla per trasferirsi nella vicina Sant’Antonio Abate, il suo declino fu immediato. Soppressa nel 1797, fu dapprima acquistata dal conte Antonio Gaddi e divenne magazzino di foraggio, poi stalla per i reparti di cavalleria. Nel corso della Prima Guerra mondiale ospitò la caserma per militari convalescenti e infine fu ridotta a bottega alimentare, divisa su due piani, nonché a ricovero di senza tetto. Fu anche adibita a sala da ballo con il nome di “La Gran Bretagna”. Dal 1954 è divenuta Sacrario dei Caduti forlivesi di tutte le guerre. All’interno vi sono numerose lapidi con incisi i nomi dei Forlivesi caduti combattendo per la Patria.
Seconda tappa – Piazza Saffi – Chiesa del Suffragio
La Chiesa di Santa Maria della Visitazione o del Suffragio fu costruita tra il 1723 e il 1748 su progetto che si ritiene sia stato redatto dall’architetto Giuseppe Antonio Seratini, frate camaldolese. L’edificio fu realizzato grazie all’intervento della Compagnia del Suffragio e ai lasciti del canonico Cristoforo Aspini e della nipote Barbara. Molti dei lavori della fabbrica restarono però a lungo incompiuti, in particolare la facciata che, tra il 1931 e il 1933, fu interamente ricostruita dall’architetto Cesare Bazzani, nel rispetto del progetto originale. Nel 1919 è stata dedicata una cappella ai Caduti per la Patria e per questo riporta alle pareti lapidi commemorative con sopra incisi i nomi dei Caduti, in particolare del Primo Conflitto mondiale.
Terza tappa – Corso della Repubblica – Palazzo Merenda
Al numero 72 di Corso della Repubblica si innalza il possente Palazzo Ospedale della Casa di Dio, progettato nella prima metà del Settecento dall’architetto e frate domenicano Giuseppe Merenda. Come avvenne per la Chiesa di Santa Lucia, anche in questo caso la facciata fu rifatta nel 1827, su progetto di Giuseppe Pani, a spese del benefattore Domenico Matteucci. A seguito all’apertura, nell’area immediatamente retrostante, dell’Ospedale “Morgagni” – oggi trasferito fuori città – e dopo un restauro degli ambienti, a opera dell’architetto Leonida Emilio Rosetti, nel 1922 il palazzo divenne sede degli Istituti Culturali forlivesi. Per tutta la durata della Prima Guerra mondiale l’ospedale fu utilizzato come luogo di cura e di degenza per centinaia e centinaia di feriti. Le cronache raccontano che il grande chirurgo Sante Solieri dedicò in quegli anni tutta “la sua attività ai feriti ai quali profuse i tesori della sua scienza e della sua squisita sensibilità” osservando “un orario massacrante in sala operatoria: dalle 7 alle 12, dalle 15 alle 19 e dalle 22 all’una dopo mezzanotte”.
Quarta tappa – Piazzale della Vittoria – Monumento alla Vittoria
Le Palazzine Bazzani e Benini, costruite nel 1933 su progetto dell’architetto Cesare Bazzani, creano uno scenografico fondale al Monumento alla Vittoria o ai Caduti, alto nel complesso 30 metri. Il monumento venne iniziato nel 1928 su progetto dello stesso Bazzani e portato a termine dall’impresa edile Ettore Benini, attiva in sobborgo Cotogni, e inaugurato il 28 ottobre 1932, nel decimo anniversario della “rivoluzione fascista”, a compimento di un processo di strumentalizzazione degli esiti della Grande Guerra.
Per informazioni: 349 37 37 026
Venerdì 3 ottobre 2014
Sulle tracce della memoria – Forlì dentro la Seconda Guerra Mondiale – Drammi e tragedie della popolazione civile durante i mesi precedenti la Liberazione
Visita guidata condotta da Marco Viroli e Gabriele Zelli
Ritrovo e partenza alle ore 20.30 da Piazza Saffi (di fronte al Comune)
Percorso
Prima tappa – Piazza Saffi – San Mercuriale – Sacrario ai Caduti partigiani – Palazzi delle Poste e degli Uffici Statali
Nell’ellisse centrale di piazza Saffi, proprio davanti all’ingresso principale del Palazzo Comunale (lungo il lato che guarda Palazzo Albertini, all’epoca sede del Partito Fascista), si trovano due lampioni che fanno parte della pubblica illuminazione. Su di uno fu collocata una targa, il 18 agosto 1945, per ricordare che: “Dai bracci di questi candelabri penzolarono impiccati per ischermo e lubidrio il 18 agosto del 1944 i cadaveri dei partigiani Sirio Corbari – Adriano Casadei – Arturo Spazzoli – Iris Versari testimonianza della efferata abbiettezza dei fascisti e monito ai cittadini che l’incolumità e la dignità della persona non vanno mai disgiunti dalla conquista e dalla difesa della libertà”.
Sulla facciata del Comune è possibile leggere un’altra lapide, murata negli anni ’50 e dettata da Aldo Spallicci, dedicata anch’essa al sacrificio dei quattro partigiani.
Il periodo della fine del Secondo Conflitto mondiale lega indissolubilmente la Chiesa di San Mercuriale all’abate che vi stava svolgendo la propria missione: monsignor Giuseppe Prati, da tutti conosciuto come don Pippo, giornalista e per molti anni animatore delle principali parrocchie cittadine. Nell’immaginario collettivo della città il ricordo di don Pippo è legato a due momenti particolarmente drammatici. Il primo fu quello della raccolta e composizione dei miseri resti delle vittime, fatte a pezzi dalle bombe sganciate dagli Alleati, la mattina del 25 agosto 1944, sul centro storico e in particolare in piazza Saffi, durante l’affollato mercato settimanale. Il secondo terribile momento fu quello in cui, grazie anche alla sua intercessione, il campanile della basilica, vanto e simbolo della città, venne risparmiato dalle mine che in quantità erano state collocate alla sua base per abbatterlo.
Nel chiostro di San Mercuriale si trova il Sacrario ai Caduti partigiani, inaugurato nel 1965, in occasione del XX anniversario della liberazione, per rendere onore ai 465 forlivesi delle formazioni partigiane locali, caduti nel periodo 1943 – 1945.
Il palazzo degli Uffici Statali e quello delle Poste sono facilmente riconoscibili per via della struttura architettonica progettata negli anni ’30 dal noto architetto Cesare Bazzani. Essi costituiscono il “marchio” che il regime fascista volle imprimere alla piazza centrale di Forlì. Nel 1944 gli edifici ospitavano due rifugi antiaerei che, unitamente a quello costruito a Palazzo Serughi, oggi sede della Camera di Commercio, e a quello ricavato al piano terra della Torre Civica, in caso di allarme offrivano riparo ai numerosi cittadini residenti e a quelli che, nelle giornate del lunedì e del venerdì, affollavano il mercato.
Sempre nel centro storico, altri rifugi erano stati approntati nel palazzo della Prefettura, in piazza delle “Erbe”, a Palazzo Albicini e al Monte di Pietà. Di tutti sono rimaste solo alcune ormai tenui indicazioni che col passare del tempo si stanno inesorabilmente cancellando.
Seconda tappa – Via delle Torri
Una testimonianza “particolare” del bombardamento che, il 25 agosto 1944, colpì la piazza e la zona circostante si può trovare in via delle Torri. All’altezza del numero civico 16, accanto alla vetrina del negozio di colori e vernici, un rigoglioso glicine si arrampica lungo la facciata dell’edificio. È il glicine di Manoni, chiamato così perché piantato, curato e “salvato” dalla omonima famiglia proprietaria del negozio. Quella mattina, secondo quanto annota Antonio Mambelli nel suo Diario, quattro formazioni di aerei, per un totale di 23 bombardieri, sganciarono decine di bombe. Particolarmente colpito fu il centro storico e si contarono molte decine di morti e una bomba centrò in pieno la schiera di edifici di questo tratto di via delle Torri provocando notevoli distruzioni. Tra le rovine, l’unica forma di vita era rappresentata dal glicine rimasto “miracolosamente” intatto.
Terza tappa – Piazzetta della Misura – Piazza XC Pacifici
Tra piazza XC Pacifici e piazzetta della Misura si erge la Torre Civica alla cui vetta si trovano i grandi quadranti dell’orologio. Edificata originariamente in epoca medievale e sottoposta a diversi interventi, la Torre venne fatta crollare nella notte fra l’8 e il 9 novembre 1944 dai Tedeschi in ritirata e, rovinando al suolo, travolse anche il sottostante Teatro Comunale. Sulla pavimentazione di piazzetta della Misura è stato evidenziato il perimetro che occupava il teatro. La Torre Civica venne ricostruita nel 1977 mentre il teatro purtroppo resta purtroppo solo un ricordo nella memoria dei Forlivesi più anziani.
Quarta tappa – Piazza Ordelaffi – Piazza Duomo
Sempre nella notte tra l’8 e il 9 novembre 1944 la torre campanaria della Cattedrale di Santa Croce (Duomo) fu minata dai Tedeschi in ritirata. Pur lasciando indenne la zona dell’altare centrale, il crollo provocò la distruzione della Cappella di San Valeriano e delle opere d’arte in essa contenute, lasciando integro solo l’altare. Il giorno dopo Forlì sarebbe stata liberata dagli Alleati.
I lavori di ricostruzione iniziarono nel 1968 e domenica 9 gennaio 1977, il nuovo campanile, alto 57 metri (l’originale era 61 metri), venne ufficialmente riconsegnato alla collettività.
Quinta tappa -. Corso Diaz – Via Merenda
All’altezza del numero civico 79 di corso Diaz, sul ciglio della strada, una piccola targa in marmo montata su un sostegno di metallo, ricorda che nell’edificio adiacente ebbe sede l’Albergo del Commercio, per un breve periodo adibito a campo di concentramento provvisorio degli Ebrei della provincia, destinati alla deportazione nei lager nazisti. In seguito alla promulgazione delle leggi razziali, a Forlì furono censite quindici famiglie (quarantadue persone in tutto), che all’improvviso si ritrovarono ai margini della vita sociale. A loro fu impedito di esercitare la professione, gli furono espropriati i beni, i loro figli furono cacciati dalle scuole e vennero sottoposti a una campagna denigratoria, organizzata dal Fascismo. Con l’occupazione tedesca e la costituzione della Repubblica Sociale Italiana, la persecuzione divenne deportazione nei campi di sterminio del centro Europa.
Poco distante dall’Albergo del Commercio il bombardamento tedesco del 10 dicembre 1944 causò alcuni gravissimi danni. Nel suo “Diario” Antonio Mambelli scrisse: “Quattro apparecchi tedeschi, uno dei quali colpito dalla contraerea è precipitato in fiamme verso Bastia, hanno compiuto poco dopo l’Ave un’incursione sulla città, con conseguenze disastrose. La prima bomba, di straordinaria potenza, ha interamente demolito la chiesa di San Biagio, la canonica, il campanile e parte dell’attiguo monastero di clausura: ventiquattro persone vi sono morte (…) una infine ha causato la distruzione totale di palazzo Albicini in borgo Ravaldino, di gran parte dei contigui delle famiglie Merenda, Prati Savorelli, Dall’Aste, Viroli, Dalle Vacche, mentre danni ricevevano quelli Marchini e Soprani. Ivi i morti sono stati numerosi lungo il tratto corrispondente della via e dentro gli edifici demoliti e fra essi oltre trenta militari alleati (…)”.
Le notizie storiche sull’itinerario della visita guidata sono state prese dai volumi: “Forlì. Guida alla Città” di Marco Viroli e Gabriele Zelli, “Luoghi e Memorie – Guida per riconoscere segni e testimonianze della Resistenza e della lotta di Liberazione nel Forlivese e nel Cesenate” a cura di Vladimiro Flamigni, Massimo Lodovici e Mario Proli, “Diario degli avvenimenti in Forlì e Romagna dal 1939 al 1945” di Antonio Mambelli.
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