I Kula Shaker al Pavaglione

LUGO. Se il Britpop fosse i Beatles, i Kula Shaker sarebbero George Harrison. Ovvero: la parte più introspettiva, forse meno in vista ma capace di offrire un determinante contributo dal carattere eclettico e sperimentale, influenze indiane incluse.

Sabato 29 giugno, alle 21.30, la band cult che ha saputo intrecciare psichedelia e raga-rock, fino ad approdare al post del Britpop, è ospite di Ravenna Festival per il secondo appuntamento al Pavaglione di Lugo. In formazione originaria degli splendidi albori, i Kula Shaker presentano il loro settimo album in studio, Natural Magick, uscito a febbraio: “Questo capitolo nella vita della band è fortemente guidato dall’energia che si crea ai nostri concerti e dalla connessione che si instaura con il pubblico – spiega il loro leader Crispian Mills – È molto simile al modo in cui abbiamo registrato il nostro disco di esordio K nel 1996, quando avevamo solo mezz’ora di tempo per stupire la gente e registravamo gran parte dell’album in tour tra uno show e un altro”. Accanto a Mills, chitarra e voce, Jay Darlington all’organo Hammond e alle tastiere, Alonza Bevan al basso e Paul Winter-Hart alla batteria. 

Da una band che ha scelto per nome di battesimo quello di un mistico del nono secolo non ti aspetti che raggiungano le prime cinque posizioni delle classifiche nel giro dello stesso anno – era il 1996 – con due singoli, Hey Dude e Tattva, tra i quali il secondo è in sanscrito. Né che stabiliscano il record di copie vendute nella prima settimana di uscita con un folgorante album di debutto (per superare quelle 130 mila copie ci sono voluti Adele e gli Arctic Monkeys). E se la critica non ha mai loro perdonato il successo, i Kula Shaker hanno continuato per la loro inimitabile strada con encomiabile coerenza, una sana dose di leggerezza e un’invidiabile resa dal vivo. Le sole cose che contano, insomma. 

Con due muse come il rock psichedelico e l’India, meta di un pellegrinaggio che ha folgorato l’allora ventenne Crispian Mills, il leader dei Kula Shaker è forse nato un quarto di secolo troppo tardi, anche se probabilmente nel posto giusto. Norwood Green, il sobborgo londinese dove Mills è cresciuto, vanta una radicata comunità indiana: tra immagini di Krishna e Bollywood e l’aroma delle spezie, era destino. La fascinazione per la musica e la filosofia indiane, combinata a una miscela di Beatles, Pink Floyd, Grateful Dead e Jimi Hendrix, si è inserita con molta facilità e poca filologia nell’esplosione commerciale del Britpop a metà anni Novanta. Erano quelli gli anni in cui la reazione a catena del Britpop innescata dai Suede e continuata con l’eterno duello fra Blur e Oasis stava lasciando spazio a una nuova onda (in due parole: Radiohead e The Verve). I Kula Shaker si sono imposti con trascinanti numeri raga-rock come Tattva e Govinda, preludio alla consacrazione di Hush, che rifecero trent’anni dopo i Deep Purple. 

Natural Magick incanala al meglio quell’esplosiva energia live di cui è capace la band, tredici tracce pulsanti di vitalità. Se il brano che porta il titolo dell’album è un vero e proprio distillato di quanto costituisce un “classico alla Kula Shaker”, i momenti di grazia non mancano. C’è la sensibilità per il presente e i conflitti sociali espressa nel brano apripista Gaslighting dove si canta che “la rivoluzione non sarà trasmessa sulle piattaforme social”, in Idontwannapaymytaxes o in Something Dangerous, un’ode alla libertà di mettere in discussione i dogmi e lo status quo. L’amore mai sopito per l’India è particolarmente evidente nella contagiosa Indian Record Player che rende omaggio a icone di Bollywoode in Chura Liya (You Stole My Heart) che strizza l’occhio al cinema indiano vintage, ma soprattutto in Happy Birthday, nel cantabile stile della buona vecchia Govinda. E per i più romantici c’è la ballata Give Me Tomorrow

Info e prevendite: 0544 249244 – www.ravennafestival.org

Questo post è stato letto 154 volte

Commenti Facebook