È più sana una pagnotta confezionata in un grande stabilimento o una pagnotta di farina di grano biologico impastata a mano dal contadino di fiducia?
Se vi ponete domande del genere, potreste essere interessati a Genuino Clandestino. Il movimento è nato a Bologna nel 2010, in origine come campagna di comunicazione che denuncia le norme sui cibi contadini, che vengono equiparati a quelli delle grandi industrie alimentari, rendendoli “fuorilegge”, come si legge nel manifesto delle comunità in lotta per l’autodeterminazione alimentare. Col tempo il movimento ha preso le forme di una rete, che raggruppa oltre una ventina di associazioni, cooperative e collettivi di agricoltori, sparsi in tutta Italia (a Bologna c’è l’esperienza di Campi Aperti). Molti hanno dato vita a mercati contadini, in cui gli associati vendono i propri prodotti in forma diretta. Chi lavora in campagna ha da tempo un problema che mette a rischio la sopravvivenza: grossisti, intermediari e mercati non pagano somme sufficientiì a coprire i costi di produzione. Questa è la causa principale per cui moltissime piccole aziende, spesso gestite da famiglie, sono costrette a chiudere. In più sono arrivate le leggi, nazionali ed europee, che in nome della difesa del consumatore, hanno imposto processi che solo imprese strutturate (inserite nelle filiere dell’agroindustria) possono sostenere. Come assicurare tuttavia i consumatori che il prodotto sia di qualità?
Genuino Clandestino ha scelto la via della Garanzia Partecipata, una sorta di mutuo controllo, che punta sull’incontro e la reciproca conoscenza fra consumatori e produttori. Lo spirito militante è alla base del movimento, che propone campagne come Terra Bene Comune, tesa a opporsi alla svendita di terreni pubblici a destinazione agricola. La rete si è sviluppata sotto traccia, ma ha già catturato l’attenzione dei media. Per esempio se ne sono occupati un documentario, firmato da Nicola Angrisano e un libro a cura di Michela Potito e Roberta Borghesi.
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