Vivo in Romagna da quando ero piccola, eppure solo da poco la sto scoprendo. E’ come se avessi tenuto il baule della nonna in soffitta per anni, senza mai aprirlo. I miei racconti sono nati così, vagabondando in qua e in là, molto spesso su consiglio di amici, solo per il piacere di scoprire, conoscere, sperimentare.
Ed è così che ho potuto raccontare questa storia.
Novembre è il mese del vin novello, ma anche dell’olio. Gli ulivi di queste colline romagnole, lasciano cadere i loro frutti, dopo una abbondante battitura, quasi sempre fatta a mano, per poi arrivare al frantoio. Le olive di queste zone non si trovano in nessun’altra parte d’Italia, l’ho scoperto chiacchierando con la persona che mi ha fatto da guida per alcuni giorni, proprio perché la morfologia di questa terra esiste solo qui. L’olio è leggero e profumato e sa di carciofo.
La natura ha creato attorno a Brisighella un anfiteatro naturale di gesso e roccia, perfettamente adatto a far crescere ulivi secolari che, dopo un periodo di abbandono, stanno ritornando a creare quel nettare dorato verdastro che è l’olio. Proprio la presenza del gesso facilita la produzione grazie alle sue componenti che arricchiscono il terreno e si trasferiscono negli ulivi e nei suoi frutti.
Visitare un uliveto è un’avventura: non immaginiamoci i dolci declivi toscani, bensì le ripide discese dove le piante bitorzolute si arrampicano nel vero senso della parola e salgono a perdita d’occhio. Se è improbabile concepire la cura delle piante, faticosissima proprio a causa delle asperità del terreno, figuriamoci la raccolta. Infatti prima della battitura è necessario ancorare le reti a dei sostegni di legno, per creare una barriera che impedisca ai frutti di disperdersi a valle. Niente macchine, niente automatismi, solo tanto lavoro e tante ore passate in uliveto.
E’ stata una sorpresa, avevo sempre immaginato la raccolta come un momento di passaggio, dalla natura alle macchine del frantoio. Invece ho avuto modo di scoprire un mondo in cui la manodopera dell’uomo è ancora fondamentale.
Il frantoio è a Terra del Sole, piccola cittadina fortificata, fondata da Cosimo I de Medici, a difesa dei suoi possedimenti nella Romagna toscana. Heliopoli, così chiamata, doveva essere la città perfetta, infatti la fortezza era stata costruita per essere impenetrabile.
Oggi purtroppo la strada che attraversa questa cittadina, un tempo strategica, è stretta e non permette di capire né la struttura della fortificazione, né tantomeno ciò che si nasconde nel territorio circostante. Una stradina laterale mi conduce su per le colline, sempre più in alto, dove si stendono i vigneti del Sangiovese e dell’Albana.
Il frantoio, almeno quello che ho visto io, è un insieme di macine, cilindri, tubi e rumori assordanti.
Il risultato finale lo vedete in foto, il colore è reale e non è giallo bensì verde. In giro, un odore forte, acre, sembra di stare in un campo di carciofi (è questa la caratteristiche dell’olio di Brisighella). Un capannello di gente si raccoglie intorno, in religiosa attesa di veder sgorgare il prodotto delle fatiche di un anno.
La curiosità e la voglia di assaggiare la prima spremitura aumenta e quando alla fine Gianluca, la mia guida, mi conduce al tavolo di degustazione, lo seguo consapevole del rito a cui sto per partecipare.
Negli anni abbiamo imparato a degustare il vino grazie ai corsi per sommelier, alle trasmissioni televisive, ai tanti appuntamenti che ci hanno dato un minimo di educazione, ma per l’olio è tutta un’altra storia.
L’olio si guarda nelle sue minime sfumature, si osserva il suo cambiamento riscaldando il bicchierino blu tra le mani, mentre raggiunge la giusta temperatura, si odora per far penetrare il profumo nel naso, cogliendone le prime caratteristiche di base, e infine si assaggia. Gustare l’olio è complicato, la tecnica del “risucchio” (una parolaccia che però racconta perfettamente il suono che l’olio fa in bocca) conduce l’olio dalle labbra e poi a destra e a sinistra, fin dentro la bocca, per evitare che la punta di acido finisca in gola e, invece, correttamente, salga verso il naso.
Chiedo: “ Ma scusa l’olio non si gusta su una fetta di pane?”, Gianluca mi guarda pietoso evitando di farmi sentire una completa ignorante e risponde cosi: “Il pane elimina tutte le caratteristiche dell’olio, in pratica lo ammazza”. Un’altra cosa imparata!.
E piano piano, il profumo arriva e anche il sapore. Si fa sera, è ora di tornare a casa, felice di aver ancora una volta sperimentato questa terra per raccontarla ancora meglio!
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