Luca Freschi è il vincitore di questa edizione di Vernice Art Fair, la fiera di arte moderna e contemporanea tenutasi a Forlì lo scorso weekend.
La sua scultura è umile e lirica al tempo stesso. L’artista adotta una poetica del quotidiano, rispettosa dell’unione uomo-natura e affascinante ri-utilizzazione del desueto, dei resti di ciò che è entrato in disuso, o non è mai stato considerato ‘fashionable’.
Freschi dà nuova dignità agli oggetti di cui le persone si sono sbarazzate, rovista tra l’indesiderato, setaccia l’indifferenziato, riabilita il rifiuto.
All’artista romagnolo, nostro eccezionale talento locale, piace camminare, ma più che contemplare ciò che incontra, si opera per trasformarlo in strumento espressivo. Freschi studia il paesaggio, urbano e non, ne preleva pezzi e li riunisce per creare composizioni che chiedono allo spettatore un’attiva partecipazione, sia emotiva sia intellettuale: per abitudine o per comodità sembra, infatti, diventata prassi la non-riflessione, per cui agiamo meccanicamente, quasi nemmeno senza seguire più le nostre vere pulsioni, cariche energetiche che per lo meno ci farebbero sentire vivi e non acratici robot di fronte a uno schermo. Ma questa è un’altra storia.
Freschi ha presentato una nuova opera in occasione di Vernice Art Fair: ‘Jesus blood never failed me yet’, questo il titolo, è una vetrina di object-trouvé, spazzolini, denti, dollari americani, uniti in una composizione dall’eccentrica casualità dada. Tra le varie parafernalia, lo spettatore intuisce una narrativa da decifrare e ascoltare; in una delle sue spedizioni in un mercatino delle pulci a Barcellona, Freschi ha trovato diverse fotografie di una coppia che non esiste più, così almeno nella volontà artistica. L’immaginazione di Freschi ha voluto che uomo e donna si siano separati. Lei però continuerebbe a cercarlo; ma invano, perché l’uomo, lasciatosi andare, per rifiuto o per solitudine si sarebbe poi ritrovato per strada, senza casa e affetti.
Nell’opera d’arte lei continua a bussare alla porta che crede sia ancora l’abitazione di lui: ogni volta che lo spettatore si avvicina alla composizione-vetrina, la donna parla, cerca il suo amante, esterna le sue emozioni. Alla presenza fotografica corrisponde l’assenza reale della coppia; di lei abbiamo solo la voce.
D’ispirazione all’opera di Freschi non è stata solo la storia d’amore raccontata dalle fotografie, ma anche la canzone del compositore inglese Gavin Bryars, nella versione cantata da Tom Waits, di cui l’artista romagnolo si è servito, innanzi tutto, per il titolo di questa sua nuova opera, consolidando la sua tendenza a far interagire arte visiva e musica.
‘Jesus blood never failed me jet’ è un pezzo di quasi dieci minuti, essenziale nel testo che si ripete di strofa in strofa quasi in loop, se non fosse per l’armonia suonata da un’orchestra che, in variazione, cresce in un climax di intensità ed emozione, fino a poi scivolare nel sussurro. ‘Jesus blood never failed me jet’ è in origine un motivo religioso che Bryars sentiva cantare per le vie di South London da un homeless, ed è qui che si colloca l’intervento di Freschi; come Kurt Schwitters per la sua ‘Ursonate’, come Pavel Buchler per il suo ‘Studio Schwitters’, l’artista romagnolo fa uso di una poesia in musica, che rende originale per una seconda volta, attraverso il suo intervento creativo e di spostamento di significato. In un certo senso, l’opera è la cover di Freschi al pezzo di Bryars, il suo contributo interpretativo alla storia dell’arte.
In occasione di Vernice Art Fair, Freschi ha esposto molte altre opere, tra cui ‘Narciso’, per cui l’artista romagnolo ha ideato un sistema idraulico nascosto nella cavità cranica della scultura. Il tutto per far piangere il Narciso che è un po’ in tutti noi, visto che per poter osservare la goccia d’acqua che fuoriesce dall’occhio della scultura, dobbiamo specchiarci nella bacinella riflettente, azionando una sorta di procedimento identificativo con il soggetto stesso dell’opera d’arte.
Conditio sine qua non dell’opera di Freschi è coinvolgere lo spettatore che diventa co-protagonista del circolo artistico, di produzione così come di fruizione: non solo l’opera d’arte è tale se esiste lo spettatore a decretare il suo statuto, ma è anche l’artista stesso a richiedere la partecipazione attiva dell’osservatore che deve muoversi, agire, riflettere e trovare il proprio posto nel luogo artistico. Dopo tutto, arte è riflessione sul come; come stare al mondo? Come occupare lo spazio che abbiamo a disposizione?
L’arte di Freschi è eclettica, riflessiva, sperimentale, ironica creazione di un giovane, intraprendente e pronto a mettersi in gioco.
Ci piacerebbe che ci fossero più occasioni in cui poter osservare, conoscere e interrogare l’arte contemporanea.
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