La settimana prima di Pasqua Donantoni (Don Antonio prete della Parrocchia di San Tomaso sulle colline Cesenati) un’aveva pesa (non aveva pace, aveva un gran daffare). Era come un contadino quand uiera la bubena (quando le pesche maturavano tutte in una volta e si faceva fatica a raccoglierle tutte). Molte coppie venivano a sposarsi a San Tomaso perché era ed è una bella pieve caratteristica. Quella volta, quando il matrimonio fu terminato , il padre dello sposo Gramegna (gramigna) venne in Sacrestia e disse : cant a io da de’ sgnour Arziprit (quanto le devo dare signor Arciprete). Allora Donantoni disse : qual cavli un gne’ un prezi (quello che volete, non c’è un prezzo). Allora il buon uomo allungava mille lire. Donantoni che in fatto di soldi u la saveva longa (la sapeva lunga) , diceva: no, no almeno cinquemila lire. Il buon Gramegna si sentì stringere la cravatta e raccimolò cinquemila lire. Al momento dei saluti il prete diceva: ui vo qualcosa anca pre cerg (ci vuole qualcosa anche per il chierico). Allora Gramegna mi dava 100 lire. Ma il supplizio non era finito perché ci voleva qualche cosa anche per l’organista. L’organista era molto modesto . Se pensate poi che all’organo mancavano due canne il risultato era quello che comunemente veniva detto la musica de supplizi (un supplizio di musica). Finalmente Gramegna uscì dalla Sacrestia e come vide sua moglie disse una bestemmia urlando : prema cum ciepa ancora che prit! (prima che mi veda ancora quel prete!). Ma torniamo alla Pasqua. Tre giorni prima us slighiva al campeni (era vietato suonare le campane) e Donantoni accompagnato dal chierico visitava i contadini e benediceva la casa. Quando ci si avvicinava alla casa , per farsi annunciare il chierico sbatteva la scarabatla (era un pezzo di legno con maniglie di ferro che mossa velocemente faceva un gran rumore). Dopo la benedizione, il contadino regalava al prete alcune uova che venivano messe in un grande cesto portato dal chierichetto. In quell’anno Gramegna regalò ben 24 uova (fatto rilevante). Quando il prete tornò in parrocchia, la perpetua controllò le uova. Quelle di Gramegna al scruleva toti (scrollavano tutte, erano vecchie). Il sabato a mezzanotte prima del giorno di Pasqua, si faceva l’acqua santa nuova. Durante una funzione lunghissima, il prete leggeva molti brani della bibbia e intanto versava in un catino dell’acqua poi dell’olio ed ogni tanto mescolava. Io (che ero il chierico), tenevo a portata di mano un altro catino con dell’acqua e delle fette di limone. Quando il prete aveva finito, si lavava le mani nell’acqua con il limone. Alla fine mi disse: vai a versare l’acqua nella fonte battesimale. Io sbagliai catino, buttai l’acqua santa nuova nel buco per terra e l’acqua sporca delle mani nelle fonte battesimale. Set fat, ci mat (cos’hai fatto, sei matto !) disse il prete. Ma ormai la frittata era fatta. Allora Donantoni (senza che i fedeli vedessero) disse : adess a giem un’ant pater e a la remigiam ( adesso diciamo un’altra preghiera e la rimediamo) e non dire niente a nessuno.
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