Ancora una volta a Bologna per chiedere verità e giustizia. Lo faccio da 34 anni e la mia richiesta, come quella di gran parte degli italiani, è volta a sapere, oltre che condannare, chi furono gli artefici di una stagione di atti di terrorismo e di stragi per tentare di mettere in ginocchio la nostra fragile democrazia. Nei giorni scorsi la Procura della Repubblica di Bologna, dopo anni di indagini svolte insieme alla Digos, ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta bis, quella aperta nel 2005 sulla strage del 2 agosto in cui si ipotizzava una matrice diversa da quella dei neofascisti già condannati per il terribile attentato che sventrò la stazione e uccise 85 persone. Si tratta della cosiddetta pista palestinese, secondo la quale l’eccidio fu una ritorsioni del Fronte popolare per la liberazione della Palestina contro l’Italia che aveva arrestato un loro dirigente sorpreso nel nostro paese a trasportare un missile. Sospetti, circostanze sorprendenti e mai spiegate, ufficiali dei servizi segreti che si sono contraddetti tra loro, terroristi che non parlano o, quando lo fanno, dicono cose poco credibili; insomma, un groviglio inestricabile che dopo 34 anni non consente ancora di sapere la verità su quella tremenda strage.
Così come non sappiamo ancora tutto sull’attentato al treno Italicus nel quale perse la vita il forlivese Silver Sirotti, anche lui ricordato, insieme alle altre 85 vittime, con la deposizione di una corona d’allora di fronte alla lapide che lo ricorda collocata all’interno della stazione di Bologna.
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