In Italia c’è sempre meno libertà di stampa. L’annuale rapporto di “Reporters sans frontieres” che monitora lo stato di salute dell’informazione nel mondo ha sancito per l’Italia una perdita di ben 24 posti nella classifica mondiale della libertà di stampa. Il nostro paese è precipitato così dal 49° al 73° su 180 nazioni monitorate. Ai primi posti ci sono i paesi nordici, Finlandia in testa. In fondo alla classifica ovviamente la Cina e la Corea del Nord. L’Italia sta dietro tutti i paesi europei occidentali, nel girone’ di Sud America e Balcani. Il pessimo risultato è stato preso al balzo sui social network (è un vecchio cavallo di battaglia grillino) per trarne giudizi negativi e anzi liquidatori sulla qualità del giornalismo italiano. Ne consegue, secondo questo ragionamento, che è un bene che i mass media italiani – e in particolare i giornali – si estinguano.
In realtà il giudizio è del tutto strumentale e addirittura opposto agli obiettivi delle valutazioni espresse dalla classifica di Rsf che invece valuta espressamente le condizioni nei quali i giornalisti si trovano ad operare. A far precipitare l’Italia nella graduatoria sono così le note condizioni di base (a partire dal duopolio Rai-Mediaset e all’alta concentrazione di testate) ma anche il repentino peggioramento del quadro generale: l’aumento dei giornalisti che vivono sotto scorta, l’incremento delle querele pretestuose avanzate in particolare da personaggi politici con evidenti intenti intimidatori. Non si tratta dunque di una pagella sul lavoro dei giornalisti, ma di un allarme sul peggioramento della libertà di informazione. Un tema che dovrebbe interessare tutti i cittadini e indurre i legislatori a costruire migliori condizioni per l’esercizio della libertà di stampa che è uno dei pilastri del sistema democratico.
Articolo apparso nel n.2/2015 del mensile La Romagna Cooperativa
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