Il 27 giugno 1874 nasceva a Forlì Genuzio Bentini
di Marco Viroli e Gabriele Zelli
Genuzio Bentini nacque a Forlì il 27 giugno 1874 da Bernardo, repubblicano di ideali e canapino di mestiere, e Geltrude Gamberini. Il giovane Bentini fu anarchico e oppositore di Andrea Costa. Conosciuto come “il Romagnolo” (pseudonimo con cui si firmava), fu segnalato dalla polizia come oratore e propagandista, seguace degli anarchici Ludovico Nabruzzi e di Pietro Gori. A Ravenna dal 1890, collaborò al settimanale anarcosocialista «Rivendicazione» (1891-92) e fu più volte preso di mira dall’autorità giudiziaria.
Nel 1892 si trasferì a Bologna dove si laureò in Giurisprudenza. Nel 1893 collaborò a «La Propaganda», giornale anarchico di Imola. Denunciato per le manifestazioni del 1° maggio 1892 a Ravenna, scontò quattro mesi di carcere nel 1896, anno in cui si laureò con una tesi contestativa del reato di sciopero.
Dopo la scelta anarchica giovanile, Bentini passò al socialismo. Fu membro del comitato federale socialista e acquisì una posizione di rilievo tra i dirigenti del partito tanto da venire eletto nel novembre 1904, a soli trent’anni, deputato nella circoscrizione di Castelmaggiore. Militante nella corrente “integralista”, nel 1906 fu relatore sul suffragio universale e venne eletto nella direzione, nella quale restò fino al 1908. Rieletto alla Camera, sempre a Castelmaggiore, nelle elezioni del marzo 1909, fu riconfermato in quelle dell’ottobre 1913.
Nonostante l’intesa attività politica e professionale, Bentini manteneva rapporti con la Romagna e con Forlì in particolare, dove difese Mussolini al processo del 1911, seguito all’arresto di quest’ultimo, di Pietro Nenni e Aldo Lolli a causa della manifestazione di protesta contro la guerra libica. Qualche mese dopo partecipò al banchetto organizzato a Forlì per festeggiare l’uscita dal carcere di Mussolini e tenne, come riportò il settimanale socialista «La lotta di classe» del 16 marzo 1912, “uno dei suoi meravigliosi discorsi”.
Pacifista, durante la guerra si impegnò in numerose conferenze. Passato alle posizioni dei Partito socialista unitario, nel 1924 si trasferì a Milano. Da questo periodo in poi Bentini, ripetutamente minacciato dai fascisti, si astenne dalla politica attiva e si dedicò all’attività forense. Solo nel giugno 1925, a Lugano, commemorò Giacomo Matteotti a un anno dal vile assassinio.
Fu avvocato penalista, celebre per le sue trascinanti requisitorie, tanto che un detrattore lo definì “speleologo delle passioni aberranti”. I processi cui partecipava avevano sempre una grande affluenza di pubblico e in molti prendevano appunti per raccontare e citare, fuori dall’aula, passi tratti dalle sue arringhe. La sua suggestiva retorica, mossa da un inconfondibile afflato romagnolo, lo portò ai fasti di una solidissima fama. Certamente Bentini doveva l’eccezionale forza oratoria alla precoce e fulminea carriera politica. Ma quando a causa del fascismo venne privato della piazza e del Parlamento, egli fu costretto a riversare il suo talento nelle aule dei tribunali. Le sue arringhe, edite su riviste quali «L’Eloquenza» e «La Toga» e raccolte in volumi, costituiscono testimonianza di un umanitarismo a sfondo sociale e populistico incline a suscitare nei giurati e nel pubblico una partecipazione emotiva non priva di moralismo.
Nel 1934 venne radiato dall’elenco dei sovversivi anche se venne mantenuto “nell’elenco degli oppositori siccome elemento socialista che deve essere sottoposto a quelle misure di vigilanza che permettano di rendersi conto dei futuri atteggiamenti politici” (circolare del Ministero dell’Interno febbraio 1934).
Dopo l’esplosione della Seconda Guerra mondiale, Bentini si rese conto che le sorti del conflitto potevano determinare la fine della dittatura. Fu così che riprese i contatti con gli antifascisti forlivesi partecipando a incontri notturni e clandestini con i maggiori esponenti del movimento di liberazione, provenienti da diverse regioni, che si svolsero presso l’albergo Masini di Forlì.
Bentini morì a Lodi il 15 giugno 1943 e la sua salma venne successivamente traslata alla Certosa di Bologna ove tuttora si trova il suo monumento funebre.
CON IL NASO ALL’INSÙ di Marco Viroli e Gabriele Zelli
A Forlì, al numero 166 di corso Garibaldi, una lapide ricorda quella che fu la sua casa natale:
QUI NACQUE / IL 27 GIUGNO 1874 / GENUZIO BENTINI / CON L’ELOQUENZA DOMINATRICE / CON L’ESEMPIO / NELLE PIAZZE NEL FORO NEL PARLAMENTO / RISCHIARÒ / LE ORE TENEBROSE / DELL’UMANITÀ / IL COMITATO NAZIONALE / ED IL COMUNE DI FORLÍ POSERO».
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