«Per competere in tutto il mondo occorre garantire certezza dei flussi finanziari e dei capitali: dotarsi di una Spa non è un’opzione, ma una necessità sperimentata da altri settori»
da La Romagna Cooperativa, marzo 2016 –
CMC in Romagna è un’istituzione, ancor prima che un’azienda di successo mondiale. Da più di 115 anni la cooperativa ravennate rappresenta un esempio per capacità di stare sui mercati e coniugare i valori mutualistici. Come multinazionale non può più essere considerata “tascabile”, visto che sviluppa più di un miliardo di fatturato in 25 paesi e ha 8mila lavoratori, il 95% dei quali all’estero. Tra i vari record è stata la prima cooperativa a finanziarsi sui mercati internazionali con il lancio di un bond da 300 milioni. Quando la stampa ha lanciato la notizia che si stavano valutando nuove forme di crescita, il presidente Massimo Matteucci ha subito inteso chiarire le cose: «Siamo qui per rimanerci, come siamo sempre stati».
La CMC si trasforma in società per azioni?
No. È improprio parlare di trasformazione di CMC in società per azioni e non solo per le questioni che ci pone la normativa. Il punto è un altro: dobbiamo trovare il punto più alto di sintesi tra la natura cooperativa dell’impresa e quella di player mondiale nel settore delle grandi opere. Come ci hanno chiesto i nostri soci anche nell’ultima assemblea.
Cosa significa?
Significa che per competere in tutto il mondo occorre garantire certezza dei flussi finanziari e dei capitali. Siamo impegnati da tempo a ricercare le forme e i modi migliori per raggiungere questo obiettivo.
Il nostro piano industriale si sviluppa in 4 continenti. La maggior parte del fatturato della cooperativa è realizzato all’estero tramite lavori ad alta tecnologia costruttiva. L’impegno dei soci è quello di attrezzarsi per affrontare mercati nuovi e acquisire lavori in nuovi Paesi.
A cosa pensate allora?
Pensiamo alla discussione già affrontata da altre grandi imprese cooperative in tutti i settori, dalla finanza all’agroalimentare. Pensiamo a realtà come la Sacmi di Imola, Unipol, Manutencoop, IGD, Granarolo. Ci sono esperienze importanti e diversificate che hanno mantenuto la natura cooperativa dell’impresa sviluppando forme societarie controllate, in particolare società per azioni.
Quale sarà il legame di CMC con Ravenna, la Romagna e il movimento cooperativo nel futuro?
Dentro a CMC ci sentiamo cittadini del mondo, ci misuriamo con le dinamiche internazionali: siamo favorevoli agli incontri di culture, alla conoscenza e al confronto, che sono l’unico modo per evitare invece lo scontro di culture. Qui a Ravenna e in Romagna, però, ci sono le nostre radici: la nostra identità non è in discussione. Anzi, ponendo le basi per uno sviluppo economico internazionale, abbiamo la possibilità di renderla ancora più forte.
Lei è anche vicepresidente di Legacoop Romagna: come valuta l’operazione dell’ACI, che tra un anno porterà le centrali cooperative sotto a un solo tetto?
È una prospettiva a cui la Romagna sta dando un contributo consistente. Pensiamo di poter essere un punto di riferimento in questa fase costituente, anche perché in questo territorio si trovano eccellenze cooperative indiscusse per rilevanza, dimensioni e capacità imprenditoriale. Noi ci crediamo, è un traguardo che servirà prima di tutto alle imprese.
CMC ha una grande attenzione verso le nuove leve. Per un giovane socio, però, non è sempre facile: che consiglio si sentirebbe di dare a chi inizia, magari in una piccola cooperativa?
La prima cosa che occorre capire è che ormai per competere, a qualsiasi livello, bisogna puntare sulla formazione e sullo studio. In CMC abbiamo più di cento ingegneri e una scuola di management interna, la CMC University, che è finalizzata alla crescita e allo sviluppo manageriale delle figure professionali chiamate a sostenere la crescita della cooperativa in Italia e nel mondo. Non tutti possono contare su una risorsa così, ma la voglia di studiare è il pennello con cui dipingi il futuro. L’altra cosa ormai fondamentale è l’attitudine alla mobilità: noi siamo abituati a vedere i lati negativi della globalizzazione, ma nel mondo ci sono e si incrociano molte opportunità.
E se un’impresa piccola o media decidesse di andare all’estero? Non tutti hanno le vostre spalle robuste…
Andare da soli ad affrontare i mercati internazionali è difficile, se non impossibile. Meglio farlo in compagnia di chi conosce il mercato. Credo occorra puntare ad essere i migliori nel proprio campo, perché la concorrenza dei Paesi emergenti è fortissima. Anche noi abbiamo fatto così: la nostra conoscenza per quanto rigaurda dighe e gallerie ci caratterizza come un player mondiale riconosciuto. Ma su lavori più semplici e meno tecnologicamente avanzati c’è sempre un’azienda pakistana o cinese che punta al ribasso.
Una curiosità: CMC lavora in tutto il mondo, tranne che in Australia. Perché? Non vi interessa?
Ci interessa eccome, però sappiamo che sono mercati complicati. Tanto che abbiamo aperto da poco un ufficio ad Hong Kong per favorire l’espansione proprio in quella parte del mondo.
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